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Il Bi e il Ba
No, Falcone non era contrario alla separazione delle carriere
L'intervista in cui avrebbe denunciato il rischio di una subordinazione della magistratura inquirente all'esecutivo non esiste. Una balla lanciata dal Fatto e rilanciata da tutta la galassia pentastellata. Ma le inequivocabili posizioni di Falcone sono un ostacolo troppo ingombrante per gli avversari della riforma
Mi piace l’odore dei microfilm al mattino. Mi aiuta a calarmi nella parte del detective di un giallo italiano degli anni Settanta, prima di Google e delle sue asettiche barre di ricerca, quando mani guantate di pelle nera percorrevano file di faldoni su uno scaffale impolverato. Solo per questo vezzo bovaristico, non certo perché non mi fidi delle indagini del bravissimo Damiano Aliprandi che ne ha scritto martedì sul Dubbio, ho inforcato gli occhiali scuri e sono andato in emeroteca a fare di persona i miei accertamenti: ebbene, confermo che l’intervista a Giovanni Falcone su Repubblica del 25 gennaio 1992 citata in questi giorni dagli avversari della riforma Nordio non esiste.
Dunque la frase incriminata (“Temo che si voglia, attraverso questa separazione delle carriere, subordinare la magistratura inquirente all’esecutivo”) è una balla. Ma come tutte le balle anche questa – lanciata dal Fatto, rilanciata da tutta la galassia pentastellata e raccolta per l’occasione anche da Francesca Albanese, il cui scrupolo nel verificare le fonti è ormai proverbiale – ha cominciato a rotolare e a tirar giù una valanga. La verità resterà sepolta sotto la neve per anni, perché la rete ha la memoria lunga e gli spazzaneve dei rettificatori possono ben poco. Anche senza conoscere l’esatto dosaggio di malizia e di cretineria nella mente di chi ha confezionato il piccolo falso, la motivazione è evidente: le idee inequivocabili di Falcone a favore della separazione delle carriere, ribadite in mille occasioni, sono un ostacolo troppo ingombrante sulla strada di chi pretende di marciare intonando la cantilena travagliesca della riforma Craxi-Gelli-Berlusconi. E allora tanto vale aggiungere un altro chiodo ai tanti che da trent’anni un revisionismo cinico e interessato – a volte inventando di sana pianta, altre volte prendendo fischi per fiaschi – sta piantando sulla bara di Falcone. Mauro Mellini, in un pamphlet del 1991, li battezzò impeccabilmente: Gli sciacalli dell’antimafia. Sappiamo tutti di cosa si nutrono gli sciacalli.