fauna d'arte

Dare corpo alle parole, con Stefano Boccalini

Francesco Stocchi e Gabriele Sassone

"Oggi le parole sono il luogo del conflitto". Parla l'artista e prof di di Arte Pubblica alla NABA. "Col mio lavoro cerco di stimolare pensieri e pratiche collettive. Partecipare significa coabitare"

Fauna d'arte è una ricognizione intergenerazionale sugli artisti attivi in Italia. Ci facciamo guidare nei loro studi per conoscere dalla loro voce le opere e i modi di lavorare e per capire i loro sguardi sull’attualità. Il titolo si ispira a una sezione di Weekend Postmoderno (1990), il romanzo critico con cui Pier Vittorio Tondelli ha documentato un decennio di cultura e società italiana. A differenza del giornalismo e della saggistica di settore, grazie a “Fauna d’arte”, Tondelli proponeva uno sguardo sull’arte contemporanea accessibile e aperto, interessato a raccontare non solo le opere ma anche le persone, il loro modo di vivere dentro l’arte. 

Oggi questo approccio ci permette ancora di parlare degli artisti, ma in futuro anche delle altre figure professionali come critici e curatori, galleristi e collezionisti, con lo scopo di restituire la complessità di un sistema attraverso frammenti di realtà individuali.


  

Nome: Stefano Boccalini

Luogo e data di nascita: Milano 30/10/1963

Galleria di riferimenti: Studio Dabbeni Lugano

 

Contatti social:

www.stefanoboccalini.com

www.centrocamon.it

www.studiodabbeni.ch

 

 

In che modo hai iniziato a fare l’artista?

Credo che fondamentale in questa scelta sia stato l’incontro con Gianni Colombo, sono stato suo allievo alla NABA, suo assistente nella stessa accademia e nel suo studio e suo amico fino alla sua prematura scomparsa, conoscere il suo lavoro da vicino e frequentare con lui il mondo dell’arte ha sicuramente rafforzato e strutturato il mio desiderio di intraprendere questa professione.

 

Com’è organizzata la tua giornata di lavoro?

Non c’è mai una giornata uguale all’altra, l’unica costante è che mi sveglio molto presto e sfrutto l’energia mattutina e la tranquillità che mi circonda per fare tutte quelle cose che richiedono concentrazione e lucidità.

Poi mi divido tra l’insegnamento alla NABA dove ho la cattedra di Arte Pubblica, l’archivio Gianni Colombo dove sono consulente scientifico, Monno in Valcamonica dove sono direttore artistico di Ca’Mon, un centro di comunità per l’arte e l’artigianato, i vari artigiani e le aziende che mi realizzano le opere, i vari professionisti con cui mi confronto e collaboro e il mio studio.

 

Che cos’è per te lo studio d’artista?

È il luogo dove tutto ciò che faccio e penso entra in relazione, è la casa che custodisce la mia storia e dove il mio passato, il mio presente e il mio futuro si incontrano. Non è mai stato per me un luogo dove pensare e progettare, in questo senso il mio studio è la vita stessa, la mia vita e le mie relazioni, la mia quotidianità.

   

Le foto dello studio sono state scattate da Stefano Boccalini

     

Quale ruolo ha l’arte nel mondo di oggi?

L’arte ci aiuta a spostare lo sguardo e ci permette di osservare la realtà da punti di vista diversi da quelli che siamo abituati a adottare e ci accompagna nella costruzione di un pensiero che va al di là dell’omologazione a cui tende la contemporaneità.

Per quanto mi riguarda, fare arte, è l’unico modo che conosco per dare senso alla mia vita e a ciò che la circonda.

 

Perché la parola è così importante per te?

Viviamo in un’epoca in cui le parole sono diventate un vero e proprio strumento di produzione e di captazione di valore economico, e hanno assunto una dimensione sempre più importante all’interno del contesto sociale.

Da molti anni la parola è protagonista del mio lavoro, una parola che si trasforma in materia e prende forma dalla sfera pubblica. Attraverso la fisicità con cui la metto in scena risulta un vero e proprio dispositivo di comunicazione e diventa un momento di riflessione su tematiche che riguardano tutti, a partire da quelli che consideriamo “i beni del comune”.  Attraverso il loro uso cerco di ridare peso specifico e valore collettivo al linguaggio, che per me è il “luogo” dove la diversità assume un ruolo fondamentale, diventando il mezzo con cui contrapporre al valore economico il valore “del comune”.

 

A quali artisti ti ispiri?

Ritorna il nome di Gianni Colombo che è stato un punto di riferimento per la costruzione del mio lavoro, lo spazio come luogo dell’esperienza è stato uno dei punti centrali nella sua opera, e fin dai primi lavori lo è stato anche per me. Ma se all’inizio il rapporto con lo spazio era di tipo fisico e si sviluppava attraverso il confronto con l’architettura e con il paesaggio, successivamente ho cominciato a considerarlo attraverso un insieme più complesso di fattori, sociali e antropologici. Lo spazio è così diventato, per me, un luogo dove attivare processi di conoscenza e di scambio fondati sulla condivisione, un luogo dove costruire appartenenze a partire da un desiderio comune.

 

Che cosa significa fare arte politica?

Per quanto mi riguarda significa occuparsi del contesto che ci circonda attraverso il lavoro che facciamo, significa avere un pensiero collettivo capace di innescare processi inclusivi, significa riuscire a rendere visibile le contraddizioni della contemporaneità dando forma, corpo, al nostro pensiero, quello che nasce dall’ascolto, quello capace di coltivare il dubbio.

 

A che cosa stai lavorando?

Proprio qualche giorno fa ho inaugurato GuardareAscoltareSognare, un’pera permanente per la città di Prato, un lavoro che interroga lo spazio pubblico e ci vuole far riflettere sul modo in cui lo viviamo, sto anche lavorando alla progettazione di tre opere permanenti, per la città di Viareggio, che saranno pronte entro la fine dell’anno. Contemporaneamente, ormai da quasi due anni sto lavorando alla definizione di Ca’Mon, di cui parlavo all’inizio di questa chiacchierata, un laboratorio permanente di sperimentazione e di ricerca che a partire da una condizione locale, vuole contrapporre la cultura della diversità e della biodiversità all’omologazione cui tende la società contemporanea. 

  

Le opere

  

Sappiamo Guardare, Sappiamo Ascoltare e Sappiamo Sognare, attraverso queste domande, lo spazio pubblico diventa il luogo dove ripensare le nostre relazioni, dove costruire nuove possibili strategie di coabitazione e dove immaginare nuovi modelli di sviluppo.

  

GuardareAscoltareSognare, opera permanente realizzata all’interno del progetto: Ripensare Piazza dell'Immaginario, a cura di Alba Braza, Prato, Italy, 2023.

Vernice su muro, 60 X 635 cm, Photo: Andrea Abati, Courtesy: Dryphoto arte contemporanea

  

Acciaio la parola Pubblica e ferro la parola Privata, col passare del tempo l’opera, a contatto con l’acqua, si modificherà e metterà in evidenza in modo sempre più preciso un concetto fondamentale: acqua come bene pubblico.

 

PubblicaPrivata, opera permanente realizzata all’interno del progetto: aperto_ art on the border, a cura di Giorgio Azzoni, Temù, Italy, 2015

Acciaio e ferro, 670 x 100 x 20 cm, Photo: Stefano Serretta, Courtesy: Distretto culturale di Valle Camonica

  

Le due parole fatte di pane sono pronte per essere consumate, e così facendo ci aiutano a riflettere sul funzionamento dell’economia e sull’impatto sociale delle sue scelte.

  

 

DebtCredit, opera vincitrice della quinta edizione del premio: Rotary Club Milano Brera per l’Arte Contemporanea e i Giovani, a Miart 2013, presentata nello stand dello Studio Dabbeni di Lugano, Milano, 2013

installation view, 2 scritte d'acciaio 8,9 x 27 x 3 cm. e 8,9 x 19 x 3 cm., 3 sacchi di carta contenenti pane, 2 basi di legno, Photo: Paolo Di Bello, Cortesy: Museo del Novecento, Milano

  

Col mio lavoro cerco di innescare processi di consapevolezza e stimolare pensieri e pratiche collettive

  

 

Europa 2014, Marque à Pain, 10 stampi copie, realizzate in legno di ciliegio, di dieci stampi di derivazione greco-ortodossa utilizzati per la preparazione di ostie o di dolci in occasione di feste religiose, dove ho sostituito alle scritte religiose, presenti negli oggetti originali, parole provenienti dal linguaggio economico.
10 bassorilievi realizzati in pasta di sale e colla vinilica prodotti utilizzando gli stampi in legno di ciliegio.

 

Opera realizzata per la mostra Food, curata da Adelina von Fürstenberg al Museo MuCEM di Marsiglia, misure variabili, Cortesy: Museo MuCEM, Marsiglia, Photo: ©MuCEM / Yves Inchierman

  

Qui le tradizioni non assumono un senso nostalgico ma trovano le condizioni per rigenerarsi e assumere nuove forme e diventano uno strumento per immaginare nuovi scenari.

 

 

La ragione nelle mani - Ohana, opera realizzata all’interno del progetto: La ragione nelle mani di Stefano Boccalini, vincitore dell’ottava edizione del bando Italian Council, programma a supporto dell’arte contemporanea italiana nel mondo promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, 2020

Legno intrecciato, 90 x 400 x 92 cm, Courtesy: GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

 

Installation view presso GAMeC, Bergamo, all’interno della mostra: La Collezione Impermanente #3.0, a cura di Sara Fumagalli, Valentina Gervasoni e A. Fabrizia Previtali, GAMeC, Bergamo, Italy, 2022

  

Nel mio lavoro la parola, oltre che materia, diventa il mezzo con cui contrapporre al valore economico il valore del comune.

 

 

Parole - Dono, opera esposta alla prima edizione della BienNoLo, a cura di Carlo Vanoni, Matteo Bergamini e ArtCityLab (Rossana Ciocca e Gianni Romano), Ex Laboratorio Panettoni Giovanni Cova, Milano, 2019

alluminio, rotelle, terra, fiori, 45 x 106 x 20 cm, Cortesy artista

 

Col mio lavoro cerco di stimolare pensieri e pratiche collettive

 

Economia - Christian Marazzi, 2014, Fusione in oro 18k, 1 × 6,5 × 0,3 cm, Photo: Paola Di Bello, Cortesy: collezione Rolla

  

Oggi le parole sono il luogo del conflitto

 

Europa 2014, opere realizzate per la mostra personale “Parole” a cura di Simone Frangi presso lo Studio Dabbeni, Lugano, 2014

Inchiostro litografico, pietra litografica, Photo: Paolo Di Bello, Cortesy: Studio Dabbeni, Lugano

  

Coppie di parole che creano un campo di azione su cui possiamo costruire altre parole

ParoleCrociate, 2022, Matita su carta, 30 x 21 cm, Courtesy: artista

  

Partecipare non vuol dire realizzare un’opera d’arte collettiva, che non modifica la posizione del partecipante, né lo determina come soggetto, ma significa creare una visione comune che sia in grado di costruire modelli di sviluppo inclusivi, significa coabitare.stefano boc

Quando Qualcuno, 2015, Opera realizzata per la mostra Spread the Word, Farmacia Wurmkos, Sesto San Giovanni, Italy

Incisione laser su acciaio, 1,5 x 17 cm, photo Stefano Serretta, Cortesy: artista

 

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