Il Figlio
Quando ormai era tardi. Tre racconti fulminanti di Claire Keegan
La scrittrice irlandese svela l’altra faccia del romanticismo, di quel sentimento spesso tradotto dai maschi in chiave lamentosa tra il patetico e l’infantile e che nasconde null’altro che un atteggiamento sussiegoso e spesso dettato da una tristezza di fondo mai del tutto esplorata
Nelle donne di Claire Keegan ogni decisione assume la forma di una fuga, o almeno questo è quello che pensano gli uomini che queste decisioni le accettano a malincuore o rifiutandosi di comprenderle pienamente. Esiste infatti un irriducibile armamentario retorico e strumentale che da i nomi alle cose e alle relazioni, organizzandole e definendole che diviene nel momento di una scelta considerata repentina e quindi non prevista (dall’uomo), l’ultimo baluardo in grado di distinguere lucidità da appannamento, il giusto da ciò che è sbagliato e in ultima istanza ciò che è bene da ciò che è male. E ovviamente l’errore sta tutto in quella scelta, in quella decisione che la donna ha preso liberamente che non può definirsi in altro modo se non che una fuga, con tutto quello che ne consegue, ovvero un malcelato (molto malcelato) disprezzo: una fuga codarda. Poi quando tutto è ormai troppo tardi prende corpo nell’uomo una leggera consapevolezza mista a pigrizia che non ha alcun sapore di nostalgia o di rimpianto, ma vive solo della forza frustrata di un tradimento subito.
E s’intitola proprio Quando ormai era tardi la fulminante raccolta di tre racconti di Claire Keegan che Einaudi propone nella nuova traduzione di Monica Pareschi. Le protagoniste sono tre donne alla ricerca di una sé stessa che possa definirsi tale lontano dai confort borghesi che hanno assunto la forma di un guinzaglio insopportabile. Tutto quello che pareva avere una forma rassicurante proprio per la sua permanenza quasi eterna si rivela infatti solo un inferno possibile e in alcuni casi addirittura drammaticamente reale. Claire Keegan svela l’altra faccia del romanticismo, di quel sentimento spesso tradotto dai maschi in chiave lamentosa tra il patetico e l’infantile e che nasconde null’altro che un atteggiamento sussiegoso e spesso dettato da una tristezza di fondo mai del tutto esplorata. Figli di una parodia da cappa e spada, i maschi di Keegan (e non solo quelli ritratti così accuratamente dalla scrittrice irlandese) vivono con una frustrazione intima che li rende subalterni in società e manipolatori in casa. Non è necessario dare forma a una violenza esplicita, da cui Keegan si guarda bene, ma è sufficiente mostrare quei sottili slittamenti che stanno esattamente tra la pigrizia e il sadismo oltre i quali una decisione va presa e per tempo.
Le donne che attraversano i tre racconti di Quando ormai era tardi sono alla ricerca di nuove emozioni erotiche, di nuove convinzioni intellettuali e di un futuro diverso. Non c’è un obiettivo prefissato, un target stabilito, ma una necessità profonda di darsi attraverso un ruolo, un lavoro e magari un orgasmo da troppo tempo assente, un senso pieno e riconoscibile, una forma del sé che non si possa più tradurre in un annichilimento taciuto quanto disperato. La fuga così percepita dagli uomini assume i contorni di un inseguimento. Una ricerca che porta spesso le protagoniste di Keegan però nuovamente verso l’uomo non tanto come approdo finale, ma come nuova possibilità. Una curiosità che avrà esiti tuttavia tragici. Keegan non offre infatti alcuna possibilità di consolazione, la sua nettezza è pari solo alla capacità letteraria di una narrazione tanto seducente e ambigua quanto implacabile. Quando ormai era tardi ha la forma di un trittico morale: la salvezza è nella possibilità di scelta in sé, non nel suo esito. La libertà è in quel movimento impulsivo che determina uno spostamento imprevisto, una curiosità stupendamente impenitente. Quello che viene dopo è lotta per la sopravvivenza. Prima di morire Kurtz in Cuore di tenebra sussurra a Marlow: “L’Orrore! L’Orrore!”, e lascia lui la foto di una giovane donna. Ma l’orrore non era il mondo, era Kurtz.