Altero Matteoli (foto LaPresse)

La strada dove è morto Matteoli dice molto su cos'è che blocca l'Italia

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa giovedì 21 dicembre

Al direttore - De Pressioni.

Giuseppe De Filippi


 

Al direttore - E’ troppo facile commuoversi di fronte alla perdita di un uomo come Altero Matteoli senza avere il coraggio di effettuare una attenta analisi delle responsabilità che hanno causato un simile dramma. Non possiamo, infatti, dimenticare che da più di trenta anni ha avuto inizio questo assurdo gioco dell’oca per la progettazione e la realizzazione di un asse viario chiave per la fluidità delle relazioni nord-sud-nord del paese. Altero Matteoli ha cercato da sempre di trasformare questa intuizione progettuale strategica in un’opera compiuta. Lo ha fatto perché cittadino toscano, lo ha fatto perché convinto della essenzialità dell’opera, lo ha fatto perché da sempre convinto, da ministro dell’Ambiente e da ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, che era assurdo disporre di due soli assi di collegamento tra il centro sud del paese e il nord; due assi di cui uno, quello dell’Autostrada A1 progettato per un numero di veicoli equivalenti non superiore alle 7.000 unità/giorno che aveva raggiunto negli ultimi anni oltre 80.000 veicoli/giorno. Ma questo obiettivo con l’uso di una tecnica folle e sistematicamente ben costruita, è stato in tutti i modi osteggiato. E allora per evitare che in questi giorni si parli di questo evento tragico senza elencare gli attori che direttamente o indirettamente hanno consentito una simile tragedia, ritengo opportuno elencare alcuni passaggi e le relative manchevolezze. Cominciamo con chi ha voluto denunciare in questi trenta anni il forte danno all’ambiente generato dall’opera e i sistematici ritardi per effettuare una serie di Verifiche di impatto ambientale, per poi scoprire che nella maggior parte dei casi non era una battaglia portata avanti da veri movimenti ambientalisti. Dietro il mondo dei cosiddetti ambientalisti in realtà c’erano i proprietari delle varie residenze che vedevano nell’autostrada un pericoloso danno alle personali proprietà immobiliari. Un gruppo forte soprattutto sul fronte mediatico e in alcuni casi anche politico e istituzionale. Un gruppo che in più occasioni ha avuto modo di verificare le azioni adottate per limitare al massimo l’impatto ambientale. Poi i cittadini dei comuni ubicati lungo l’asse e la regione Toscana hanno chiesto che si garantisse almeno per gli abitanti del luogo l’esonero del pedaggio soprattutto per l’accesso ai posti di lavoro; per venire incontro a tale esigenza si è dovuto fare un apposito provvedimento legislativo. Poi nell’ultimo triennio un’articolata serie di azioni ha praticamente posto la parola fine alla realizzazione dell’autostrada; nel 2016 infatti il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti invocando lo strumento del “project review”, cioè invocando una procedura mirata a “non fare”, ha ottenuto così il massimo consenso non solo di chi vedeva un danno al proprio patrimonio ma anche di chi, addirittura, temeva una distribuzione della domanda di trasporto non più concentrata sugli assi autostradali esistenti. Il numero di incidenti sull’Aurelia non autostradale aumenta, ma nessuno chiede i motivi che in questo ultimo triennio non hanno portato a nessuna, proprio nessuna decisione; infatti per effettuare un “project review” sarebbero stati sufficienti sessanta giorni, per autorizzare l’avvio dei lavori sarebbero stati necessari pochi mesi perché esiste già un Concessionario, per riapprovare la soluzione progettuale condivisa a valle del “project review” al massimo sarebbero stati necessari ulteriori sei mesi. Non possiamo dimenticare infatti quante verifiche e quanti pareri (ministero dell’Ambiente, ministero dei Beni culturali, regione, ecc.) erano stati già acquisiti. La sommatoria delle varie fasi, quindi, non avrebbe superato i 12 mesi. Chiediamo allora a chi ha gestito in modo assurdo questi passaggi perché non si è fatto nulla; perché, in modo passivo, le Istituzioni hanno ancora una volta fatto vincere gli interessi di parte e non quelli del paese. Altero Matteoli è, purtroppo, solo uno dei tanti morti che, annualmente, soccombono sull’Aurelia non autostradale e anche questa volta non è difficile individuare le responsabilità. Grazie ad Altero Matteoli però si è riusciti almeno a realizzare due segmenti fondamentali dell’asse: Rosignano-San Pietro in Palazzi e Civitavecchia-Tarquinia; due segmenti della lunghezza globale di circa venti chilometri con elevata frequenza e incidentalità. A coloro che hanno osteggiato un’opera così essenziale oggi rimane solo un pesante rimorso.

Ercole Incalza

  

Grazie. Non sappiamo naturalmente se la morte di Altero Matteoli è maturata nel contesto incredibile da lei descritto ma sappiamo che senza una politica responsabile, capace di trasformare l’alta velocità, gli investimenti sulle grandi opere e le nuove infrastrutture in una priorità assoluta per sfidare gli sciatti conservatorismi e per far crescere il nostro paese, ci saranno sempre più occasioni per far diventare l’Italia il paese che sogna Erri De Luca. E purtroppo, spesso, a favore della decrescita felice non ci sono solo i partiti anti sistema ma anche i partiti che dovrebbero rigenerare il sistema.


Al direttore - Da quando ha espropriato Ilva ai Riva lo stato, cioè noi, ci abbiamo messo 16 miliardi. Ne servono altri due. E Calenda dice non possiamo rimetterceli ancora noi. Ecco avesse questa responsabilità Michele Emiliano, cioè che i soldi che mette il pubblico sono soldi nostri, forse la smetterebbe di fare il gradasso alle spalle degli altri coprendosi coi bambini. Come quella volta che per andare alla ribalta mondiale fece abbattere Punta Perotti e poi la Cedu ha condannato l’Italia con una sentenza che ora si studia nei manuali e i 50 milioni di risarcimento ai costruttori ce li stiamo mettendo tutti noi. Mica lui.

Annarita Digiorgio

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