Il sovranismo in Costituzione è una fake news pericolosa ma molto importante

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 28 settembre 2018

Al direttore - Concordo con le forti perplessità espresse da Dili e Leonardi sulla flat tax nel Foglio di mercoledì. E’ evidente che in materia fiscale il governo brancoli nel buio più totale, alternando proposte incostituzionali ad altre irrealizzabili. Ora si aggiungono anche ipotesi di misure che avrebbero effetti depressivi sullo sviluppo, soprattutto in un settore, quello degli studi professionali, già in crisi nera da alcuni anni. Il tutto utilizzando provvedimenti che cambiano continuamente nome, faccia, contenuti e che, per come sono al momento formulati, peggiorerebbero solo la situazione. Insomma, molte idee, ma confuse.

Francesco Giuliani, Studio Fantozzi e Associati


  

Al direttore - Grazie a Umberto Ranieri per il garbo e la serietà della replica. Ne condivido larga parte e per primo il giudizio su natura e sbocchi della democrazia grillina. Ma la modesta tesi dell’articolo era volta appunto a distinguere tra un primato grossolano della volontà generale e l’evoluzione del movimento dentro il sistema politico che c’è. Non sottovaluto affatto la pericolosità di quell’impianto. Mi chiedo solo se non convenga distinguere tra i rischi di una destra autoritaria vogliosa di una rivincita storica su scala continentale e una forza sostanzialmente irrisolta nel proprio destino. Nessun perdonismo alle stravaganze o castronerie del nuovo potere giallo-verde. Allo stesso tempo non saprei dire se Di Maio e i suoi, a differenza della rodata macchina leghista, reggeranno l’urto delle decisioni. Vorrei però capire da Umberto se ritiene opportuno evitare la piombatura dei due populismi ancorando almeno parte della “rivoluzione” grillina agli istituti della sola democrazia esistente. Quanto a porre al centro del congresso piddino i nodi del futuro italiano ed europeo Umberto ha ragione. Ne ho scritto in un libretto uscito dopo la batosta e spero che la discussione si riaffacci al più presto. Diciamo appena esaurita la stagione delle cene e dei digiuni.

Gianni Cuperlo


   

Al direttore - Si può agevolmente ricavare dal suo editoriale di ieri che l’agire dell’esecutivo è caratterizzato dall’opposto di quei requisiti fondamentali – pazienza, prudenza e perseveranza – che Mario Draghi ritiene necessari per il governo, in questa fase, della politica monetaria. Mentre Tria propone un gradualismo nella realizzazione dei quattro interventi che sono la sommatoria delle richieste delle due forze politiche al governo, la risposta è quasi del tipo “tutto e subito”, non volendo sforzarsi di antivedere quel che succederà se non si darà un segnale, anche se flebile ma nella giusta direzione, per la riduzione del debito. Una reazione scontata non solo e non tanto da parte della Commissione europea, ma ad opera degli investitori e dei mercati. Sarebbe quantomeno necessario riesumare il latino “festina lente”, ricordato da Svetonio e a esso ispirare quella che viene presentata come un’azione riformatrice. Comunque, per il punto in cui siamo arrivati a proposito del “primum movens” che è il progettato rapporto deficit/pil, si esige, questa volta, una vera mediazione: il ministro dell’Economia, sostenitore di una linea corretta e condivisibile, non può essere sconfessato dalla fissazione di un rapporto del 2,4 per cento; è prevedibile che i due partiti della maggioranza, dopo le diverse e spesso scomposte e gravi dichiarazioni, non vogliano apparire cedevoli. Allora il 2 per cento, pur con il rischio che la cosa appaia una mera senseria, rappresenta l’insuperabile livello di guardia al quale, alla fine, attestarsi. A partire da esso, per i livelli superiori, non si avrebbe, infatti, alcun impatto nella riduzione del debito, con tutte le facilmente esaminabili conseguenze. Senza una tale pragmatica convergenza, la crisi sarebbe certamente alle porte e le conseguenze sarebbero incalcolabili.

Angelo De Mattia


  

Al direttore - Dice il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che “il sovranismo è in Costituzione, perché la sovranità appartiene al popolo”. Il presidente del Consiglio ha letto una Costituzione che distribuiscono solo su Rousseau?

Marco Martini

   

Articolo uno: la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. In Costituzione non abbiamo il sovranismo ma abbiamo un gioiello che si chiama democrazia rappresentativa. Dimenticare che il popolo può esercitare la sua sovranità nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione significa fare un passo in avanti verso la politica dell’irresponsabilità dove chi ha la delega per rappresentare un paese usa il popolo a suo piacimento per non rispettare le regole e per giustificare la propria incapacità a prendere decisioni.

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