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L'antisemitismo che nessuno vuole affrontare

Guido Vitiello

Seppur riconosciuto come un problema da tutti, si preferisce ignorarlo per paura di perdere voti, qualche copia venduta o qualche punto di share. L'ex direttore di Charlie Hebdo, Philippe Val, scrisse che "l'antisemitismo spunta come un herpes inguaribile sulle labbra dei giustizieri di questo mondo"

Da un pamphlet forse non indimenticabile traggo un passo che è senz’altro memorabile: “In periodi di crisi, quando gli anticorpi si indeboliscono, l’antisemitismo spunta come un herpes inguaribile sulle labbra dei giustizieri di questo mondo, dei liberatori degli oppressi e dei salvatori degli umiliati. È come la peste che affligge gli animali malati della favola di La Fontaine: non tutti ne moriranno, ma tutti ne sono colpiti. Non tutti sono antisemiti, ma tutti sono compatibili con gli antisemiti, e questo in fin dei conti è ancora più grave”. Così Philippe Val, già direttore di Charlie Hebdo, nelle prime pagine di La gauche et l’antisémitisme, pubblicato a maggio dalle Éditions de l’Observatoire. È un problema che tutti, a chiacchiere, sono disposti a riconoscere, ma che nessuno sembra avere il coraggio di prendere di petto, per la preoccupazione meschina di perdere qualche voto, qualche copia venduta, qualche punto di share, qualche manciata di follower. Nei primi anni Sessanta il Partito radicale (quello di epoca pre-pannelliana) si sfasciò quando l’allora giovane Renzo De Felice dimostrò che il segretario Leopoldo Piccardi aveva partecipato, più di vent’anni prima, a un convegno giuridico italo-tedesco su razza e diritto. Intransigenze di un partito intransigente, si dirà. E di certo fu anche un pretesto per scatenare una crisi di cui c’erano già tutte le avvisaglie. Però il paragone con i nostri tempi “compatibili con gli antisemiti” resta comunque avvilente. Partiti, movimenti, università, giornali, case editrici, festival culturali e soprattutto talk-show sanno benissimo che nel loro habitat pascolano bestie colpite dalla peste dell’odio antiebraico. E però, per restare all’esempio di La Fontaine, non solo non hanno il coraggio di cacciare via il leone, come fecero i vecchi radicali mettendo sotto accusa il loro segretario; questi non sono disposti a sacrificare, per fedeltà a un principio, nemmeno l’ultimo dei loro asini.

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