(Foto Pixabay)

La start up che ha convinto Nike con un'idea per la Sindrome di Rett. Cercasi lieto fine

Giovanni Seu

Opendot vuole realizzare un materasso posturale con funzione terapeutica per aiutare i piccoli malati

Esistono sempre storie dell’imprenditoria milanese che riescono a coniugare ingegno, modernità e sensibilità sociale. Il protagonista di questa si chiama Opendot, un fab-lab con quattro anni di vita, che opera nel mondo del digitale e sta collaborando con l'associazione Airett per realizzare progetti sul tema dell’accessibilità. Un rapporto che consente di esplorare le difficili realtà in cui si trovano tante famiglie, in modo particolare quando affrontano malattie rare per le quali mancano o sono troppo costosi gli strumenti di cura.

 

È il caso della sindrome di Rett, una malattia neurologica che può provocare nei bambini gravi ritardi nell’acquisizione del linguaggio e della coordinazione motoria al punto da determinare difficoltà nel mangiare nel dormire. L’idea di Opendot è di realizzare un materasso posturale con funzione terapeutica che consenta ai piccoli malati di potere dormire assumendo posizioni corrette: “Esiste una domanda di oggetti specifici – spiega Enrico Bassi, coordinatore del fab-lab – che, a causa delle dimensioni ridotte del mercato e per il fatto che spesso si tratta di strumenti personalizzati, non interessano alla grande industria”.

 

L’occasione di rendere concreta l’idea del materasso posturale arriva lo scorso marzo quando Nike bandisce un contest che mette a disposizione materiali derivati da scarti di lavorazione che non possono essere riciclati: si tratta di gomma, un materiale che si è rivelato ideale per il progetto. In sostanza è un concorso di idee al quale partecipano circa 600 imprese da tutto il mondo. A novembre arriva l’esito da San Francisco: Opendot è premiata tra le prime cinque.

 

Oltre ai materiali, riceve un assegno per sostenere il progetto che consiste in un materasso costituito da un sacco vuoto di gomma rivestito di gomma piuma che consente di replicare la forma del corpo e modificarla più volte attraverso un sistema sottovuoto gestito da valvole e sensori: “L’aspetto più importante – commenta Bassi – è il feedback che abbiamo ricevuto dalla Nike, ci hanno fatto i complimenti per questo progetto che abbiamo elaborato con la collaborazione di Airett, l’associazione impegnata per la cura e ricerca sulla sindrome di Rett”.

 

Ma non tutte le storie di buona innovazione hanno un lieto fine, nemmeno a Milano. O meglio, per meglio dire: il lieto fine di questa storia dev’essere ancora scritto e non riguarda la parte delle “idee”. I materiali ottenuti attraverso il contest sono infatti sufficienti per realizzare pochi modelli, ma una produzione su scala più ampia non è nelle possibilità di Opendot:  “Realizzare 100-150 modelli sarebbe complicato anche solo dal punto di vista logistico – spiega il coordinatore della start up – dovremmo ricavare spazi notevoli per noi”. Com’è accaduto in altri casi, la soluzione più immediata sarebbe di vendere il progetto a un’impresa più robusta che porti avanti la costruzione dei modelli. Ci sarebbe, però, un’altra possibilità: una partnership tra Opendot, Airett e una società che si occupi della produzione:  “Sarebbe il nostro regalo di Natale – conclude Bassi – perché ci consentirebbe di restare in questo progetto occupandoci della progettazione, l’ambito in cui possiamo dare un nostro peculiare contributo”.

Di più su questi argomenti: