(Wikipedia)

Il bi e il ba

Il liberalsocialismo è destinato a rimanere un ircocervo

Guido Vitiello

Considerazioni a partire dall'intervento di Natalino Irti sul Sole 24 Ore e il dibattito che ne è seguito

Tra gli eventi fatati di questo 2021 c’è la riapparizione, alle soglie della primavera, dell’ircocervo. Il bellissimo intervento di Natalino Irti sul Sole 24 Ore e il dibattito che ne è seguito (anche qui sul Foglio con Giuliano Ferrara) ha fatto risuonare inaspettatamente un nome a me carissimo, quello di Guido Calogero, e una parola quasi dimenticata: liberalsocialismo, l’ircocervo di cui parlava Benedetto Croce. Suoni ammalianti, specie perché negli anni della sbornia trumpiana i liberali più arcigni e dottrinari – scimmiottando inconsapevolmente quella identity politics tribale che tanto volentieri contestano al nemico – hanno cercato di importare qui in provincia, a suon di scomuniche, le cultural war tra liberali classici e liberal, due categorie che malissimo si adattano all’habitat italiano, dove quasi tutto il meglio si è trovato nel mezzo (cos’era Pannella, liberale o liberal?). Suoni ammalianti, dicevo, ma ingannatori.

 

Riscopriamo le virtù magiche dell’ircocervo dopo che i predatori di entrambe le parti hanno sbranato e il capro e il cervo, emarginando a destra i liberali, perseguitando a sinistra i socialisti e i radicali. Con l’effetto paradossale che oggi, proprio quando lo si vorrebbe riportare in vita, mancano gli ingredienti per compiere la magia, e il liberalsocialismo è destinato a rimanere una creatura leggendaria da bestiario medievale.