In Italia non si potrà mai fare un'opposizione: ci conosciamo tutti

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 29 novembre 2018

Al direttore - Ma neanche il padre l’aveva preso a tempo indeterminato?

Giuseppe De Filippi


     

Al direttore - Forse sarebbe utile redigere un vademecum delle sciocchezze che emergono da proposte di membri della maggioranza in materia economico-finanziaria, come quella, trattata sul Foglio del 28 novembre a proposito dell’abc dell’economia e il vicepremier Di Maio. Dopo l’esibizione televisiva dell’on. Castelli, la quale voleva dare con sicumera lezioni di economia a Padoan clamorosamente negando l’effetto degli spread sul costo della raccolta bancaria e sul valore dei titoli pubblici detenuti, dunque, di conseguenza sul costo dei mutui e sugli oneri delle altre erogazioni di crediti, l’on. Borghi presenta una proposta di legge che intende trasferire la proprietà delle riserve auree della Banca d’Italia allo stato trasformando quest’ultima in una semplice depositaria. L’argomento è vecchio e non vale la pena di scendere nel merito, essendo una tale operazione confliggente, innanzitutto, con il Trattato Ue e traducendosi in una espropriazione senza indennizzo. Le riserve sono di proprietà dell’istituto e sono poste a tutela della stabilità della moneta, insieme con le riserve detenute dalla Bce. Che esse siano rispondenti a un interesse dello stato (e dell’Eurozona, almeno) è chiaro, ma ciò non legittima il trasferimento di proprietà che, nei casi di proposte abbastanza simili, è stato mosso sempre dall’intento di utilizzare le riserve stesse per risolvere, di volta in volta, i problemi del debito, della crescita, della garanzia di finanziamenti europei e dell’emissione di Eurobond. Progetti, tutti, valutati poi come impraticabili, innanzitutto per netti impedimenti giuridico-istituzionali. Allora siamo alle solite? Anche in questo caso si esercita in modo immaginifico e maldestro il sovranismo? Ma non si capisce che così si rischia di fornire, anche se ciò non fosse vero, l’immagine di essere con l’acqua alla gola per i problemi della manovra finanziaria? L’aspetto triste è che questo insieme di indicazioni strampalate non sia percepito come tale da una fetta consistente dell’opinione pubblica, che, invece, paradossalmente ne è attratta, come è accaduto in periodi non certo luminosi della nostra storia. Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia

L’Italia è quel paese in cui è possibile vedere osservatori di rilievo denunciare le nefandezze dei populisti salvo poi vedere gli stessi osservatori pronti a chiedere ai populisti cattivi e pericolosi la cortesia di presentare il proprio libro. Per parafrasare Flaiano, in Italia non si potrà mai fare un’opposizione: ci conosciamo tutti.


     

Al direttore - Il Truce e il Trucidello si sono ridotti a imbrogliare gli italiani facendo il gioco delle tre carte fuori dalle stazioni. Hanno promesso che le platee interessate a quota 100 e al reddito e alle pensioni di cittadinanza continueranno a essere le stesse di prima del taglio di un decimale o due del deficit promesso a Bruxelles. Loro si limiteranno – hanno detto – ad alleggerire le risorse troppo generose che vi avevano dedicato, spostandone una parte sugli investimenti. Il fatto è che tutti gli osservatori sono concordi nel ritenere inadeguati – rispetto agli obiettivi conclamati – gli stanziamenti previsti nel ddl di Bilancio (dove peraltro sono costituiti solo due fondi senza uno straccio di normativa riguardante i due istituti, rinviata a successivi provvedimenti). Delle misure correttive importanti sarebbero state comunque necessarie; Alberto Brambilla le aveva puntualmente indicate con la consueta onestà intellettuale. In sostanza, dopo aver venduto agli italiani la Fontana di Trevi oggi stanno cercando di proporne l’acquisto anche alla Ue.

Giuliano Cazzola


 

Al direttore - Caro Cerasa, dopo 4 mesi di decreto dignità, emerge che questo ha avuto due effetti: riduzione dei posti di lavoro, come certificato dai dati Inps e aumento del sommerso (visto che i posti di lavoro persi, non si sono trasformati in stabilizzazioni). In prospettiva abbiamo lo spauracchio della bassa crescita che rischia di farci piombare indietro di anni. Serve immediatamente una nuova fase per il lavoro. Per questo credo sia importante: 1) migliorare l’orientamento e l’efficacia dell’offerta formativa scolastica, con un coordinamento ex ante tra scuola e lavoro. 2) Serve flessibilità in entrata per facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, con l’apprendistato e la somministrazione di lavoro come strumenti di ingresso principale nel mercato del lavoro. 3) Supportare il reinserimento di chi ha perso il lavoro, con robuste politiche attive e certificazione delle competenze, per garantire un capitale umano più elevato. 4) Serve un patto di produttività con una spinta forte su investimenti in industria 4.0, associati a una formazione adeguata e a una remunerazione legata al risultato, associando a questo la detassazione dei premi di produttività per salari sotto i 50.000 euro. 5) Spingere sul decentramento della contrattazione collettiva, per incentivare la partecipazione organizzativa. 6) Serve una riforma del sistema fiscale, per accrescere la quota di salario e spingere così la domanda interna. 7) Servono incisive politiche di welfare a livello bilaterale. Sono solo poche idee da sviluppare, ma serve prendere atto che così non possiamo andare avanti.

Andrea Zirilli

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