L'intervista di Gentiloni al Ft e la marcia di Tunisi

Redazione
La rassegna della stampa estera sui principali fatti che riguardano da vicino il nostro paese. Oggi articoli di Financial Times, Economist, El Mundo.

Il presidente italiano chiede "un patto di civiltà contro il terrorismo"

Parigi, 30 mar - (Agenzia Nova) - In un'intervista al quotidiano francese "Le Figaro", il presidente italiano Sergio Mattarella ha commentato la marcia anti-terrorismo a Tunisi dopo il massacro di turisti al Museo del Bardo. Mattarella ammette che la situazione di caos in Libia, con l'Isis a un passo dall'Europa, pone l'Italia in prima linea di fronte alle minacce terroristiche; e sostiene che "bisogna lanciare un patto di civiltà per contrastare le campagne di odio e di indottrinamento" su internet.

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Paolo Gentiloni: il confine sud dell'Ue è esposto

Londra, 30 mar - (Agenzia Nova) - Intervistato dal "Financial Times", il ministro italiano degli Esteri, Paolo Gentiloni, esprime il timore di una sottovalutazione delle minacce provenienti dalla frontiera meridionale dell'Europa, in un momento in cui l'attenzione è concentrata su quella nord-orientale, con la crisi ucraina che ha risvegliato i fantasmi della Guerra fredda. "Siamo un po' troppo preoccupati per ciò che avviene ai confini nord-orientali, a causa della narrativa forte e perfettamente comprensibile del ventesimo secolo. Tuttavia, se pensiamo all'immigrazione, al terrorismo, ai conflitti religiosi, alla povertà, e ai rischi per le nostre società, non direi che ciò che accade ai confini meridionali sia più importante, ma certamente non lo è di meno", dichiara l'esponente del governo Renzi.

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Italia: per Matteo Renzi un collaboratore d'eccezione

Berlino, 30 mar - (Agenzia Nova) - Il top manager Andrea Guerra si è preso una pausa dalla carriera. L'ex numero uno di Luxottica sta aiutando il premier italiano nella realizzazione delle riforme. Il presidente del Consiglio ha assoldato a Palazzo Chigi l'imprenditore come consigliere strategico personale per le questioni economiche. Il manager con lo stipendio più alto d'Italia, che nel 2013 grazie ad un bonus ha incassato 61,7 milioni di euro, è una sorta di ministro ombra, ma a titolo gratuito. L'affinità tra i due non è cosa nuova: Guerra è stato protagonista già dal 2012 del tavolo di lavoro della Leopolda, organizzato da Renzi ogni anno.

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Processo Knox: l'assoluzione in ritardo evidenzia i difetti del sistema giudiziario italiano

Londra, 30 mar - (Agenzia Nova) - Tutta la stampa britannica, dai giornali economici a quelli popolari, con una copertura particolarmente approfondita sui quotidiani "the Guardian", "The Independent" e "The Telegraph", riferisce l'esito del pocesso contro Amanda Knox e Raffaele sollecito per l'omicidio di Meredith Kercher, avvenuto a Perugia otto anni fa. Tra i risvolti della vicenda, l'amarezza della famiglia della vittima, le domande rimaste senza risposta, il successo dell'avvocato Giulia Bongiorno. Soprattutto, la lunga vicenda processuale, terminata, dopo sentenze contraddittorie, con l'assoluzione dei due imputati da parte della Corte di Cassazione, solleva dubbi sull'efficacia del sistema giudiziario italiano.

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Italia: un tour operator americano offre un incontro con il figlio di un mafioso

Madrid, 30 mar - (Agenzia Nova) - L'iniziativa di un tour operator statunitense di offrire un colloquio con il figlio dell'ex boss mafioso Bernardo Povenzano ha provocato forti polemiche in Sicilia, dove le organizzazioni del turismo e antimafia hanno duramente protestato. Angelo Provenzano, il figlio dell'ex capo di Cosa Nostra, si è offerto in fatti di raccontare "la propria storia" ai turistiUsa in un hotel di Palermo - come ha rivelato nel fine settimana il quotidiano "La Repubblica" - sostenendo si tratti solo di una "opportunità di lavoro" . Il tour operator Boston Oat offre effettivamente sul proprio sito web in tour in Sicilia con una tappa a Palermo. Nel capoluogo siciliano il viaggio comprende una "conversazione rivelatrice sulla mafia siciliana con il figlio di un ex boss mafioso, seguito da una cena che ciascun turista può organizzare liberamente".

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Panorama internazionale

 

Sarkozy: "L'alternanza è in marcia, nente la fermerà"

Parigi, 30 mar - (Agenzia Nova) - All'indomani del secondo turno delle elezioni dipartimentali in Francia, la destra "repubblicana" è divisa nell'interpretazione da dare alla larga vittoria conquistata. L'ex presidente Nicolas Sarkozy, che da novembre guida il principale partito di destra Ump, davanti a migliaia di militanti riunitisi in serata al quartier generale del movimento per celebrare il successo ha affermato che "la sconfessione del governo è stata totale"; dopo aver annunciato che sarà accelerato il programma politico in vista delle elezioni presidenziali e parlamentari del 2017, per mettere fine al "socialismo più arcaico d'Europa", Sarkozy ha affermato: "L'alternanza è in marcia e niente la fermerà". Invece l'ex primo ministro Alain Juppé, che è stato avversario di Sarkozy alle primarie del novembre scorso per la leadership dell'Ump e che probabilmente lo sarà anche a quelle dell'anno prossimo per la scelta del candidato del centrodestra alle presidenziali del 2017, ha messo l'accento piuttosto sull'unità del centrodestra davanti agli elettori: "Le forze della destra (Ump e Udi) e del centro (MoDem) si sono presentate unite", ha detto, "di fronte ad una sinistra che al contrario era profondamente divisa". Da parte sua il leader del partito centrista MoDem, Francois Bayrou, ha messo in guardia gli alleati di destra dall'eccesso di trionfalismo: a suo parere, la "sanzione" inflitta dagli elettori al Ps "non è ancora" un voto di adesione alla coalizione di centro-destra, che a suo parere è ancora "tutta da costruire"; e non ha risparmiato una frecciata a Sarkozy, che nel suo discorso non ha affatto menzionato l'apporto del MoDem alla vittoria, dicendo che lo scrutinio non può essere interpretato come un "ritorno al passato".

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Germania: le donazioni ai partiti non sono trasparenti

Berlino, 30 mar - (Agenzia Nova) - Le organizzazioni "abgeordnetenwatch.de" e "LobbyControl" lanciano l'allarme: nonostante tutte le regole sulla trasparenza, sulla maggior parte delle donazioni ai partiti non c'è chiarezza. E' quanto dimostra un resoconto del 2013 pubblicato venerdì dal Bundestag (il Parlamento tedesco, ndr). Nel documento - scrive il quotidiano tedesco "Handelsblatt" - sarebbe riportato solo un terzo dei nomi delle aziende e delle organizzazioni che hanno fatto importanti donazioni ai partiti rappresentati in Parlamento. La provenienza di tutti gli altri importi rimane sconosciuta perché al di sotto dei 10 mila euro non c'è l'obbligo di trasparenza. Secondo "abgeordnetenwatch.de", c'è anche un altro problema: solo gli importi superiori ai 50 mila euro devono essere resi noti subito, tutti gli altri solamente nei rendiconti successivi.

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Regno Unito: il Labour guadagna quattro punti dopo il successo televisivo di Miliband

Londra, 30 mar - (Agenzia Nova) - Un sondaggio realizzato da YouGov per "The Sunday Times", domenicale del quotidiano britannico "The Times", subito dopo il confronto televisivo tra il leader del Labour, Ed Miliband, e quello dei Tory, David Cameron, intervistati separatamente in una trasmissione mandata in onda da Channel 4 e Sky Tv, evidenzia che il capo dell'opposizione ha tratto vantaggio dalla performance mediatica: il Partito laborista ha guadagnato quattro punti di vantaggio su quello conservatore, 36 contro 32 per cento. Se questo fosse il risultato delle elezioni politiche del 7 maggio, il Labour conquisterebbe 60 seggi in più dei Tory.

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Crisi ucraina: la tregua che non c'è

Berlino, 30 mar - (Agenzia Nova) - Generalmente una tregua consiste nella cessazione delle ostilità. Questa dovrebbe essere la situazione che regna nell'Est ucraino da metà febbraio scorso, data di approvazione degli ultimi accordi di Minsk. Ma così non è, scrive l'opinionista Thomas Gutschker sul quotidiano "Frankfurter Allgemeine Zeitung". Nelle ultime sei settimane gli osservatori dell'Ocse nel Donbass non hanno assistito a un solo giorno di vera tregua dai combattimenti. Lo si può leggere nei rapporti che l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa pubblica ogni giorno sulla sua pagina internet. Alla fine del rapporto Ocse c'è una frase: "La situazione della sicurezza nel Donbass è fluida e imprevedibile e la tregua non viene rispettata ovunque". Una frase standard, che corona ogni bollettino dell'organizzazione.

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Gli Stati Uniti dovrebbero riconoscere lo Stato palestinese

Washington, 30 mar - (Agenzia Nova) - Il processo di pace mediorientale è appeso a un filo: sia gli israeliani che i palestinesi hanno compiuto gravi errori e passi falsi, ma secondo Matthew Duss, presidente della Foundation for Middle East Peace, “è stato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a staccare la spina questo mese, dichiarando prima delle elezioni che la Palestina non sarebbe mai divenuta uno Stato indipendente”. Duss e l'opinionista Michael A. Cohen sostengono, dalle pagine della “Washington Post”, che quanto espresso da Netanyahu “cozza direttamente con gli obiettivi di sicurezza nazionale” così come ridefiniti dall'amministrazione Obama, e contraddicono “la politica assunta dagli Stati Uniti da quindici anni”: era stato infatti il presidente Usa George W. Bush, nel 2002, a esprimere formalmente per la prima volta il sostegno di Washington “a uno Stato palestinese demilitarizzato ed economicamente autonomo”. Oggi la quasi totalità dei politici Usa di entrambi gli schieramenti sostengono una soluzione a due Stati all'annosa questione mediorientale, e l'unico modo per aggirare Netanyahu, scrivono i due autori dell'editoriale, “è che gli Stati Uniti riconoscano formalmente lo Stato palestinese”. Non si tratterebbe di punire Israele, ribadiscono Duss e Cohen, ma “di tutelare la sicurezza nazionale statunitense: riconoscere la statualità palestinese aiuterebbe la causa di una Palestina a due stati, ovvierebbe a una delle cause chiave del risentimento (del Mondo arabo, ndr) nei confronti degli Stati Uniti, e renderebbe più semplice ai politici Usa perseguire le loro priorità in Medio Oriente, prima tra tutte la prevenzione di un Iran nucleare”. Riconoscere la Palestina “renderebbe più semplice l'interlocuzione con Turchia, Egitto, Giordania e Arabia Saudita”, e segnalerebbe a Israele “che gli Usa agiscono nel loro interesse, anche qualora dovesse essere in conflitto con quello di un importante alleato”. E' vero – ammettono Duss e Cohen – che riconoscere la Palestina rischierebbe di suonare come un aperto endorsement a Muammad Abbas. La Palestina ha bisogno di nuove elezioni politiche, ma “sino ad allora, gli Usa potrebbero usare il riconoscimento della Palestina per chiedere alla leadership palestinese (…) il trasferimento dell'autorità per la sicurezza nella Striscia di Gaza, e la fine della stretta sulla società civile in Cisgiordania”.

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