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Il Figlio

 Un incubo sul Natale sparito e la permalosità dell'inconscio

Annalena Benini

Quando i sogni rassomigliano troppo alla vita e il dubbio è su chi sia l’alieno fra noi

Quest’anno, ho deciso, niente Natale. L’ho detto una sera a cena, molto seriamente. Tanto a voi non importa, tanto non mi aiutate mai, tanto l’albero alla fine lo facciamo io e il gatto, tanto il vero Natale è interiore, tanto siete grandi e non mi volete più bene. In modo per nulla vittimistico ho fatto il mio annuncio, mi sono presa la scena, brandendo un cucchiaio. Ho anche premesso, con aria grave: devo dirvi una cosa importante. Volevo sinceramente godermi un po’ l’effetto bomba della notizia, invece soltanto il cane ha guaito, ma lui guaisce sempre, basta incrociare il suo sguardo per sbaglio, e nessun altro ha interrotto quello che stava facendo. Mi hanno guardato brevemente, come si guarda una mosca che sta passando di lì, poi hanno ripreso i loro discorsi. Parlavano di tecniche di sopravvivenza in caso di invasione degli alieni, uno dei loro argomenti preferiti (come barricare la porta, come procacciarsi il cibo, come bruciare i libri per scaldarsi, quale genitore sacrificare per primo alla fame aliena, di solito la madre, come evitare di perdere il wifi) e lo facevano come se io non esistessi, come se non avessi appena dato la notizia più importante dell’anno.

Niente Natale, niente regali, niente pranzi e cene, niente corse dell’ultimo secondo per i regali, niente attese spasmodiche del corriere di Amazon, niente ricerca dei migliori tortellini del mondo, niente comparazioni con i Natali passati, niente profumo di cannella, niente candele rosse da rivalutare: ero ormai Scrooge, anche fisicamente, e a nessuno importava niente lo stesso. Parlavo, parlavo, e intanto nemmeno il cane mi guardava più, nemmeno i gatti mi saltavano in braccio, perfino la tavola mi dava le spalle, le forchette si giravano dall’altra parte. Ma che sta succedendo, che cosa devo fare pe attirare la vostra attenzione?, gridavo, e loro niente, continuavano a discutere di questi alieni che avrebbero invaso la città e allora forse conveniva scappare attraverso le fogne e raggiungere il mare. Non ero più niente, non ero neanche Scrooge, ero meno di una mosca che passa e adesso anzi qualcuno mi stava scacciando con una mano gigantesca e piena di anelli orrendi, orrendi come gli anelli di mio figlio, forse erano quelli gli alieni? Ma quindi i miei figli sono gli alieni? Oppure io?

E poi mi sono svegliata ed era l’alba e c’era un uccellino che mi guardava dalla finestra. Appena mi sono mossa, è volato via. È un grande sollievo che certe cose assomiglino tantissimo alla vita ma poi non siano davvero la vita, siano solo dei sogni, che alla fine li puoi scacciare come una mosca e ricominciare da capo. Non mangerò mai più la carne rossa di sera, lo giuro. Anzi non la mangerò mai più per sempre e farò solo sogni stranissimi che non somigliano per niente alla vita. Ma soprattutto, oggi ventiquattro novembre, è praticamente la vigilia di Natale e io devo ancora fare tutto. I regali, i tortellini, l’albero, i mandarini, le decorazioni, la neve, l’agitazione. Ho raccontato questo incubo a mia figlia, per spiegarle quanto il mio incoscio si senta poco considerato, e lei mi ha detto che è incredibile come io riesca a essere permalosa anche in sogno. Ho detto: e voi riuscite a fregarvene di me anche in sogno. È evidente che non posso migliorare il mio carattere, ma posso  fare di tutto per riscattarmi dall’idea assurda, inconcepibile,  di  voler rinunciare al Natale. 
 

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