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Il figlio

Le tasche, per esempio. Storia di un'altra discriminazione

Annalena Benini

Perché i maschi hanno comode tasche in cui mettere tutto e noi donne tasche finte applicate? Vogliono forse piegarci alla noia della borsetta? 

Le tasche per esempio, sì le tasche. Le tasche sono sempre troppo basse, scrive Patrizia Cavalli. Secondo mia figlia invece le tasche delle donne sono troppo piccole, non ci sta niente dentro, a volte addirittura non ci sono, e lei ne fa una questione di genere. Si prova i pantaloni nuovi di velluto, cammina davanti allo specchio, si prova certe mie giacche che mi sono diventate molto strette o molto larghe, molto brutte insomma, e sbuffa: ma dove sono le tasche? Ma le tasche sono solo una cosa accennata, simbolica, per bellezza, dico io distratta (sto imparando che le distrazioni non sono ammesse, e che ogni cosa potenzialmente è un dramma).

Che cosa te ne fai delle tasche se vai in giro con un enorme zaino verde pieno di spille? Ora sento che è una trappola, sento che sto sbagliando, vorrei rimangiarmi tutto, vorrei mettere le mani in tasca e in effetti non trovo le tasche, sono cucite, sono finte. Lei mi fulmina: perché i maschi hanno comode tasche in cui mettere ad esempio il telefono e io non riesco a infilare in tasca neanche mezza mano? Vogliono forse piegarmi alla noia della borsetta? Sulla noia della borsetta inizio a concordare, mi chiedo perché, con tutta la fatica che già faccio, con tutti i fardelli interni ed esterni che porto, devo anche avere una cosa pesante appesa al braccio, o che mi sega una spalla, o che mi viene rubata con tutti i documenti dentro, o che diventa un buco nero in cui perdere tutto tranne vecchi scontrini e tappi di penne. Mi torna in mente che Emily Dickinson si era fatta cucire una tasca sul vestito, per metterci carta e matite, e glielo dico, così, sperando in una riabilitazione, sperando che lei pensi: però mia madre non è poi così male. Ma lei mi fulmina, perché io non ho fatto nessuna riflessione su questa tasca prima d’ora e mi sono adeguata mollemente alla grave discriminazione di non avere tasche profonde in cui riporre i miei averi, le mie chiavi, i miei soldi, le mie mani quando non so dove metterle. Dice che le donne non avevano tasche, prima, perché tanto non avevano niente da metterci dentro, non possedevano nulla, e che non avere le tasche significa non avere indipendenza e comodità. 


Provo a visualizzare le ragazze del Settecento, immagino che dentro quei vestiti potessero nascondere qualunque cosa, anche un coniglio, un’arma da fuoco, il veleno  da versare nel tè del marito. Ma non voglio contraddire quest’adolescente invidiosa delle tasche maschili, che tra l’altro io trovo molto brutte, sempre rigonfie e sformate, a volte arrivano fino quasi al ginocchio. So che le tasche, per quanto grandi, sono sempre una scusa, un inganno, un ricatto per far portare tutto a me.  Puoi mettere per favore le mie chiavi nella tua borsa? Puoi mettere per favore questo libro di mille pagine nella tua borsa che in tasca non  ci sta? Puoi mettere nella tua borsa la bottiglia di vino da portare alla cena, che in tasca non ci sta? No, scusa ma no. Hai voluto le tasche? Facci stare tutto. Fattene cucire altre. Usa il borsello, prendi tu la borsetta. Se davvero le tasche sono la prova di una discriminazione contro le donne, il segno di un’inferiorità, allora io invece di invocare altre tasche addosso a me invoco una grande tasca vivente che mi porti le cose e che cammini veloce. Il computer, il portafogli, il Brufen, il mascara, i libri, la posta, le penne, le chiavi. Intanto mia figlia continua a camminare davanti allo specchio. Scuote la testa, scuce le tasche e dice: comunque Emily Dickinson era una boss.    

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.