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Un foglio internazionale

Dentro la testa di Putin. Controindagine sulle convinzioni del Cremlino

In Russia sembrano crederci davvero: il governo di Kyiv cadrà e l’occidente scenderà a patti. Su quali basi esultano? Cosa non torna?

"Tutto sta andando secondo i piani”. Così inizia il saggio dell’analista Tatiana Stanovaya sul New York Times. “Questa è la linea del presidente Vladimir Putin. La guerra in Ucraina, giunta al suo quinto mese senza dare alcun segno di terminare a breve, sarà pure faticosa. Ma alcuni alti funzionari del Cremlino continuano a ripetere che, una volta ottenuta la supremazia nell’est dell’Ucraina, la Russia porterà a compimento tutti i suoi obiettivi. Questo sembra difficile da credere. Dopo tutto, la Russia è stata costretta a una ritirata da Kyiv, ha subìto varie sconfitte sul campo di battaglia, è stata vittima di sanzioni su una scala senza precedenti e oggetto di condanne provenienti da tutto il mondo. 


Etichettare questa litania di difficoltà e chiari fallimenti come un successo potrebbe sfiorare la propaganda, l’ipocrisia o perfino l’auto illusione. Ma questo è ciò che il Cremlino sembra credere. Negli ultimi vent’anni ho seguito da vicino le parole, i comportamenti e le decisioni di Putin, formando un giudizio complessivo sui calcoli del presidente. Basandomi sulla sua retorica, le sue azioni politiche e conversazioni informali con alcuni insider, sono stata in grado di capire – per quanto possibile – cosa pensa Putin. Ciò che è molto chiaro è che, alla fine di maggio, il Cremlino ha raggiunto la conclusione che vincerà il conflitto nel lungo termine. E, a differenza degli ultimi mesi caotici, ora Putin ha un piano.

 

Il piano ha tre dimensioni, ed è una sorta di matriosca strategica russa. Ogni aspetto si incastra con un altro, ammontando a una grande strategia che va oltre l’Ucraina pur basandosi su essa. Potrebbe sembrare estremamente stravagante, e sicuramente rivela quanto Putin viva in una realtà parallela, per usare un eufemismo. Ma per l’occidente – la cui risposta ha oscillato tra la durezza e la acquiescenza – è importante capire quali siano gli obiettivi di Putin nel momento in cui continua a valutare il proprio ruolo nell’ambito della difesa dell’Ucraina dall’invasore russo. 

L’obiettivo più piccolo, pragmatico e ottenibile per la Russia riguarda le ambizioni territoriali ucraine. Non essendo riuscita ad avanzare nel territorio nei primi giorni del conflitto, la Russia ha abbandonato l’idea di conquistare Kyiv e ha ridimensionato le proprie ambizioni. L’obiettivo attuale, più realistico, è di assumere il controllo sulle regioni di Donetsk e Luhansk. Il Cremlino crede che sia solamente una questione di tempo e forse non ha torto. I russi hanno di fatto assunto il controllo della regione di Luhansk e del pezzo di terra che garantisce un passaggio alla Crimea.

 

Per raggiungere questo obiettivo, che pure ricopre un peso geopolitico trascurabile per il Cremlino, Putin sembra essere convinto che il tempo sia dalla sua parte. Potete capire il perché. Il sostegno militare dell’occidente ha mostrato i suoi limiti, e Washington ha indicato che non è disposto a correre il rischio di fare infuriare Putin oltrepassando le sue linee rosse. Le minacce di passare alle armi nucleari sembrano aver sortito un effetto: l’occidente non interverrà direttamente, e non assisterà l’Ucraina al punto da determinare una sconfitta russa. Malgrado molti sostengano il contrario, oggi l’idea più diffusa nelle cancellerie occidentali è che l’Ucraina non sarà in grado di riconquistare le aree occupate dalle truppe russe. Il Cremlino sembra essere convinto che prima o poi l’occidente abbandonerà completamente questa speranza. A quel punto, l’est dell’Ucraina sarà di fatto sotto il controllo russo. 

 

L’obiettivo successivo sembra essere quello di costringere l’Ucraina ad arrendersi. Il tema non sono le aree occupate bensì il futuro del territorio restante, che ricopre un’importanza geopolitica molto maggiore. Da un punto di vista pratico, la capitolazione significherebbe l’accettazione da parte di Kyiv delle richieste russe, ovvero la russificazione del paese e la rimozione dei simboli ucraini. Questo significherebbe criminalizzare il sostegno agli eroi nazionali, rinominare le strade, riscrivere i libri di storia e garantire alle popolazioni russofone una posizione dominante nella cultura e nell’istruzione. In poche parole, l’obiettivo sarebbe quello di privare l’Ucraina del diritto di costruire la propria nazione. Il governo verrebbe sostituito, le élite epurate e la cooperazione con l’occidente sarebbe un lontano ricordo.

Questo secondo obiettivo appare ovviamente irrealistico. Ma per Putin è apparentemente inevitabile, anche se potrebbe impiegarci di più per conseguirlo. Magari uno o due anni – a quel punto, il Cremlino si aspetta che l’Ucraina sarà sfiancata dalla guerra e profondamente demoralizzata. A quel punto – questo sembra essere il calcolo del Cremlino – l’élite si spaccherà e un’opposizione disperata di terminare la guerra si unirà per scalzare il governo di Zelensky. Non ci sarà alcun bisogno che la Russia catturi Kyiv militarmente, perché cadrà da sola. Putin apparentemente non vede cosa possa evitare questo scenario. 


C’è un grande dibattito su cosa sia più importante per Putin in questa guerra: fermare la Nato dall’espansione alle porte della Russia o l’ambizione imperiale di espandere il territorio russo e annettere almeno parte dell’Ucraina. Ma i due temi sono legati. Quando l’Ucraina è scivolata verso la Nato e il conflitto nel Donbas si è arenato, Putin è diventato sempre più ossessionato con l’Ucraina. Ha visto un territorio che lui crede appartenga storicamente alla Russia diventare succube del suo peggior nemico. In risposta, il territorio ucraino è finito nel mirino a fianco – ma non al posto, come credono in molti – della sfida alla Nato.

 

Questo ci porta al terzo obiettivo strategico – e quello geopoliticamente più importante – nella guerra di Putin contro l’Ucraina: costruire un nuovo ordine mondiale. Siamo abituati a credere che Putin veda l’occidente come una forza ostile che mira a distruggere la Russia. Ma credo che per il leader del Cremlino esistano due tipi di occidente: uno buono e uno cattivo. L’occidente cattivo è rappresentato dalle élite politiche che governano i paesi occidentali: Putin sembra considerarli degli schiavi del ciclo elettorale che trascurano gli interessi nazionali e non sono in grado di sviluppare un pensiero strategico. L’“occidente buono” invece consiste degli americani ed europei ordinari che, secondo lui, vogliono avere un rapporto normale con la Russia, e di aziende che non vedono l’ora di fare profitti grazie a una stretta cooperazione con i loro omologhi russi. 

A quanto pare, secondo Putin l’occidente cattivo è sull’orlo dell’abisso, mentre l’occidente buono sta lentamente sfidando lo status quo grazie a vari leader che pensano innanzitutto al proprio paese, come Viktor Orbán in Ungheria, Marine Le Pen in Francia e perfino Donald Trump negli Stati Uniti, pronti a rompere con il vecchio mondo e forgiarne uno nuovo. Putin crede che la guerra in Ucraina e le sue conseguenze, come l’aumento dell’inflazione e dei prezzi dell’energia, alimenteranno la rabbia dei cittadini verso l’establishment politico tradizionale. 

La scommessa di Putin sembra essere che i cambiamenti politici all’interno dei paesi porteranno a una trasformazione dell’occidente, e a un rapporto più amichevole con la Russia. A quel punto, Mosca sarà in grado di ottenere le richieste contenute nell’ultimatum di dicembre agli Stati Uniti e alla Nato. Questo potrebbe apparire un ragionamento talmente ottimista al punto da essere impossibile. Ma tuttavia, questo è ciò che Putin si aspetta. Ci sono delle buone notizie. Il fatto che questo piano gli sembra realistico dovrebbe evitare il rischio di una guerra nucleare, almeno nel breve termine. Ma la brutta notizia è che, prima o poi, Putin affronterà la realtà. In quel momento, quando il suo piano verrà ostacolato e la delusione sarà tanta, lui diventerà molto pericoloso. Per evitare uno scontro catastrofico, l’occidente deve realmente capire con cosa ha a che fare quando parla con Putin”.

(Traduzione di Gregorio Sorgi)

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