Federigo Argentieri (foto ANSA)
IL BI E IL BA
Le dimissioni da Limes siano d'esempio anche per i talk-show
Da Floris a Formigli, fino a Berlinguer. Sono anni che li vediamo ogni settimana sugli schermi, e loro probabilmente sono convinti in buona coscienza di fare sempre lo stesso mestiere. Ma ogni tanto è utile mettersi allo specchio è domandarsi: creare una “nube tossica” sull'Ucraina fa bene alla salute dell’informazione democratica?
Sono troppo laico e tollerante per non rabbrividire davanti agli autodafé inquisitoriali, alle autocritiche staliniane o alle sessioni di lotta maoiste; caldeggio molto, viceversa, gli esami di coscienza professionali, perché spesso il mestiere che uno fa e il mestiere che uno crede di fare non sono affatto lo stesso mestiere, se non nominalmente. Mi auguro perciò che qualcuno colga l’occasione offerta dall’intervista di Adnkronos al professore Federigo Argentieri, dimissionario da Limes, sulla “nube tossica mediatica” che avvolge la guerra in Ucraina e sulle redazioni televisive che aspettano il prime time per alluvionare il pubblico di panzane. Il mio pensiero va soprattutto ai conduttori dei talk-show. A Giovanni Floris, che abbiamo imparato ad apprezzare vent’anni fa per il suo visino pulito e paffuto da primo della classe e il suo curriculum impeccabile da beneducato rampollo dell’università liberale e dell’informazione europeista; o a Corrado Formigli, l’allievo di Michele Santoro che sembrava voler seguire in tutto il maestro salvo che nella compiaciuta mascalzoneria, e che era meno appesantito, per ragioni generazionali, dalla catena antica di solidarietà e ostilità ideologiche che rendono sempre così prevedibile l’autore di Samarcanda. Su Bianca Berlinguer e altri osserverò un caritatevole silenzio.
Sono anni, in qualche caso decenni, che li vediamo ogni settimana sugli schermi, e loro probabilmente sono convinti in buona coscienza di fare sempre lo stesso mestiere. Ma l’abitudine obnubila, e ogni tanto è utile mettersi allo specchio; magari allo specchio di una trasmissione dei loro esordi. Com’è possibile, potrebbero domandarsi, che di concessione in concessione, di accomodamento in accomodamento, la mia funzione è diventata quella di porgere un microfono a perfetti cialtroni, pataccari, mestatori e mitomani in un tripudio di applausi, spesso senz’ombra di contraddittorio? Creare una “nube tossica” fa bene alla salute dell’informazione democratica? È questo il mio mestiere? E soprattutto: è questo che volevo?
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