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Evviva le vacanze di Pasqua, ingiustamente considerate una sciagura

Annalena Benini

La riabilitazione del ponte sospeso sulle nostre vite, e qualche istruzione per sopravvivere dentro casa

La prima ad annunciarmelo è stata la professoressa di Matematica, ai colloqui con i genitori. Mi ha guardato con la faccia delle cattive notizie, e ha detto: poi c’è anche questo problema. Pronunciava: problema, ma i suoi occhi dicevano: sciagura. Ho pensato che mia figlia fosse stata sorpresa nei corridoi a fumare, o che avessero individuato in lei la colpevole del water distrutto nel bagno dei maschi (lei sostiene di non andare mai in bagno a scuola, dice che piuttosto muore di crampi, quindi io mi sarei trovata nella spiacevole condizione di madre che, dopo inutili appelli al garantismo, si ritrova a denunciare sessismi, gogne mediatiche e macchine del fango. Ero quindi già pronta, da innocente, a patteggiare per la sostituzione del water).

 

Invece la sciagura era un’altra, e mia figlia non ne aveva colpa, ma era coinvolta nella disgrazia, e così tutti gli studenti di tutte le scuole italiane: le vacanze di Pasqua. Le vacanze di Pasqua che si allungano fino a inglobare la festa del 25 aprile, costruendo quindi un unico lunghissimo ponte sospeso sopra le nostre vite quotidiane e sopra i nostri tormenti: il ponte in alcuni casi supera anche il primo maggio e fa ritornare a scuola tutti il giovedì di due millenni dopo, con la beata certezza che il sabato sta per arrivare e che la scuola è quasi finita.

 

Ho ricevuto la notizia con occhi sgranati sopra il calendario del telefono, mentre la professoressa sembrava volersi scusare e prometteva di organizzare pomeriggi di studio a casa sua, “per recuperare il programma”. Avrei dovuto tranquillizzarla, dirle che non saranno due giorni in più a Pasqua a farmi sogghignare contro le vacanze degli insegnanti, avrei dovuto dirle che la considero eroica lo stesso, ma eravamo entrambe troppo sconvolte e ci siamo limitate a una lunga stretta di mano carica di significato, visto che l’insegnante di Matematica ha tre figli in età scolastica. E una volta uscita al sole, mentre sui telefoni tutte le chat di tutte le scuole si accendevano piene di sdegno e di improvviso senso del dovere e del ritmo delle lezioni, ho pensato che in realtà io sono contenta.

 

Contenta che da ieri mattina mio figlio abbia il compito di prepararmi la colazione, contenta che tocchi a mia figlia portare fuori il cane appena alzata, contenta di non uscire di casa alle sette e quaranta del mattino (sette e cinquantasette, va bene), contenta di avere questi giorni davanti così diversi, che finiranno probabilmente con i telegiornali pieni di genitori che prendono a pugni il portone della scuola. Ma l’appagamento del desiderio che cos’è, in confronto alla potenza del desiderio che la scuola riapra? Questa attesa sarà già di per sé una gioia, e intanto, visto che mia figlia ha scoperto Bruce Willis in canottiera sporca di tutto e ha deciso che è bellissimo, ho la scusa per riguardare tutti i Die Hard esistenti mangiando panini con il burro di arachidi, preparati da lei. E posso gridare, scimmiottando il padre di Natalia Ginzburg: ma non ce l’avete una vita interiore?, ogni volta che diranno: mi annoio.

 

Per qualche sera non dovrò minacciare tutti di morte se non si addormentano entro dieci secondi, non dovrò firmare giustificazioni, fingere di conoscere tutte le capitali dell’Asia, uscire di notte nella tormenta alla ricerca di un foglio di cartoncino color porpora su cui incollare la ricerca sull’islam. Urlerò ogni dieci secondi: sto lavorando! Fate tacere quel cane!, e quando proprio mi si gonfierà qualcosa di violento dietro le pupille, mi ricorderò delle considerazioni di Shirley Jackson, grande scrittrice esperta di terrore, incubi e figli dentro casa: il lato positivo di avere figli adolescenti, o quasi adolescenti, o con fratelli adolescenti, è che sono molto permalosi. Si offendono per tutto, ne fanno una questione di orgoglio, gli ormoni li trasformano in persone paranoiche. Basta quindi dire: metti a posto la tua camera, che è un porcile, perché questi figli spariscano, offesi, sbattendo la porta, certi che l’universo stia complottando per distruggere loro la vita e l’autostima. Non metteranno a posto la stanza, ma non usciranno da lì per molte ore. Sarà come andare in vacanza, e sarà bellissimo, poi, ritrovarsi tutti insieme in cucina a notte fonda per mangiare i resti delle uova di Pasqua.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.