Quando l'arrivo dei buoni fa più paura. Sul caso Oxfam e dintorni

Annalena Benini

Se anche una sola ragazzina avesse paura del sorriso dei suoi soccorritori, sarebbe il trionfo del buio

La possibilità del male si annida ovunque, appartiene agli esseri umani, e stupirsi delle molestie sessuali avvenute nelle Ong umanitarie, avvenute nei luoghi delle emergenze umanitarie e anche nei confronti di persone bisognose di aiuto umanitario è probabilmente molto ingenuo, ma questo è quello che è successo e che è stato rivelato: una catena di sopraffazioni che contribuisce a scoprirne altre, continuamente, e che fa pensare che nemmeno le scelte di vita abbiano valore.

 

Se ad Haiti, nei Caraibi, dove nel 2010 c’è stato un terremoto furioso, arrivano i membri di un’organizzazione non governativa molto importante, che sicuramente ha aiutato e continuerà ad aiutare moltissime persone, gli ultimi della terra, i poveri e i disperati, allora si dovrebbe essere autorizzati a pensare: adesso andrà meglio. Adesso mia figlia starà meglio, adesso ci daranno da mangiare, ci aiuteranno, si occuperanno di noi, saranno buoni. Sono lì per quello, è la loro missione e anche il loro orgoglio: loro sono i buoni, sempre. C’è così tanto legittimo desiderio, nel fare il bene, di salvare se stessi, di dare un senso alla propria esistenza mettendosi dalla parte dei deboli, che torturare i deboli e organizzare feste a luci rosse con ragazze costrette a prostituirsi, ragazze che dovrebbero essere salvate e invece vengono umiliate, fa pensare che nessuna vergogna lacerante potrà bastare a rimediare a questo genere di soprusi. Questo genere di soprusi, denunciati e anche non denunciati, ammessi da Oxfam dopo l’inchiesta del Times del 9 febbrario scorso (alcuni degli operatori, tra cui l’allora direttore della missione umanitaria post terremoto ad Haiti, avrebbero pagato delle prostitute, anche minorenni, arrivando perfino a costringere gli autisti a procurare ragazze, persone sopravvissute al terremoto e evidentemente in condizioni di difficoltà: Oxfam ha confermato le inchieste del Times e dell’Observer), fa pensare che la sete di potere, anche potere sessuale ovviamente, è così smodata che nessuna evidenza, nessuna ragione sociale, nessuna etichetta di bontà, religiosa o laica, potrà mai consentire a un essere umano in difficoltà di dire: sono al sicuro. O almeno di dirlo ciecamente, di affidarsi con totale abbandono a qualcuno perché ci si sta affidando ai buoni.

 

Dopo lo scandalo Oxfam, che continua a crescere, ci sono state le autodenunce di Medici senza frontiere (ventiquattro casi di molestie e abusi sessuali registrati l’anno scorso fra i ventiquattromila dipendennti) e di Save the children (trentun casi di presunte molestie avvenute fra i membri dello staff l’anno scorso, sedici licenziamenti): non è Hollywood, non sono i venditori di sogni, non sono i profittatori di ingenuità e ambizione, non è l’equivoco insopportabile che si moltiplica sul corpo esposto di un’attrice, e non è il mostro pubblico sul quale costruire una rivoluzione, ma è il mondo intero. I cattivi, i buoni, i carnefici, i salvatori.

 

Se un uomo arrivato ad Haiti, in Ciad, in Sudan, con il preciso compito di aiutare persone in difficoltà, di organizzare e regolare un nuovo inizio, anche con il compito di trasmettere i principi su cui è fondata l’organizzazione che si serve di lui, è capace di usare il proprio evidente potere e la propria superiorità sociale per godere della debolezza di una donna bisognosa di aiuto, chiedendole in cambio una sottomissione sessuale, o pagandola per una prestazione a cui lei è costretta per necessità, aggiungendo sofferenza a sofferenza, allora bisogna avere ancora più paura dei buoni, e in quale salvezza si può sperare se le persone che dovrebbero risollevare un paese lo distruggono intimamente, con consapevolezza totale, con abuso del proprio business, o mestiere, di salvatori? Arrivano i buoni, quindi, è solo un’altra minaccia. Una ragazzina di Haiti che avesse paura delle facce sorridenti dei soccorritori sarebbe lo sfacelo della civiltà, sarebbe il trionfo di qualcosa di buio. Forse è stupido pensare che chi abbia nel proprio statuto la bontà come scelta nemmeno religiosa ma umanitaria debba essere immune dalla disumanità, ma leggere delle “orge in stile Caligola” ad Haiti, con le magliette con la scritta Oxfam, e del dirigente che ha poi spostato in un altro paese bisognoso le sue pretese di dominio, fa crescere lo smarrimento di una domanda: ma quindi che si fa, che facciamo? Se chi spende la vita nell’aiutare gli ultimi li considera ultimi fino a questo punto, si approfitta degli ultimi con questa infinita vomitevole indifferenza.

E invece, poiché non bisogna demordere, si deve andare avanti e dire soltanto: non succederà mai più.

  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.