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Lettere rubate

Le domande dei bambini che meritano una risposta onesta

Annalena Benini

Il libro di Vanessa Roghi incrocia le idee con le pratiche didattiche: un viaggio di ricognizione attorno alla grammatica di Gianni Rodari

Io spero che il libretto possa essere ugualmente utile a chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione; a chi ha fiducia nella creatività infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola.
Gianni Rodari, da “Un libro d’oro e d’argento”, di Vanessa Roghi (Sellerio)

 

“Tutti gli usi della parola a tutti”, continua Rodari. “Non  perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo”. Rodari è morto nel 1980, a soli cinquantanove anni, famosissimo, premiato e tradotto in tutto il mondo ma, come scrive Vanessa Roghi, consapevole che il suo scrivere “per l’infanzia” lo poneva in una condizione di minorità, o quantomeno di stranezza, nel mondo culturale italiano. Andava dai bambini, a imparare da loro, e molto più dello snobismo degli intellettuali temeva quella cosa che tutti dovrebbero temere: diventare un vecchio trombone che dice “ai miei tempi”. Vanessa Roghi ne è convinta e mi ha convinto, con questo libro che incrocia le idee con le pratiche didattiche e fa un viaggio di ricognizione attorno alla Grammatica della fantasia di Gianni Rodari, pubblicato da Einaudi e costruito con le conversazioni che Rodari tenne nel 1972 a Reggio Emilia con maestre e maestri d’infanzia e delle scuole elementari, ma anche con i genitori e con il personale della sculola.

Fu un momento epico e non posso non riportare qui uno stralcio della lettera di accompagnamento con cui Rodari mandò il libro in casa editrice, in cui sostiene di non voler più riscrivere niente: “Caro Ponchiroli (...) E in fin dei conti chi sono io per farmi tentare dalla superbia di fare un libro inappuntabile, ben scritto, rifiniture extra, con tante belle note, autorevole, accademico, filodrammatico-danzante? Che il libro serva e piaccia a qualcuno: il resto è silenzio di merda. Lasciamo che il libretto faccia la sua strada. Va, va, figliuolo, non sarai tu a fare la rivoluzione”. E invece è diventato un libro, come ha scritto Calvino, di pedagogia e di poetica da tenere sempre presente. Dove si celebra l’immaginazione  e si cerca di mettersi all’altezza dei bambini, quindi un po’ più in alto. Ma i bambini vengono considerati nel loro spazio autonomo, non come il prodromo di un adulto, non come un piccolo terrificante adulto da istruire . Tutti gli usi della parola a tutti, e tutte le risposte a tutte le domande. Grazie alle storie. “C’è sempre il bambino che domanda, per l’appunto: “Come si fa a inventare le storie?”, e merita una risposta onesta”. 

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.