Burkini sì, burkini no, e la Rai alla fine dei Giochi
A Rio i Giochi sono finiti, la Rai invece continua
Non ce ne vogliano i trecento e passa professionisti (giornalisti, cameraman, tecnici del suono) della Rai che per quindici giorni ci hanno inondato di immagini, suoni, parole. Ma un’edizione così sgangherata dei Giochi non la si vedeva a memoria d’uomo. Non mi riferisco agli organizzatori brasiliani che con umiltà e trepidazione hanno fatto il massimo consentito dalla situazione. Né ad alcune telecronache e commenti tecnici un filo sopra le righe, i cui autori andrebbero richiamati in fabbrica per revisione, tale è la miscela di delirio nazionalista, revanscismo, misticismo del momento sportivo, congiuntivi alla come viene, basta leggere Dipollina di Repubblica, Bottura del Corriere della Sera, Cito della Gazzetta dello sport, che ogni giorno compilano spassose antologie di strafalcioni e demenze dei commentatori (voto 10 al genere).
Mi riferisco invece allo stato di totale confusione cui ci ha tenuto il servizio pubblico. Per più di una settimana un canale no stop e due dedicati se ne sono fottuti di dirci in anticipo gli orari delle gare e solo avendo fortuna nello zapping, tra Rai 2, Rai Sport 1 e Rai Sport 2, si poteva sperare di acchiappare l’evento desiderato. Per qualche giorno nemmeno ci hanno detto se la gara era in diretta o registrata.
E’ strano che a nessuno sia venuto in mente di tenere aperto in permanenza uno studio centrale ben nutrito e strutturato che raccontasse, informasse e indirizzasse: ci hanno lasciato a uno zigrino di TG olimpico, con i brevi cenni di Franco Lauro e l’eleganza autoreferenziale del neo direttore di Rai Sport, Gabriele Romagnoli. I giovani utenti avranno attinto le informazioni utili dalle varie piattaforme sociali comprese quelle della Rai, ma noi vecchietti abituati ad avere le precisazioni direttamente dal video ce la siamo presa in quel posto. Non è partito preso il mio, non è pregiudizio nei confronti della Rai: è statistica empirica, visto l’alto numero di amici e conoscenti che ogni volta che ci siamo visti o sentiti hanno gridato all’unisono: ma che casino questi Giochi non ci si capisce nulla. E’ una platea ristretta certo, ma è comunque confusione percepita e me ne faccio volentieri portavoce.
Burki-ni, burki-no
Dispiace dirlo ma ha ragione, per una volta, l’aderentissimo ministro Angelino Alfano (voto 9): proibire il burkini non ha altro senso che reprimere e provocare. Il limite imposto è che non nascondano il volto, il che non cancella la paura che qualche pazzoide possa indossare una cintura esplosiva e farsi saltare in aria. Solo che questa particolare minaccia è ineliminabile: anche se le si obbligasse ad andare in spiaggia o in piscina con il costume da bagno all’occidentale, per fare una strage basta una borsetta riempita di plastico come facevano gli attentatori del Fln nei caffè di Algeri.
La linea pragmatica di Alfano e del governo è dunque più efficace del divieto laicista e cartesiano imposto dai sindaci di Nizza e Cannes, sponsorizzato con fervore dal premier socialista Valls (voto 5) e ripreso più mollemente dalla cancelliera Merkel (voto 5).
Del burkini ho parlato con la mia amica Alessandra Bocchetti, femminista storica: è incerta, combattuta, da una parte vorrebbe che anche quelle povere disgraziate provino il piacere di farsi un bagno in questa fottuta estate, dall’altra teme che cedere sul burkini rafforzi l’asservimento delle donne a mariti barbuti e cazzoni. Però alla fine anche lei conviene che non spetta agli stati, soprattutto se occidentali, liberare la donna musulmana dal giogo del maschio ma alle donne stesse.
La questione del burkini è minima nel disastro che sta provocando il fondamentalismo, proprio per questo non è il caso di farne una questione di principio, teologica.
Maremma maiala
Da ragguardevoli incroci è nata una nuova razza canina, intrattabile e assatanata quando punta il migrante: il dogo della Maremma maiala e di sinistra. I ben pensanti di Capalbio, quelli che se Berlusconi vince noi si lascia l’Italia o ci si dà alla resistenza armata, protestano: non vogliono nel comune la cinquantina di migranti assegnati dalla prefettura di Grosseto. Sarebbero una macchia nera e plebea in una delle spiagge meglio frequentate d’Italia, guarda caso si chiama l’Ultima, dove si possono incontrare politici, manager, giornalisti, tutti altolocati e per lo più di sinistra. Dice però Luciana Castellina che ci sono anche capalbiesi di destra o ex di sinistra e burini: non fatichiamo a crederle (voto 9) però immagino che siano tutti abbastanza facoltosi da voler proteggere l’oasi dalla rozza invasione.
Perciò diano soldi a un comune più sfigato che si faccia carico della bisogna. Nessuno potrà rimproverarli né accusarli di meschinità ed egoismo, i precedenti sono nobili e illustri. La grassa Unione Europea (voto 2) ha pagato moneta a Libano e Turchia per non vedere cammello.
Ha provato a fare una disanima seria del problema capalbiese un illustre residente, il presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano: mi è parso particolarmente involuto (voto 5) forse per il caldo, forse per colpa dell’intervistatrice e del montatore. Ne ho dedotto che Capalbio e il burkini sono cose fastidiose come le mosche di agosto.
Salvini, il teppista
Un po’ di teppismo in politica ci vuole, il problema è se c’è solo quello. Matteo Salvini è un caso evidente di teppista in politica, anzi di un teppistello perché se c’è da dare o prendere sganascioni si caga di sotto (voto 2, solo perché è milanista). Bossi, Zaia, Maroni fatevene una ragione, prima ve ne sbarazzate meglio è per la Lega.
Urla e offende chiunque, donne e uomini, destra e sinistra, intellettuali e poliziotti. Ieri ha accusato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (voto 10), di essere complice degli scafisti e dei mercanti di carne umana. Una demenza, si sa che tutto ciò che è eccessivo è insignificante. Ce l’ha particolarmente con la Boldrini ma su questo possiamo anche capirlo. La presidente della Camera (voto 3) farebbe perdere il senno a chiunque, è lagnosa e rigida come una maestrina, dice ovvietà con aria sussiegosa, è altezzosa e un filo (di perle) antipatica, arreca a se stessa un danno di immagine che nessun ufficio stampa potrà mai riparare, da assolvere dunque il buon Stefano Menichini (voto 8). Chissà quando e come si è convinta di essere assurta allo scranno di Montecitorio per particolari meriti acquisiti nella sua carriera di portavoce dell’Associazione dei rifugiati dell’Onu. E allora strafa per fare dimenticare che è una messa lì, una miracolata. Ciò non toglie che solo villanzoni trinariciuti possano continuare a darle addosso. Un politico consumato preferisce ignorarla cortesemente, qualsiasi cosa irritante faccia, qualsiasi banalità ripeta con enfasi. Ma un teppista questo non lo capisce. Un teppista crede che il cuore della politica sia sbraitare e fare la faccia da truce.
festa dell'ottimismo