Tra burqa e burkini

Umberto Silva

Più che una guerra di religione su questi strumenti di tortura acquatica, meglio fare una sfilata.

So che il mondo intero attende il mio giudizio, e non mi faccio pregare. Intrigante, bisogna ammetterlo, la battaglia che si è scatenata ed è tuttora in corso tra i sostenitori del libero burkini e quelli che chiedono la sua punizione. Mi sembra che entrambe le parti abbiano contribuito con ottime perorazioni e spero che così proseguano, senza furore, la cosa peggiore, quella che merita non tanto il burkini quanto la camicia di forza.

 

Di questa social tenzone non farei una guerra di religione ma una sfilata di Prada, penso che solo così si possa intendere se è il caso di mantenere il burqa in tutte le sue sfumature o cancellarlo. Questo, naturalmente, sempre che le donne, musulmane e no, siano consenzienti e contente come possono esserlo le top model, che peraltro hanno quasi sempre facce corrucciate e tristi, manco avessero fatto indossare loro la veste avvelenata di Glauce, la promessa sposa di Giasone. Trovo il burkini uno strumento di tortura aquatica piuttosto che di ristoro, ma chissà, per donne costrette al caldo del deserto forse è già qualcosa, può essere un primo gradino verso il paradiso quaggiù: se non il Papa, certo il Diavolo tentatore – che della chiesa è uno dei due personaggi eminenti – riuscirà a convertirle al lusso del peccato. Tornando alle sfilate offro il mio parere: trovo un po’ antipatici i burkini non tanto per le cuffie, che preservano da certe piscine e dalle meduse, quanto per i pantaloni che portati dalle donne mi deprimono, beato il giorno in cui le donne tutte spontaneamente torneranno a un’integralista sensuale dolcezza delle gonne.

 

Che ci posso fare, ho i miei gusti e il mio proselitismo, qualcuna ne ho convertita altre no, tutti abbiamo i nostri desideri; faccio un esempio: se trovo tristi i burkini, paradossalmente un terrificante burka che tutto ricopre tranne occhi bellissimi può eccitare eccome, ne vidi alcuni nei miei viaggi in oriente e devo dire che ancora oggi ne ricordo il lampo. Certo un nero burkone zuppo nelle acque parrebbe una temibile piovra, la cicciona Ursula di Disney o la Strega del mare di Andersen. Quel che poi accade sui barkoni degli sceicchi resta un mistero. La chiesa ha regalato agli umani la colpa, l’insonnia, gli incubi; la vergogna, il corpo a corpo con Satana e le sue magnifiche tentazioni erano un gran bel sesso. Questo valeva anche per le donne, la chiesa è sempre stata ambigua con il loro corpo. Nell’antichità lo voleva sobrio ma chiudeva uno o due occhi sulle povere perché erano povere, sui seni delle cortigiane e regine perché erano ricche e avrebbero sospeso l’elemosina.

 

Di questi tempi la chiesa non punisce più con il fuoco le femmine ardite: se le ragazze pretendono di entrare nude in San Pietro, gentilmente le pregano di desistere, mentre le Guardie svizzere alzano la testa al cielo, schifate da quella che lungi dall’impresa è solo sciatteria. La chiesa ha sempre fomentato la migliore lussuria, anche nei modi più spudorati: i perseguitati – ma mica tanto – gay, trovavano ristoro nei nudi virili esposti nelle cattedrali, particolarmente nei battesimi dai cesellatissimi perizoma, e gli etero non vedevano l’ora di strappare le mille vesti delle perturbanti madonne appese qua e là in un immobilismo che faceva, e fa, sognare. Che la chiesa oggi sia diventata di bocca buona stile supermarket del vizio comporta la fine della sessualità e quindi anche la fine della chiesa, con mio grande dispiacere. Di contro, i musulmani più fanatici sono invece lodati per la capacità di tenersi stretta la loro religione. Ma va, tengono schiave le donne e finisce lì. Se quella è religione…

 

Certo a paragone degli eroi che muoiono cercando di salvare i bambini negli ospedali di Aleppo, siamo tutti dei burkini. Altri eventi adiacenti e pericolosi: ragazza sparata alla gamba dal fratello perché porta la minigonna. Alligatore mangia dito a turista che vuole vederlo all’opera. Renzi a Ventotene ci rassicura che l’Europa non è finita con la Brexit. Grave errore che Sigmund Freud ha più volte segnalato: mai dire “non”. Il “non” è un burkini, sicché tra sé e sé Renzi dice “l’Europa è finita con la Brexit”. Be’, un po’ lo sapevamo, ma la speranza vive. Consiglio quindi a Renzi di lasciare stare il “non” e dire: “La Brexit è finita grazie all’Europa”. Vero o falso? Boh. Molto più confortevole comunque. Il che va bene, e giustamente è punitivo per gli sciocchi inglesi.

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