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La trattativa

Bertolaso sulle nomine di Sanità è un osso duro. La destra rosica

Daniele Bonecchi

Mentre a Fdi e Lega litigano sugli incarichi nella sanità lombarda, ai pazienti non resta che sperare, nel giuramento d’Ippocrate

Sanità pubblica o privata convenzionata? I nuovi direttori generali delle Asl, lottizzati (come sempre), saranno meglio o peggio dei dg degli ospedali privati? Difficile dirlo. Certo, la differenza è che saranno pagati coi danari dei cittadini. Ai pazienti non resta che sperare, nel giuramento d’Ippocrate, anche se medici e infermieri sono in sofferenza (mancano i numeri, gli stipendi languono e sono tornati gli scioperi pesanti). Comunque va sempre ringraziato chi – nel lontano 1978 – volle l’assistenza sanitaria per tutti (universalistica).

Oggi il tema sono le nomine nella Sanità lombarda (che vale 21 miliardi) ma la contesa riguarda altro. Ogni incarico porta con sé una fetta di potere ma qui, in Lombardia, da mesi si discute (e si litiga) sulla presunta necessità di un riequilibrio di questi poteri. Nella Regione che fu di Formigoni, Maroni e oggi di Fontana, il partito di Giorgia Meloni è salito al 25 per cento dei consensi contro il 16 della Lega e un via vai di consiglieri che non entusiasma i fedelissimi del Carroccio. In sovrappiù, come assessore alla Sanità, Fontana non ha scelto un politico scafato (pronto alla mediazione, costi quello che costi) o quantomeno di pronta obbedienza, ma un galantuomo orgoglioso della sua indipendenza come Guido Bertolaso, che ha le sue idee. Sta di fatto che le riunioni dei plenipotenziari (si fa per dire) dei partiti coi capi delegazione di maggioranza si susseguono.

All’inizio della settimana l’ennesimo incontro è finito a sportellate perché la delegazione di FdI si è dichiarata in profondo disaccordo con le proposte di Bertolaso. C’è chi contava sulla scarsa tenuta dell’assessore al Welfare (già Sanità) sperando sulla sua disponibilità a lasciare in caso di collisione sui nomi. Ma l’ex capo della Protezione civile si è dimostrato assai coriaceo e ha difeso uomini e posizioni. L’orologio corre e i nomi devono essere approvati ad horas, comunque entro fine anno. Il nome di Marco Giachetti (Lega), che nel 2019 ha fatto partire i lavori del nuovo Policlinico di Milano, grazie anche al sostegno di tante associazioni e organizzazioni sindacali, sembra resistere agli assalti di FdI. Resta ancora aperta la guida di Areu, l’Agenzia regionale emergenza urgenza per la quale Bertolaso pensa a Massimo Lombardo (oggi agli Spedali Civili di Brescia). Fratelli d’Italia punterebbe le sue carte anche sui vertici di Niguarda e San Paolo-San Carlo.

Resta il problema – secondo alcuni – delle divisioni interne al partito di Meloni, che complicano la trattativa. A questo va aggiunto che la classe dirigente di FdI non sempre (quai mai) ha l’esperienza amministrativa o manageriale necessaria per un settore dalle complesse specificità come questo. A sua volta la Lega spinge per Peter Assembergs, oggi direttore generale dell’Asst Bergamo Ovest, per l’ospedale di Niguarda. L’altra casella alla quale punta è quella dell’ospedale bergamasco Papa Giovanni XXIII, con Francesco Locati, attuale direttore generale dell’Asst Bergamo Est. Chi è fuori dai giochi fa una fotografia realistica: “FdI vuole fare l’Opa, mentre Forza Italia difende il difendibile e la Lega, sopraffatta da un Bertolaso che non vuole riconoscere la logica delle quote ai partiti, resiste. L’assessore al Welfare ne vuole indicare a sé almeno sei. Questo spariglia le logiche spartitorie al punto che qualcuno spera nelle dimissioni di Bertolaso, che invece sembra assolutamente sereno”. E con Bertolaso, non va dimenticato, c’è Fontana. Un copione, quello dello scontro interno, destinato a riproporsi anche per le nomine delle partecipate regionali, Fnm in testa.
 

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