L'idea della separazione delle carriere risale ad Apuleio

Com’era prevedibile, noiosamente prevedibile, nel dibattito in aula sulla riforma della giustizia la solita compagnia di madrigalisti moderni ha voluto eseguire il brano più sperimentato del suo repertorio, che potremmo battezzare Il sogno di Licio Gelli. La frottola – in senso musicale, s’intende – l’hanno intonata, a cappella, diversi senatori pentastellati e democratici: state realizzando il piano della P2, la separazione delle carriere era un’idea di Gelli! Mi permetto di segnalare agli eccellentissimi musici che come cospirazionisti non valgono granché. Il nostro progetto, infatti, è ben più antico del Venerabile e della sua loggia, più antico perfino della massoneria, tanto che lo si può far risalire a uno dei suoi ispiratori della tarda antichità, l’Apuleio del Pro se de magia liber, anno domini 158.

Ricordate la storia di Emiliano e dei pesci? No, non mi riferisco agli omaggi ittici ricevuti dall’omonimo governatore della Puglia, e neppure alla sua immortale autodifesa (“Mi processo davanti a tutti per quattro spigole e cinquanta cozze pelose”, Pro se de modiolis barbatis liber, 2012). Apuleio fu accusato da Sicinio Emiliano di aver usato dei pesci per losche operazioni di magia, e si difese con argomenti che possono valere a tutt’oggi contro ogni calunnia. Ma tra le righe, laddove solo gli iniziati sanno leggere, il Maestro alluse anche al grande arcano, ossia la radicale incompatibilità psicologica tra accusa e giudizio: “Sei venuto ad accusare o ad interrogare? Se ad accusare devi proprio tu provare quello che dici; se ad interrogare non anticipare giudizi su ciò che sei costretto a domandare, appunto perché ignori”.

Amici madrigalisti, sono quasi duemila anni che complottiamo. Abbiamo assoggettato praticamente tutto l’Occidente civile, dove le carriere sono già separate da tempo immemorabile. Ora tocca all’Italia.

• Guido Vitiello