La Siria e “la nostra Guerra dei trent'anni”
Quello che sta succedendo in medio oriente e quelle somiglianze, per Andreas Kluth sull’Handelsblatt Global, con il lungo conflitto del Seicento
"Per trent’anni, il Sacro Romano Impero è stato il campo di battaglia di una guerra religiosa atroce”, ha scritto Andreas Kluth sull’Handelsblatt Global. “Ma allora, 370 anni fa, dopo cinque anni di tortuose negoziazioni, i principi e le potenze d’Europa hanno fermato lo spargimento di sangue, firmando tre dei più famosi trattati della storia. Questa cosiddetta ‘pace vestfaliana’ ha dato vita al sistema degli stati moderni. Questo potrebbe essere di speciale rilevanza, oggi, per chiunque sia preoccupato per il medio oriente. Per cominciare, entrambi i conflitti (la Guerra dei trent’anni e la guerra civile in Siria) sono scoppiate in ‘stati falliti’, per usare il lessico moderno. Diversamente dalla monarchia francese, spagnola o inglese, il Sacro Romano Impero non era riuscito a centralizzare il potere. Similmente, la Siria e lo Yemen, ma anche l’Iraq e altri stati della regione, non hanno un governo coerente dall’inizio delle primavere arabe. Secondo: l’intero medio oriente, come l’Europa centrale all’epoca, è percorso da fratture religiose. Il medio oriente oggi è diviso dall’islam sunnita e sciita. Terzo: oggi come allora, questa geografia settaria è un palcoscenico per le potenze decisamente agnostiche dei giocatori esterni risucchiati nel conflitto. Se dunque la Guerra dei trent’anni divenne un confronto tra super potenze regionali come l’Austria, la Spagna, la Francia, la Danimarca e la Svezia, il medio oriente d’oggi è una scacchiera di conflitto tra l’Arabia saudita sunnita e l’Iran sciita, ma anche per la Turchia, Israele, la Russia e gli Stati Uniti. Quarto: entrambe le guerre sono state fatte non solo dagli stati ma anche da milizie private. Quattro secoli fa, queste includevano imprenditori a capo di eserciti. Oggi si va dai gruppi ribelli curdi e siriani alle reti terroristiche. E tuttavia, la Guerra dei trent’anni è poi giunta al termine. Potrebbe essere lo stesso per la guerra in medio oriente”.
Per Kluth, “ci sono cinque prerequisiti perché questo avvenga. Primo: un gruppo considerevole di partecipanti deve capire che la guerra non è vincibile: nessun giocatore può prevalere sugli altri. Secondo: nelle negoziazioni di pace bisogna neutralizzare la questione religiosa, mettendo da parte le convinzioni di ‘verità’ teologica e separando la fede dalla politica. Terzo: i negoziatori devono concordare su un’amnistia generale di tutte le atrocità e ingiustizie avvenute. Questo è difficile da immaginare, nell’odierno medio oriente, ma lo era anche nella Germania del 1640. Quarto: servono nuove istituzioni regionali che risolvano le dispute tramite arbitrato piuttosto che la violenza. Quinto: le sopra menzionate potenze esterne devono, come fecero nel 1648, garantire credibilmente il trattato di pace. Questo significa che l’Iran, l’Arabia saudita, la Turchia, la Russia e gli Stati Uniti devono giocare ruoli simili a quelli della Francia, della Spagna, dell’Austria, della Danimarca e della Svezia di allora. Tutto questo, oggi, sembra inimmaginabile. Ma lo era anche quattrocento anni fa”.
Un Foglio internazionale
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