I funerali di Sergio Ramelli (foto Olycom)

Il Bi e il Ba

Ormai è tardi per fare i conti con le ferite della storia repubblicana

Guido Vitiello

Abbiamo avuto l'occasione a metà degli anni Ottanta, con la fantomatica "soluzione politica". Al tempo le vicende erano recenti, i protagonisti erano vivi e la coscienza nazionale toccata. Ora possiamo solo accontentarci della straordinaria impresa di Sergio Zavoli, e voltare pagina

Ora è il cinquantenario dell’uccisione di Ramelli, ma la settimana scorsa era la morte di Franceschini, a marzo era D’Elia invitato a un convegno sul terrorismo, un anno fa era la morte di Balzerani, l’anno prima era Fioravanti firma dell’Unità, e chissà quante altre ne scordo. Ogni pretesto è buono per una canizza di recriminazioni reciproche, a cui seguono i moniti di qualche savio benintenzionato: bisogna ancora fare i conti con gli anni di piombo, serve una Commissione per la verità e la riconciliazione come in Sudafrica, dobbiamo trovare il coraggio di rielaborare i lutti degli anni Settanta o non potremo andare avanti, anzi già che ci siamo istituiamo una bella commissione parlamentare. Mi spiace, signori, è tardi.

L’occasione l’abbiamo avuta, ma per tante ragioni l’abbiamo sciupata: era nella seconda metà degli anni Ottanta, quando si prospettava la fantomatica “soluzione politica”. Le ferite erano ancora recenti, tutti i protagonisti erano vivi e lo erano soprattutto nella coscienza nazionale. È vero, Sciascia ha detto che “bisogna rifondare la verità se si vuole rifondare lo Stato”; ma lo ha detto nel 1978, e forse avrebbe sorriso all’ipotesi di sentir risuonare frasi dello stesso tenore nel fantascientifico 2025. Oggi restano senz’altro dei conti storiografici in sospeso, diverse autobiografie da rammendare, un po’ di pendenze giudiziarie, alcuni passi che riguardano gruppi specifici (parenti delle vittime, reduci della lotta armata, ecc.). Ma è illusorio pensare che abbiano tuttora rilievo nazionale, che rappresentino l’occasione di una guarigione collettiva o che addirittura siano propedeutici alla prosecuzione della nostra storia repubblicana. La maggioranza degli italiani, per banali ragioni d’anagrafe, a malapena si ricorda di quei fatti e di quei nomi, o li ha conosciuti a scuola. La migliore approssimazione della nostra commissione sudafricana è stata la straordinaria impresa di Sergio Zavoli, La notte della Repubblica. Accontentiamoci di quella catarsi televisiva, e voltiamo pagina.