AP Photo/Manuel Balce Ceneta 

il bi e il ba

Bentornato provincialismo!

Guido Vitiello

Condanna e benedizione al contempo. Ma ora che Donald Trump è fuori dai giochi e la spinta propulsiva della prima ondata sovranista-populista si è esaurita, c'è un certo piacere a riscoprirsi provinciali

Strana bestia bifronte, il provincialismo: di solito è la nostra condanna e la nostra zavorra, ma può essere anche, inopinatamente, la nostra benedizione mascherata – blessing in disguise, come dicono gli inglesi. Nel suo diario dei giorni del caso Moro, “In questo stato”, Alberto Arbasino metteva fianco a fianco due tratti vistosi del carattere nazionale: “l’autarchia culturale pecoreccia ma insieme (come faccia complementare del provincialismo) l’imitazione scimmiesca per qualunque trovata straniera con preferenza per le stronzaggini”. Ora che la stronzaggine batte temporaneamente in ritirata – la cacciata di Donald Trump, la caduta in disgrazia dei cabotin di cui si era circondato (su tutti quello Steve Bannon che in Italia le feste di partito e le università facevano a gara a ospitare), più in generale l’esaurimento della spinta propulsiva della prima ondata sovranista-populista – riscopriamo gli effetti balsamici dello spirito emulatore del provincialismo.

 

 

Il Pd di Zingaretti sale al volo sull’autobus della linea Biden-Starmer come Fantozzi sulla tangenziale. E sull’altro fronte, perso l’appiglio atlantico e volato via il berretino MAGA, tira finalmente aria di resa dei conti tra la destra impresentabile e la destra presentabile, come le chiama Paolo Guzzanti, che considera Salvini uno “sceriffo da spiaggia”. E’ bello di tanto in tanto riscoprirsi provinciali, non è vero? (A proposito: sceriffo da spiaggia? Ma dove va al mare Guzzanti? Perché dove vado io si chiama “bagnino”. Ma capisco che sia difficile calare Salvini nel ruolo di quello che salva vite in mare).