Una scena di Flash

Flash, una foto è per sempre

Mariarosa Mancuso

Una webserie sulle ossessioni dei matrimoni hi-tech. Migliorabile, ma almeno è un’idea buona

Scriveva William Hazlitt – pittore, saggista, gran conoscitore dell’animo umano vissuto a Londra tra sette e ottocento: “Il testamento è l’ultima occasione che abbiamo per dare sfogo alla nostra perfidia, e di solito ne facciamo buon uso”. Il fotografo di matrimoni che ne ha viste tante pensa con lo stesso cinismo che il matrimonio sia una guerra. Non tra i coniugi, che avranno tanto tempo a disposizione per litigare, finché divorzio non li separi (e come diceva Woody Allen, un matrimonio finisce ma un divorzio dura tutta la vita). Una guerra di nervi tra il fotografo e i fotografati, ostacoli tra l’artista e il capolavoro: una volta era l’album con immagini seppiate e studiatissime; oggi è lo slide show per la cornicetta elettronica, corredato dal video che – fanno da modello i reality show – rievoca il primo incontro, il fidanzamento e i pettegolezzi degli amici prima di immortalare il taglio della torta-grattacielo.

 

Abbiamo visto con i nostri occhi – a sentirlo raccontare non l’avremmo creduto – una sposa in un paesello del napoletano tallonata dal fotografo e dal videomaker, più un drone che la riprendeva dall’alto, dopo un giretto panoramico tra mare e terra. “Spettinala un pochino”, ordinava il fotografo. “Dille qualcosa per farla ridere”, ordinava il videomaker. Confessiamo di aver osservato la scena finché l’allegra compagnia ha cambiato set (non abbiamo avuto la sfacciataggine di seguire il corteo). Poi abbiamo scoperto che un matrimonio senza il ragno meccanico svolazzante non è un matrimonio (e gli incidenti di percorso, quando il drone atterra sulla testa degli sposi, sono registrati su YouTube).

 

I trascorsi fanno di noi lo spettatore modello per “Flash”, la futura serie (finora esiste solo il pilot) vincitore del Premio Solinas – La bottega delle webserie (in collaborazione con Rai Fiction, sperimenta format a puntate). Presentato al festival maremmano FuoriSerie – debutta quest’anno, ormai ogni comune italiano ha la sua manifestazione d’arte e cultura, nuovo governo permettendo – il primo episodio è già su Rai Play e il 29 giugno andrà in onda su RaiTre. Scrive e dirige Valerio Vestoso, già al lavoro sui prossimi episodi. Volendo dare un consiglio, meglio concentrarsi sulla sceneggiatura e lasciare la regia ad altri (magari rileggersi Adam Smith sui vantaggi della divisione del lavoro: se un uomo deve fabbricarsi uno spillo gli viene storto e impiega un sacco di tempo, se qualcuno estrae il metallo e qualcun altro lo mette in forma escono spillini ben fatti e meno costosi).

 

 

I personaggi funzionano, ora il problema è non ridurli a macchiette (per portare a esempio una serie italiana, “Boris” aveva schivato l’ostacolo con un bel lavoro di gruppo). Oltre al fotografo titolare, in “Flash” c’è il laureando in cerca di stage, lo specialista di filmini Lello Spielberg, il reggitore di flash che regge tre ore immobile, e Don Nikon, che ha un’idea tutta sua della religione e della fotografia: “Quando il signore invitava a porgere l’altra guancia, non voleva forse invitarci a mostrare il profilo migliore?”.

 

Regia e recitazione sono scolastiche, potrebbero migliorare. Vale anche per il montaggio, per certe giacche blu elettrico e per il ciuffo dello stagista. La sposa è stata sei ore sotto i ferri (del parrucchiere) e fa spuntare sotto il vestito una coda da sirena (il genitore intanto calcola quanto sono costate le orribili bomboniere). “Perlacea” è la parola magica: produce la bocca a cuore, l’occhio da triglia, la posa da crampo. Il fotografo scatta, sognando l’assegno.

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