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Il Bi e il Ba

Le parole di Alberto Savinio, dopo due ore di prigione

Guido Vitiello

Tanto gli bastò per comprendere che "il carcere ha il fine dichiarato di punire il delinquente (...), ma anche quello non confessato di logorare la sua salute e dunque in parole povere di ucciderlo"

Forse i tre giorni di carcere proposti da Leonardo Sciascia per tutti gli aspiranti magistrati sono troppi, per non parlare dei sei mesi in gattabuia che pretendeva Enzo Tortora. Ad Alberto Savinio, nell’estate del 1915, bastò molto meno (lo avevano messo in una prigione militare perché era uscito di caserma senza permesso a comprare delle medicine). Il suo resoconto si legge nella Nuova enciclopedia:

“Due ore di prigione non sono molte ma mi sono bastate egualmente a farmi conoscere il ‘senso’ della prigione. Ho saputo anzitutto che cosa significa il sentirsi reclusi, e in luogo per di più che i carcerieri si studiano di rendere più scomodo e antipatico che possono, privandolo in gran parte dei due principali elementi di vita che sono l’aria e la luce; perché il carcere ha il fine dichiarato di punire il delinquente e di metterlo in condizione di non nuocere alla società, ma ha anche quello non confessato di logorare la sua salute e dunque in parole povere di ucciderlo. Ho saputo oltre a ciò che cosa significa la promiscuità forzata e l’impossibilità di isolarsi e nascondersi a un prossimo col quale ‘non si vuole aver rapporti’ (in quell’unica cella eravamo in quattro o cinque); ho saputo che cosa significa la rinuncia al pudore più elementare e lo schifo di quel recipiente posato in mezzo alla cella e adibito ai bisogni corporali dei carcerati. Ho conosciuto infine il sentimento dell’iniquità e che cosa si risente quando l’autorità d’improvviso e arbitrariamente si abbatte su te, e senza esaminare la tua presunta colpa s’impadronisce della tua persona, arresta la tua libertà, rende vana la tua volontà, impossibile la tua difesa, e ti punisce”.

Due ore, come si vede, possono bastare. A patto, s’intende, che a scontarle non siano solo i magistrati tirocinanti, ma anche i ministri della giustizia, subito dopo il giuramento. 
 

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