Foto Getty

un foglio internazionale

Ritorno a Ratisbona

Contro l’entropia di civiltà e l’islamismo, Onfray rilegge Benedetto XVI. “La cultura aborre il vuoto:  una civiltà svanisce e un’altra prende il suo posto” 

"La cultura aborre il vuoto: quando una civiltà svanisce, un’altra prende il suo posto” scrive Michel Onfray nell’ultimo numero della sua rivista, Front Populaire. “E’ proprio perché c’è cancellazione che c’è sostituzione. Quando l’impero Romano pagano svanì, l’impero cristiano d’Occidente lo sostituì, prima di essere a sua volta sostituito da una nuova civiltà, lo stato di civiltà in cui viviamo. Questa sostituzione sembra ora concettualmente accettabile per l’intero spettro politico francese, poiché Reconquête! la deplora in nome della perpetuazione dell’uomo bianco, mentre La France Insoumise e i suoi alleati la adorano in nome dell’uomo creolizzato a venire, così che entrambe le parti convalidano la rilevanza dell’idea, ma differiscono su cosa farne. Da parte mia, non sto parlando di una Grande Sostituzione deliberata e concertata, orchestrata da oscuri teorici della cospirazione, ma piuttosto di una sostituzione vitalistica e morfologica. Un figlio o una figlia sostituiscono il padre e la madre; questa è la logica della vita. Non è né buona né cattiva, semplicemente è.

Il conservatore e il reazionario vogliono, rispettivamente, che la vita cessi e che si inverta, il che è doppiamente insensato. La vita continua e ha bisogno della morte per continuare. In biologia, parliamo di apoptosi per indicare questo processo di modellamento della vita attraverso la morte: ciò che vive deve morire per rendere possibile la continuazione della vita, un divenire scritto nel programma genetico. La morte rende possibile la vita, che è un viaggio verso la morte. L’apoptosi appartiene al vocabolario biologico, ma può diventare un concetto ontologico e metafisico utile per comprendere la storia e le civiltà, che obbediscono alle stesse leggi degli organismi viventi (…) Il materialismo dialettico del marxismo-leninismo opera su un modello ingegneristico; questo paradigma è diventato obsoleto. La fisica della relatività per l’infinitamente grande e la fisica quantistica per l’infinitamente piccolo, la cosmologia dei pluriversi e la teoria delle stringhe stanno rivoluzionando il panorama epistemologico. Il nostro tempo, il tempo della Storia, obbedisce alle leggi della vita, non a quelle della meccanica (…) In una civiltà, la causa della morte risiede nell’oblio di sé, nel disprezzo di sé, nell’odio di sé e nella preferenza per tutto ciò che non è sé stessi, il che non fa che aumentare l’autodistruzione. Chi può negare che ci troviamo in questo stato di apoptosi in cui la forza negatrice di ciò che è diventa legge? L’ascesa dell’islam in Francia, ma anche in Europa, è meno il risultato della forza intrinseca di questa religione – che afferma, domina, vuole, forza, costringe e dichiara guerra alla decadenza – che il risultato della debolezza della nostra civiltà. Per la maggior parte, la sinistra, che ha detenuto il monopolio della narrazione intellettuale, e quindi storica, dal dopoguerra, ha indebolito la nostra cultura per decenni. La decostruzione definisce questo incessante lavoro dell’impulso negatore. L’apoptosi, se mai ce n’è stata una, è questa furiosa opera di negazione in atto da mezzo secolo di filosofia francese per distruggere la civiltà occidentale, in altre parole, venti secoli di giudeo-cristianesimo. I nuovi eroi di questa rivoluzione nichilista sono i pazzi, i nevrotici, i paranoici, i criminali, gli assassini, i terroristi, i fedayn, i delinquenti, i sadici, i masochisti, i pedofili, gli zoofili e tutti coloro che, in un modo o nell’altro, si rivelano utili a minare e distruggere l’occidente.

E’ in questo clima di odio per se stessi, odio per la Francia, odio per la ragione e odio per l’occidente che giungono in Francia immigrati provenienti da una cultura diversa da quella giudaico-cristiana, ovvero l’islam. Allo stesso tempo, in un esercizio di negatività ad alto livello, il cattolicesimo sta mettendo in scena la propria prova, e quindi la propria fine, con il Concilio Vaticano II (1962-1965), una vera e propria apoptosi di civiltà, se mai ce ne fosse stata una. La chiesa cattolica sta distruggendo il mondo allegorico, simbolico, ontologico, metafisico e teologico in cui ha vissuto per due millenni, ritirandosi meno nell’etica – riflessione sul bene e sul male – e più nella moralità, sotto forma di un catechismo cosmopolita saturo di luoghi comuni moralizzanti. La teologia della liberazione, fiorita in Sud America nel secolo scorso, sta producendo i suoi effetti in questo Concilio, che abolisce la trascendenza e opera per la creolizzazione del mondo. L’ecumenismo sta diventando la spina dorsale di questa ideologia dei diritti umani insegnata in Vaticano, culminando nel pontificato di Papa Francesco. Il 4 ottobre 2019, questo Pontefice gesuita ha benedetto un idolo di legno di Pachamama, una dea pagana nativa americana della Madre Terra, nei Giardini Vaticani. L’idolo è stato poi portato in processione nell’Aula del Sinodo.

Con questa cerimonia, il papa si dimostrò più tollerante nei confronti degli animisti o dei politeisti che dei difensori della Messa in latino, che punì proibendo loro di celebrarla secondo il rito tridentino (…) L’islam, erede della tradizione cavalleresca araba, ignora questa insipidezza sperimentata dai cattolici post-Concilio Vaticano II; fraintende l’intellettualismo autoindulgente dei filosofi che credono nel Dio del Nuovo Testamento; infine, disprezza coloro che non mostrano né dignità né grandezza, né onore né volontà di combattere, e che preferiscono la sottomissione allo scontro. Quando Papa Francesco veste Cristo sulla croce con un giubbotto di salvataggio arancione, sta chiaramente voltando le spalle a Papa Benedetto XVI e al suo famoso, ormai famigerato Discorso di Ratisbona del 12 settembre 2006. Il pontificato del primo può essere riassunto interamente in questo cliché, da lui stesso amplificato a livello globale; quest’uomo falsamente umile era in realtà orgoglioso. Anche il secondo è interamente contenuto in questo discorso, che ha esaminato il rapporto tra ragione e fede attraverso l’analisi di un testo del XIV secolo di Manuele II Paleologo. Questo testo presenta un imperatore cristiano di Costantinopoli, Manuele II Paleologo, e uno studioso musulmano persiano. Il primo dice al secondo: ‘Mostrami le novità portate da Maometto e troverai solo cose malvagie e disumane’. Ha suscitato un clamore globale: Benedetto XVI aveva osato collegare l’islam alla violenza! Una verità comune, eppure rivelata dalla lettura di fonti innegabilmente musulmane: il Corano, in cui si può leggere questo versetto: ‘Sterminate i miscredenti fino all’ultimo’ (VIII.7), ‘Uccidete i politeisti ovunque li troviate’ (XVII.58); gli hadith, incluso quello che afferma che ‘il paradiso giace all’ombra delle spade’ (questo è il numero 2818); o la Sira, che raccoglie le gesta, le azioni e le parole di Maometto, raccolte dalle testimonianze dei suoi più stretti collaboratori, in cui si può leggere il resoconto della Battaglia del Fossato, che vide opposti ebrei e musulmani. Nessuno può affermare che un versetto del Corano, un hadith del Profeta o un estratto della Sira, senza alcun commento, possano essere islamofobi, poiché si tratta di citazioni tratte da fonti che gli stessi musulmani rivendicano come legittime e sacre. Sotto la pressione globale, il Papa, che a Ratisbona si era limitato a ribadire ciò che era facilmente reperibile, purché ci si prendesse la briga di leggere, ha comunque fatto ammenda. Sono propenso a credere che la sua ritirata non fosse estranea a questo discorso, che esponeva i fatti e invitava alla riflessione su quanto era stato scritto. Ben lontano da Papa Francesco e dai suoi giubbotti di salvataggio, simili a quelli indossati da Cristo, alla maniera di Kouchner che portava sacchi di riso davanti a fotografi e telecamere delle agenzie di stampa occidentali. Per il momento, la religione musulmana colma un vuoto di civiltà in Francia (…) Questa stessa cultura musulmana rifiuta il pacifismo, il rifiuto della virilità, il disgusto per la guerra e il rifiuto delle virtù bellicose; celebra la figura del guerriero, del combattente; partecipa alla cultura della violenza di cui parla Benedetto XVI. Non c’è nulla di particolarmente insolito in tutto questo, dato che i testi che codificano queste regole sono stati scritti tra l’VIII e il X secolo d.C., cioè più di mille anni fa. A quel tempo, non esistevano femminismo, pacifismo, umanesimo, zoofilia, egualitarismo, attivismo per i diritti umani! Né esistevano psicologi per cani, ciucci per adulti, monopattini per persone di mezza età, sigarette senza tabacco chiamate sigarette elettroniche, libri da colorare per adulti, servizi igienici gender-neutral, bistecche di soia, vino analcolico o qualsiasi altro segno distintivo della civiltà contemporanea. Il potere contemporaneo dell’islam, che, nella nostra civiltà giudaico-cristiana in declino, decostruisce duemila anni di storia ogni singolo giorno di assenza di Dio, è un prodotto del processo di apoptosi. Forte e potente, l’islam sta lavorando per distruggere una civiltà che è diventata debole e impotente. L’islam trae la sua forza dalla nostra debolezza; e la nostra debolezza non può più resistere alla sua forza. Le spade dell’Islam, alla cui ombra, vi ricordo, giace il Paradiso, incontrano davanti a loro una Linea Maginot fatta di candele,  peluche, fiori, filastrocche e pezzi di carta tempestati di cuoricini. A volte, su una di esse, si può leggere: ‘Non avrete il mio odio’. Questa sarà l’ultima parola della nostra civiltà”.

Di più su questi argomenti: