Foto LaPresse

Il Mare

Umberto Silva

Dove si può incontrare la vita spesso invece s’incontra la morte di tanti bambini

Come sempre lascio per qualche minuto la mia poltroncina optando per il consueto lettino; la paziente, una giovane donna, se ne è appena andata con i suoi profondi pensieri, ma quanto l’oggi è difficile, e non solo l’oggi: gli oggi mi sembrano dei domani senza tregua. Ho la testa pesante ma posso dirla in breve: la difficoltà per organizzare la ricostruzione dei paesi terremotati rimanda alla difficoltà a organizzare l’accoglimento per gli immigrati; giustissimo, non fa una grinza, fa un superbo caos, un discreto inferno e tante cosucce. Si trovano mille e una giustificazione per procrastinare gli aiuti alle popolazioni terremotate, per trascurare quelle ricostruzioni che costituiscono solo una pallida rappresentazione del sostegno che occorre offrire all’altro. Si lasciano morire in mezzo al Mare – favolosi Mari – bambini e donne e uomini prostrati dalle difficoltà della vita, dalle guerre, dalle persecuzioni, dalla voracità. Eppure, tutto sembra pronto sotto i riflettori a illuminare la scena della promessa. Quando si nega il diritto di vita ai richiedenti asilo, lo si fa in nome di una programma elettorale che deve essere mantenuto “in ogni modo”. “Vi ho promesso di ripulire dallo Straniero, di chiudere le porte a chi si avvicina senza permesso”, urlano rappresentanti eletti in assenza d’ideali, votati sulla scia di paure, “paure ancestrali” dei più. Ah, già, lo Straniero! La paura dello Straniero, dello sconosciuto, della povertà che tutto ci può prendere tranne la vita, alla stregua di una perfida morte che si fa beffe dell’umano, spogliandolo dei diritti basilari. Resta la possibilità del suicidio, certo non un diritto, la possibilità che si lascia a quanti si considerano senza scelta, senza più alcun desiderio. La disperazione di tanti è anche il dolore di chi l’ascolta. Dunque, a quali promesse si aggrappa il “Popolo Italiano” per sentirsi esente da quel pericolo che pensa venire dal Mare? Dal Male? L’ibseniana “Donna del Mare” alla fine sceglie la gioia e l’amore, e costituisce una testimonianza splendida e vincente intorno all’esistenza dell’Altro. Ora il Mare di cui si parla è quello dell’orrido ‘Straniero’ di Camus, di quel Meursault che uccide senza sapere perché. Perché si uccidono gli stranieri? Pensiamo alla “Crociata dei bambini”, di cui racconta Schwob, che ebbe inizio secoli fa: chi offre a chi, e cosa, e per fare che, e questi cari fanciulli che finirono di vivere e cantare ancora prima di cominciare, ed ora la triste storia, con i suoi mostri, si ripete.

   

E i nostri titubanti italiani? Anni orsono le prime resistenze all’accoglimento venivano formulate attraverso il timore del furto del lavoro: “Non ci sarà piu lavoro per gli italiani” si diceva, annunciando in tal modo la crisi imminente che stava divampando, e non certo a causa degli immigrati. Quanti suicidi da allora e non solo per chi il lavoro non lo trova, quante industrie lasciate “affogare” in un “Mare” di debiti, un Mare sempre più bello e tremendo! Di tutto questo non si parla, preferendo insistere sulla minaccia degli immigrati, come se il parlare di una “minaccia a venire” potesse rendere non avvenuto quel che gli italiani hanno sperimentato in questi ultimi anni, votandosi alla rassegnazione. Una minaccia che possa funzionare da copertura attribuendo allo Straniero – che lascia la propria terra non per diletto ma per poter vivere – la responsabilità di tutto quel che di drammatico può accadere, cancellando in tal modo quel che è già accaduto. Chi o cosa giunge effettivamente dal Mare? Quali antichi demoni risvegliano questi viaggi disperati? Rivediamo in ciascun profugo quel che speriamo di non incontrare mai? Il terrore dell’abbandono, della perdita, dell’essere nelle mani dell’altro, non lo abbiamo forse mai sperimentato? Ogni giorno lo viviamo, ogni notte. I bambini buttati sui barconi cui i genitori affidano l’ultima speranza, i bambini separati dai genitori nel tentativo di respingerli come illegali, i bambini che nascono durante le traversate infernali, i bambini cui si tolgono nomi, radici, speranza, amore... sono anche i nostri figli. Quel che respingiamo aldilà del Mare ha le tinte degli incubi più inconfessabili; quel che respingiamo torna a falsificare i ricordi.

Di più su questi argomenti: