
Ansa
Gran Milano
C'è una guerra per l'energia con l'Ue ma anche tra le imprese
Le aziende “energivore” del Nord sul piede di guerra contro i produttori. Confindustria, Enel e gli altri. Un dossier
Sul costo dell’energia si sta consumando uno scontro con l’Unione europea ma anche una fratricida all’interno di Confindustria. E a pagarne il prezzo rischia di essere il tasso di crescita delle imprese del Nord. Perché – ha spiegato di recente Giuseppe Pasini, presidente di Confindustria Lombardia e patron di Feralpi (nata nel bresciano ma con stabilimenti anche in Germania, Francia, Repubblica Ceca, Ungheria, Spagna e Algeria), sul costo dell’energia “chi fa il servizio specula e chi consuma energia è oggi il più penalizzato”. Un problema che “in Europa come Confindustria abbiamo più volte portato al tavolo, ma la nostra cara Commissione europea ci dice che il sistema è efficiente. Come fa a essere efficiente il sistema, se oggi paghiamo 5 volte di più il gas rispetto agli Usa?”. Insiste Pasini: “Non c’è partita, i nostri prodotti non riescono ad andare oltre l’Europa. Oggi il prezzo dell’energia è tutto veicolato sul prezzo del gas, non si fa un prezzo sul mix che consumi ma si punta solo su gas, una grande distorsione e ingiustizia”. Le imprese italiane sono al 90 per cento piccole e medie, spiega, non sono abituate a fare acquisti a medio e lungo termine, “difficilmente riescono a concepire questo, anche noi come Confindustria in questo dobbiamo lavorare di più”.
Ma c’è un’altra contesa: quella tra la Lombardia e il Nord manifatturiero e il resto del paese. E’ Pasini a evidenziare come il caro energia sia una delle principali preoccupazioni per le imprese lombarde. In particolare il costo dell’energia elettrica, che considera non competitivo e lo imputa anche alla speculazione dei fondi. “E’ necessario disaccoppiare il prezzo dell’energia elettrica dal gas e contrastare la speculazione”. Insiste: “Anche il presidente Orsini ha proposto di metterci attorno a un tavolo e cercare una soluzione. Bisogna lavorare in Italia e poi anche in Europa. In tutti questi passaggi il gas ha delle speculazioni, sono le rendite di un sistema vecchio, che va cambiato e l’Europa deve farsene carico. Anche perché il momento è critico: non importiamo più gas dalla Russia e ci arriva in forma liquida dagli Usa, il sistema va cambiato. Per migliorare le cose occorre modificare la procedura che aggancia il costo del gas a quello dell’energia elettrica. In Italia poi occorre trovare un accordo con le imprese produttrici di energia”. Pasini usa il fioretto ma in Confindustria, di recente, sono volati gli stracci. Principale imputato sembrerebbe l’Enel. E sui periodici specializzati è apparsa la notizia che “Enel potrebbe lasciare Confindustria, la principale organizzazione delle imprese italiane, per via delle crescenti tensioni con le cosiddette società ‘energivore’, cioè che consumano grandi quantità di energia nei loro processi manifatturieri”. “Se la situazione non cambia, noi ce ne andiamo” è la dichiarazione riportata qualche giorno fa anche da Repubblica: stando al quotidiano questa rappresenterebbe “il pensiero dell’ad della società partecipata dal Mef, Flavio Cattaneo, che sarebbe pronto a lasciare viale dell’Astronomia”.
Enel ha smentito questa dichiarazione e ha negato che Cattaneo si sia recato a Palazzo Chigi per discutere del caro energia. Ma il fuoco cova sotto la cenere. E le società consumatrici, guidate dalla Lombardia manifatturiera si lamentano per i prezzi alti delle bollette energetiche, che fanno salire i costi di produzione. I produttori di energia si riconoscono nell’associazione Elettricità Futura, il cui presidente – da dicembre scorso – è un top manager di Enel: Gianni Vittorio Armani, direttore dell’unità Reti e Innovazione. Dell’associazione fanno parte il 70 per cento delle aziende del mercato elettrico a partire da Enel, Edison, A2A, Iren, Sorgenia.
La questione del disaccoppiamento tra gas ed energia elettrica è complessa. In pratica, oggi il Megawattora viene venduto al prezzo di produzione più alto, che è quello della centrale a gas meno efficiente. Chi vende energia da solare o eolico ha quindi margini più alti. Ancora più alti ce li ha chi vende energia idroelettrica. Confindustria chiede che si provi quantomeno a convincere l’Europa che l’emergenza legata alla deindustrializzazione è tale da giustificare la vendita alle imprese dell’energia da rinnovabili a prezzi più bassi. Mentre Elettricità Futura accusa le imprese di voler disconoscere il mercato per chiedere di fatto un tetto di prezzo imposto dall’alto in modo ingiustificato. Il risultato è che il manifatturiero lombardo rischia grosso. Come spiega Massimo Beccarello, professore di Economia industriale all’Università Milano Bicocca, se partiamo dal gennaio 2024 a oggi, l’Italia ha sempre avuto, mese dopo mese, il costo dell’energia più alto d’Europa. Rispetto alla media europea parliamo di un maggior costo che ha oscillato negli ultimi 15 mesi da un minimo del 26 per cento in più a un massimo del 60 per cento. Una cosa è certa: se non si colma lo spread sul costo dell’energia la capacità del Paese di difendere il suo patrimonio industriale risulterà ridotta.