Evitare il bipolarismo Di Maio-Salvini. Il Quirinale ci salverà

Al direttore - La linea sembra ormai tracciata: il Pd starà all’opposizione (dissenzienti a parte) ma “non farà l’Aventino”. Cosa significano quelle virgolette? Esclusa ovviamente l’intenzione di radunare i suoi iscritti sul colle dell’Urbe, come faceva la plebe romana per protestare contro i privilegi dei patrizi, nell’uso pigro di questa espressione si riflette l’immeritata sfortuna che perseguita uno dei più discussi e drammatici passaggi della vita nazionale nel secolo scorso. Palmiro Togliatti, con un paradossale rovesciamento del giudizio che ne darà la storiografia di matrice gramsciana, il 28 agosto 1924 scriveva: “[Giovanni] Amendola è il capo riconosciuto di quello tra i gruppi dell’opposizione antifascista borghese che compie, tra gli altri, una funzione di guida e direzione politica. E’ stato il giornale di Amendola, il Mondo, che ha svolto la manovra di staccare dal fascismo i fiancheggiatori liberali, mentre altri giornali si dedicavano di preferenza allo sviluppo della campagna scandalistica attorno al processo Matteotti”. Il 3 gennaio 1925, il colpo di stato di Mussolini sancisce il fallimento della secessione parlamentare passata agli annali col nome di Aventino. Da Piero Gobetti a Luigi Salvatorelli, comincia una gara per addebitare ad Amendola l’errore di aver condotto una battaglia moralmente rigorosa, ma priva di qualunque efficacia politica. Una liquidazione sommaria dell’esperienza aventiniana che è stata contestata con solidi argomenti da altri studiosi. Infatti, se guardiamo alle forze che che ne costituivano il nerbo, “siamo in presenza non solo di una sorta di centro-sinistra ante litteram, [...] ma anche e soprattutto di una piattaforma comune con cui socialisti, cattolici e liberali riconoscono insieme il valore prioritario della democrazia e dello stato di diritto [...]. Tutto questo può oggi sembrarci scontato: non lo era evidentemente nel momento in cui, mentre il fascismo si apprestava a diventare dittatura, Croce si preoccupava che cadesse troppo in fretta e Gramsci lo accomunava nella condanna al liberalismo e alla socialdemocrazia” (Giovanni Sabbatucci, “Il delitto Matteotti”, in “Novecento italiano”, Laterza, 2008). Il riconoscimento del valore della democrazia rappresentativa, appunto: con tutto il rispetto per il reddito d’inclusione et similia, è l’obiettivo che anche oggi dovrebbe essere l’anima della ricostruzione di una sinistra di governo.

Michele Magno


    

Al direttore - Tra Lega e M5s siamo agli “Incontri ravvicinati del terzo tipo”. Siamo oltre l’avvistamento, siamo oltre l’evidenza fisica, siamo al contatto. Il punto è distinguere gli umani dagli alieni.

Gabriele Toccafondi

 

Il punto è evitare che la scelta del futuro debba essere su chi è meno peggio tra Salvini e Di Maio. Forse Sergio Mattarella ci aiuterà a evitare che questo dramma si concretizzi. Viva il Quirinale.


   

Al direttore - Da diverse parti si aspira e si progetta l’istituzione di una banca pubblica per il sostegno degli investimenti, immaginando che essa abbia doti taumaturgiche al riguardo, anziché riflettere semmai sulla riesumazione degli istituti di credito speciale, vocati proprio alla promozione e al sostegno degli investimenti e, in via generale, maldestramente soppressi con l’istituzione della banca universale. In effetti, al di là della Cassa depositi e prestiti, formalmente una “non banca” che costituisce un caso a sé per molte ragioni, un istituto di credito pubblico, con la partecipazione del Tesoro poco al di sotto del 70 per cento, esiste già ed è il Monte dei Paschi, benché in questa condizione sia venuto a trovarsi per i gravissimi problemi con cui ha dovuto confrontarsi, e il controllo pubblico, conseguito a seguito della ricapitalizzazione precauzionale, dovrebbe essere non definitivo, in vista dell’apertura al mercato di pari passo con il completamento del rilancio. Potrebbe, comunque, il Monte essere un test di quel che la mano pubblica è in grado di fare ovviamente nel rispetto delle regole e dei controlli a cui sono sottoposte le banche, nonché della “par condicio” concorrenziale. L’amministratore delegato proprio in questi giorni ha sollecitato l’appoggio forte e incondizionato all’operare del Monte da parte del governo, evidentemente pensando al nuovo che si costituirà (se si riuscirà a formarlo). Occorrerebbe una forte convergenza di tutti i soggetti istituzionali, economici e sociali per sostenere la ripresa del Monte. Purtroppo, a smentita del possibile nuovo adagio “homo homini banker” che avete citato nel bel commento su “Bunker & Banker” del 12 aprile – e che andrebbe estesa alla moneta perché sarebbe tale, secondo il pensiero degli antichi cristiani, perché “monet homines ne fraus inter se committatur” – il massimo dell’impegno è ora concentrato sulla promozione di un’azione di responsabilità nei confronti dei passati vertici dell’Istituto, per due volte, sin qui, bocciata, mentre non si valutano le conseguenze di una eventuale ulteriore bocciatura in sede giudiziaria, se l’azione dovesse essere riproposta ed eventualmente accolta. Su idee e suggerimenti con riguardo al “che fare” per le strategie e il futuro in generale del Monte, completo silenzio. E la banca pubblica?

Angelo De Mattia

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