Ansa

Il Bi e il Ba

Il dibattito pubblico è ormai al livello "tema d'attualità" del liceo

Guido Vitiello

La guerra di Gaza ha esasperato l'andazzo, dando vita a esibizionismo dell'empatia, esami di coscienza non richiesti e occasioni per fingersi Primo Levi. In ogni caso, l'ego dell'intellettuale ostruisce del tutto la visione dei palestinesi. Ma c'è chi si spinge anche oltre 

L’egemonia culturale dell’assemblea di istituto – il dibattito italiano ridotto a una baruffa tra liceali attempati – ha un corollario spesso trascurato: il modello implicito di tanti giornalisti, intellettuali e scrittori (soprattutto scrittori) è il famoso tema di attualità. Divagazioni retoriche su foglio protocollo a partire da qualche notizia, con eventuali rimandi ai classici o ai miti greci, sempre apprezzati dal corpo docente. La guerra di Gaza ha esasperato l’andazzo. Da tempo ho idea di compilare una piccola antologia del “Gaza kitsch” degli scrittori italiani, non fosse che sono pigro. Posso anticipare che ho individuato tre filoni principali: 1) esibizionismo dell’empatia, dove le lacrime dell’autore scorrono così copiose da ostruire del tutto la visione di Gaza; 2) esame di coscienza del letterato che è richiamato dalla tragedia di Gaza a interrogarsi sul proprio mestiere, e a farlo così accanitamente da scordarsi, strada facendo, di Gaza; 3) bovarismo dell’inesperienza, ovvero: siccome negli anni Quaranta non ero nato e catastrofi vere non ne ho vissute, ecco la mia occasione per fingermi Primo Levi fingendo che Gaza sia Auschwitz. In tutti e tre i casi vien da dire, parafrasando Risi su Moretti: scànsati, e fammi vedere i palestinesi.

Ieri però sono incappato in un post di Veronica Tomassini (scrittrice che collabora con il Fatto) che mi ha costretto a inaugurare un quarto filone. Dice così: “Sto ancora piangendo. Si sono fermati a Siracusa, al Porto, con una imbarcazione che sembra un peschereccio. Torneranno a Gaza con a bordo aiuti umanitari, una sfida celeste, giornalisti e medici. Lui si chiama Yazan. Ed è la cosa più bella che mi sia capitato di vedere. I suoi occhi, il suo ardore e la sua innocenza. L’avrei stretto al cuore, lui e tutte le creature della sua terra. Tutti olocausti”. Fin qui rientriamo nel canone (una combinazione del primo e del terzo filone), ma in coda arriva il colpo di scena: “Israele compie il secondo deicidio. Viva la Palestina”. Il secondo deicidio? Sono perplesso. Come devo battezzarlo, filone Mario Appelius?

Di più su questi argomenti: