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il figlio

La vita cambia in un minuto e bisogna essere pronti a mentire

    Annalena Benini

Un attimo fa cercavo di convincerla a dormire senza di me, ora lodo un tatuaggio

Un minuto prima eravamo impegnati a disperarci durante i ponti scolastici e le vacanze in genere, perché dove ti porto figlia mia? Se il mio sogno è un divano lungo quattro giorni ma devo lavorare, e un minuto dopo eccola che fa il check-in e parte per Madrid con le sue amiche. Un minuto prima potevo esercitare il mio potere di nevrosi sulle valigie, un minuto dopo non avevo idea di che cosa avesse messo nello zaino. Le mutande? Mamma dai ti prego. Le hai prese o no? Non ti rispondo. Le calze? La sciarpa? Qualcosa di pesantissimo? Mamma, sembri la nonna. Sicura che non ti serve una short list di cose essenziali tipo il passaporto e il caricabatterie? Sicurissima, ciao. 
E quindi è partita con questo zaino mezzo vuoto, ma poiché, lo confesso, ho spiato, so che dentro c’erano una scimmia di peluche e le poesie di Emily Dickinson. Non ho visto mutande ma avevo paura che mi scoprisse e ho fatto velocissima. È partita promettendo di rispondere ai messaggi, e infatti ha risposto ai miei messaggi dopo soltanto diciotto ore e non dopo quarantotto come da sua abitudine. È stata gentile, e il secondo giorno mi ha mandato perfino un video per farmi vedere come stava bene: lei seduta su questo balcone assolato con vista sulla città, in maglietta a maniche corte. Stavo per commuovermi per tanta sollecitudine, mia figlia che condivide con me il balcone assolato, quando qualcosa nel video ha attirato la mia attenzione. Qualcosa sul braccio nudo  attaccato alla mano che teneva il telefono. Qualcosa che, nelle successive cento volte in cui ho riguardato il video, assomigliava ogni volta un po’ di più a un tatuaggio a forma di coniglio. Un coniglio enorme. Le ho scritto, le ho telefonato per chiederle se quella cosa che sembrava un tatuaggio enorme fosse in realtà un trasferello, un disegno con la biro, o un mio abbaglio. 


Ho aspettato diciotto ore per avere una risposta. La risposta è stata, a velocità due punto cinque: mamma sì è un tatuaggio ma non dirlo al babbo, glielo dico io quando torno, ce lo siamo fatto tutte, sai non ci hanno chiesto i documenti ti piace è bellissimo vero?, e da lì cento foto di questo coniglio con la faccia umana. Bruttissimo. 
Scusa ma: è enorme.
No guarda: è piccolo.
A me sembra enorme.
No, è piccolo. È un coniglio medievale, che può viaggiare fra i mondi con un salto. Ti piace? Sei contenta? A me piace moltissimo. Non so cosa rispondere, ma capisco in un lampo che è il momento di mentire. Del resto è un coniglio, non un’ancora. Un coniglio, non una scritta assurda. Un coniglio, come il coniglio di Alice sempre in ritardo, e insomma niente di più adatto. Sì beh, è molto carino.


(Non vorrai mica essere la madre che si arrabbia per un tatuaggio? Non vorrai mica fare questa figura indecente? No, non voglio! Sono disposta a dire un sacco di bugie, sono disposta anche a farmi un tatuaggio a forma di ancora). È finita che io ho mantenuto il segreto sul tatuaggio, è finita che mia figlia è tornata da Madrid molto felice, con le maniche corte per far vedere il suo tatuaggio, il primo della vita di questa famiglia, è finita che nessuno si è accorto del tatuaggio nonostante le maniche corte ed è stato necessario fare un annuncio specifico. Un minuto prima non sapevamo come convincerli a dormire senza di noi, un minuto dopo siamo qui a lodare tatuaggi pur di sentirci ancora un po’ amati.
 

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