La vita e l'arte fuori orario di Ontani, in confidenza

Carlo Antonelli

L’acido, il sesso, la vivacità delle notti con Carmelo Bene e Paolo Villaggio: una pazza chiacchierata tra sculture e foto dipinte, ricordando i videotape

Rimasto esule a Bali per quattro mesi e mezzo seppur da sempre vaccinato, Luigi Ontani premette subito all’inizio della conversazione che non è in grande forma, è incupito. Meglio ancora, ribatto io. Lo studio è enorme e ci sono tutte le cose che fanno di Ontani l’Ontani che deve essere: sculture, chiamiamoli quadri (grandi foto con ritocchi di colore di gusto – diremmo malamente – indiano d’antan), oggetti stupendi di ogni tipo: sostanzialmente uno showroom. Il discorso è infinito, due ore e mezza. Anche per colpa mia. Cerco di arrivare a un punto poco esplorato, fuori dal teatro perfettamente oliato che l’artista utilizza da anni, una pièce recitata ogni giorno con maestria straordinaria, da teatro classico di alto livello, da Politeama. Pièce che nella sbobinatura si presenta come una conversazione sfrangiata. Dovete immaginare come dei frammenti di una canzone che già sapete. Un evergreen, ma con molte interruzioni in mezzo. Si parte da un classico, appunto. Hai mai avuto la sensazione di essere davvero un cane sciolto nel panorama artistico? La cosa più semplice. “No perché non ho nessun rapporto con la prossemica degli animali domestici – risponde – preferisco gli animali feroci”.

 

Eccolo qui, si è aperto il sipario. Rincalzo: “Hai mai sentito l’estraneità o addirittura l’esclusione? “No, l’estraneità è positiva, se vuol dire possedere una concentrazione, una simpatia sui Miraggi. Posso anche raccontare di quando cercavo di – come dire – avere indicazioni su come è sorta una mia mitologia, non ho mai ostentato nulla, né lo faccio oggi. Oggi mi rendo conto meglio di alcune cose, di questo ambiente. Ecco perché molti degli artisti si drogavano per reggere la società dell’arte. Io ho fatto anche dei viaggi in acido, in uno dei tanti viaggi. Pur non essendo un drogato, ho frequentato dei drogati che si sono allegramente autodistrutti. Se pensiamo ad esempio a Schifano, il risultato suo e del suo talento pittorico, è proprio dovuto anche a queste cose”. 

    
Era eroticissimo poi (dico io) Schifano e anche Franco Angeli – che era di una generazione precedente – era di una bellezza sconcertante. Non un caso che le attrici dell’epoca erano tutte intorno, le foto di gruppo rappresentano un gruppo di straordinari uomini incredibilmente sexy. Ontani: “Però certamente c’era un critico incredibile che, non spiritosamente ma polemicamente, diceva: a Roma risultano solo gli artisti se sono belli. Non lo so, probabilmente c’era soprattutto questa prospettiva di vivere un’avventura”.

 

C’era un aspetto di libertà sessuale? “Penso che anche in questo non da parte mia, c’è stato una posturazione di autoideale di ambivalenza, Come dire l’eccezione dell’ambivalenza che però non è possibile, non è facile, non è assolutamente facile realizzare. Tanto è vero che sono cose dell’acerba adolescenza, della tarda adolescenza. Cioè non significa un rifiuto di uno o dell’altro sesso. (Qui salta indietro al punto precedente, nda). Prima stavo dicendo che ho fatto questa specie di viaggio verso un Olimpo-Miraggio, dove c’erano tutti i personaggi della storia dell’arte della filosofia, eccetera, come un tempo infinito: c’erano Dante, Raffaello, Pinocchio…”. Ma quante volte ha preso l’acido? “No, ma io non voglio fare quello che…”. Beh, si mormora che Fellini lo pigliasse tutte le sere. “Fellini può dire tutto quello che vuole, penso che tutte le sere andasse dallo psicanalista”.

 

Carmelo Bene? “Carmelo appartiene a quel momento in cui dicevo era talmente facile essere tutti nella stessa stanza, ad esempio il bar Plinio lì all’angolo di piazza del Popolo. C’era sempre anche lui, sono andato a tutti i suoi spettacoli, questo lo posso dire. Quando ancora c’era tutta questa vivacità la notte – anche De Dominicis era sempre in giro – anch’io ero talmente allegro di poter vivere fuori orario, che bastava qualsiasi pretesto per fare l’alba. Ricordo la cosa più improbabile e paradossale: quando alla fine di tutto rimanevano Carmelo Bene, Gino De Dominicis e Paolo Villaggio e se ne andavano insieme a concludere la serata”. 

  

    

Diventa inevitabile, centrale chiedere del suo primo rapporto con l’Oriente, con la O maiuscola. “La prima consapevole visione dell’Oriente l’ho avuta attraversando la Jugoslavia dell’epoca, dove poi facevano un festival molto bello e quei luoghi mi fecero capire che stavo veramente un altro mondo. Era già l’Oriente, la sua porta era Sarajevo e poi anche lì è stato un caso di distruzione, di guerra. Il festival, al quale ero stato invitato da parte di Biliana Tomic, contemplava un po’ di tutto e io andai per via di questo montenegrino che apprezzava i miei primi film in Super 8 e video...”. Luigi Ontani – questo è indiscutibile – è pioniere del cinema sperimentale e dei primi utilizzi del video(tape) “Basta guardare in questa straordinaria società dell’arte”, s’infervora: “Prima facevano tutti i videotape, adesso fanno tutti le ceramiche… Ma cosa siete psicolabili? L’artista, secondo le proprie idee – ed è quello che credo io da sempre – può dipingere una foto, dipingere ad olio, fare lo specchio di Murano, fare anche i video. (Qui fa un altro salto all’indietro, di nuovo, nda). Il mio primo viaggio lo feci in India, in solitario, nei primi anni 70, sono andato in aereo se ben ricordo. Eh che ho fatto talmente tanti viaggi… niente, al primo viaggio andai a Delhi, poi ho preso un aereo per il Nepal che era proprio Arcadia, un quadro di Guercino, un mondo talmente affascinante, pastorale, al mattino andavo a bere la latte bollente nella piazzetta del tempio di Kathmandu”. 

  
Arcadia… a proposito, ma tutta questa nudità? “La mia nudità, l’ho ripetuto sempre, è l’esemplarità dell’essere nudi, possibilmente anche con un elemento di compiaciuta seduzione, evitando ogni volgarità e falsificazione. E perché è una possibilità di uscita dal tempo; questa e la fissità rappresentano un’altra possibilità per potersi sospendere su un infinito”. Ne approfitto per provare a chiudere per sempre la questione, a costo di sembrare ossessionato, a costo di ossessionarlo e senza davvero ridurre in alcun modo l’enorme corpo di lavoro di Ontani a questo. Però…

    
Senta, Ontani, una cosa che non si può proprio non notare è che ci sono in maniera ridondante degli elementi fallici… “Per tagliare corto sulla questione sessuale, non consumo in un senso che non vado a caccia né a pesca, né consumo proprio per quell’igiene etica perché proprio mi dispiacerebbe disturbare o consumare qualcun altro. Per cui ho vissuto il piacere, che non è soltanto il titolo di D’Annunzio. A Bali ho trovato una confidenza proprio attraverso il viaggio della maschera, da qui io ho fatto quel videoclip dove Bogam indossando la maschera diventa voce per i ragazzi delle risaie”.

  
Basta. Chiudiamola qui. Quando è nato lei? “Io sono nato sulla linea gotica durante i bombardamenti, non ho mai dato una data precisa”. Che palle, mamma mia. Non ci son riuscito. Di nuovo siamo ai bis (alla Paolo Poli, bonanima) delle rappresentazioni per gli abbonati di fascia A del circuito dei teatri dei capoluoghi regionali. Bye bye.
 

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