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GRAN MILANO

L'ultimo metrò. Così M4 ha trasformato Milano sotto e sopra

Daniele Bonecchi

Gran festa sabato per l’inaugurazione di tutta la linea blu. 21 stazioni, verde e molta rigenerazione urbana. Un grande risultato per la città, l’amministrazione, per Atm, per Webuild e per chi ha contribuito a un’impresa innovativa

C’e una volta una talpa che pesava 4.000 tonnellate. Un gruppo di bambini, in fila indiana, aspettava di vedere da vicino proprio la bestia dalla testa rotante”. No, non è un racconto per ragazzi (ci scuserà Gianni Rodari) ma una realtà della Milano che cresce e si trasforma, sopra e sotto terra. L’immaginazione si mescola alla realtà, perché la grande talpa ha incontrato davvero tanti ragazzi, tante famiglie interessate a vedere le grandi opere della città, senza sapere che quel grande animale dal disco rotante – che ha scavato 25 chilometri di gallerie per la M4, che sabato 12 ottobre inaugurerà tutto il suo percorso – è stato ideato proprio da un emigrante italiano: Riccardo Lovat, partito per il Canada in cerca di lavoro sul finire degli anni ’40. Aveva iniziato a darsi da fare per le grandi opere sotterranee di Toronto, ed era riuscito a brevettare grandi escavatori, “antenati” della talpa rotante.

Il lavoro della talpa (i tecnici la chiamano TBM - Tunnel Boring Machine) ora è finito, come sono terminate le 21 stazioni che attraversano la città da San Cristoforo a Linate. Sono 15 i chilometri di metropolitana automatica, un treno ogni 90 secondi, con una capacità di 600 passeggeri ogni convoglio e una previsione di 86 milioni di passeggeri l’anno. Trenta minuti per l’intero percorso che va dall’estrema periferia all’aeroporto Forlanini, solo dodici dal centro (San Babila) a Linate city airport. Grazie alla M4 il traffico in città sarà ridotto di circa 180 mila veicoli ogni giorno, con una contrazione annuale delle emissioni di CO2 fino a 75 mila tonnellate. La talpa ha scavato a una profondità media di 20 metri dal piano stradale, fino alla profondità massima di 30 metri. Ma il consolidamento del terreno è avvenuto attraverso il “get grouting”, un metodo che consiste nell’iniezione di miscele cementizie per stabilizzare il terreno e prevenire infiltrazioni. Un’altra tecnica innovativa utilizzata per la costruzione della M4 è stata il congelamento artificiale dei terreni, per prevenire i cedimenti durante gli scavi, attraverso il congelamento dell’acqua di falda attraverso l’azoto liquido, che provoca uno shock termico a -196 gradi e rende il terreno compatto come una roccia.


Sabato dunque Milano vivrà un’altra grande festa – Milano fa sempre festa quando un lavoro viene concluso e bene – per celebrare la fine dei lavori di un’altra grande opera per chi vive e lavora nella città metropolitana. Ci sarà il sindaco Beppe Sala, invitato ovviamente il presidente della Regione Attilio Fontana ma parteciperanno soprattutto i lavoratori, i tecnici e i dirigenti di Webuild, il gruppo globale con radici italiane (Salini Impregilo) che sviluppa infrastrutture complesse di alta tecnologia innovativa sostenibile e che ha realizzato la nuova M4 milanese. Un grande risultato per la città, l’amministrazione, per Atm, per Webuild e per chi ha contribuito a un’impresa innovativa. Destinata forse a essere un benchmark di non ritorno per la metropoli lombarda, ora chiamata a pensare a un nuovo futuro. Perché M4 non è solo tecnologia e trasporto, perché il progetto approvato dal Comune di Milano ha previsto un’attenzione speciale all’ambiente e al restyling di tante piazze e quartieri della città, attraversati dalla metro blu.
Durante i lavori della M4 – un occhio di riguardo al verde – sono stati conservati 169 alberi e c’è stata una riduzione degli abbattimenti del 24 per vento rispetto al progetto iniziale. Inoltre, il Comune si è impegnato a piantare 1.900 nuovi alberi lungo la linea collegando le tante aree verdi presenti sul tracciato.

Lo smaltimento dei terreni di scavo attraverso i nastri trasportatori sotterranei ha permesso di evitare circa 75 mila viaggi. I lavori in superficie hanno riqualificato complessivamente oltre 246 mila metri quadri di aree urbane, di cui 66 mila di aree verdi: questi interventi di rigenerazione urbana, anche grazie alla creazione di aree pedonali, ciclabili, campi sportivi e aree di socializzazione, valorizzano il paesaggio cittadino e lo trasformano, restituendo ai cittadini – dopo anni di cantieri aperti – nuovi spazi verdi. Come nell’area dell’Acquabella, tra la grande Basilica e la Parrocchia dei Santi Nereo e Achilleo di viale Argonne e la stazione M4 di Forlanini, viene riqualificato il “pratone” di largo Vittorio Sereni, dove sorgeva il “Manufatto Sereni”. Tra Argonne e Susa, all’arrivo della metro si è sviluppata una radicale trasformazione dello spazio urbano. Con un parco urbano “lineare” e una doppia pista ciclabile. A San Cristoforo, sopra la fermata, è stata costruita una nuova passerella ciclo-pedonale, che collega piazza Tirana a via Lodovico il Moro, attraversando il Naviglio Grande. Naturalmente anche le fermate della M4 lungo il centro città hanno portato ad un restyling di strade e piazze.  La città cambia, migliora i propri spazi anche grazie alle grandi infrastrutture.


Ora si pone un interrogativo però. La M4 sarà “l’ultimo metrò” (ci perdonerà da lassù François Truffaut)? La risposta spetterà al sindaco Beppe Sala, ma nella sua veste di sindaco della Città metropolitana, perché prima o poi tale dovrà essere il sindaco di Milano. Perché la metropoli ha bisogno (al netto del prolungamento delle linee esistenti) di completare la rete del trasporto pubblico veloce, e per farlo non bastano solo Milano e Atm, ma serve una nuova visione da parte di tutti, se rigenerazione e tutela dell’ambiente dovranno correre assieme.

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