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Gran Milano

La buona volontà e le buone idee bipartisan di Milano per San Siro, quartiere desolato

Daniele Bonecchi

Nonostante i pasticci politici, l’assessore alla Casa Pierfrancesco Maran sta costruendo, attorno al vecchio mercato comunale di piazza Selinunte, il quartier generale della rigenerazione dell’area degradata

La battaglia campale sulle sorti dello stadio di San Siro vincolato avrà un risultato: la grande Milano avrà probabilmente tre stadi, ma niente soldi extra per un quartiere San Siro abbandonato a sé stesso. Ma nonostante i pasticci politici, qualcosa si muove anche nel quartiere popolare più malridotto della città. Ispiratore della svolta l’assessore alla Casa Pierfrancesco Maran, che con prefettura, Regione, Aler, Fondazione Cariplo e mondo associativo sta costruendo, attorno al vecchio mercato comunale di piazza Selinunte, il quartier generale della rigenerazione dell’area degradata. Impietosa la fotografia dell’Aler che parla apertamente della necessità di una “riqualificazione sociale”, la più difficile. Sono circa 10 mila i residenti di San Siro, abitano nei 5.987 alloggi Aler, 694 dei quali occupati abusivamente. La Regione, con l’assessore alla Casa Paolo Franco, ha stanziato 40 milioni per gli interventi più urgenti. Gli immigrati sono il 57 per cento del totale, il 35% ultra 65enni, il 10% under 18 che dovrebbero frequentare le scuole. Parlare d’integrazione nelle scuole elementari di via Paravia e via Dolci è difficile: oltre l’80% sono figli di immigrati che hanno gravi difficoltà con la lingua. Chi arriva alle medie e alle superiori, quasi sempre ha avuto a che fare con le bande giovanili e i gruppi che rap: il loro eroe è Kappa24k (al secolo Islam Abdel Karim), arrestato per una sparatoria. 

Per cercare di usare la stessa “lingua” e un sound comprensibile nelle superiori del quartiere si prova con un rap politicamente corretto. E ci ha provato anche Revmen (al secolo Sebastiano Vitale), poliziotto distaccato per lungo tempo nel commissariato San Siro: “Secondo me la musica per questi ragazzi è un’ancora di salvezza, loro si aggrappano a questo, come molti ragazzi di periferia. Far appassionare i ragazzi a qualcosa come l’arte e la musica può dare loro un obiettivo. Il rap racconta la strada mentre un uomo in divisa la vive, ci lavora. Più che un’alternativa, entrambe le cose possono rappresentare degli strumenti per vedere la vita in modo differente, dalla parte della legalità”. Aler ha aperto, con l’aiuto della Regione, anche un ambulatorio destinato alle persone anziane e ha messo a disposizione del quartiere una pattuglia di giovani manager che aiutano i residenti a sbrigare pratiche.

Poi c’è la folta truppa del no profit che combatte contro l’abbandono scolastico e per la formazione. E per le donne immigrate è ancora più difficile, come spiega in una pubblicazione voluta dall’Aler, Valentina Valfrè, di Soleterre, fondazione che si dedica tra l’altro all’inclusione sociale e lavorativa. “Stiamo portando avanti il progetto Women4integration, realizzato con fondi europei in partenariato con Comune di Milano, Telaio delle Arti, Piano C, Politecnico di Milano”. Sono in molte le giovani che lasciano la scuola e rischiano l’emarginazione. “Questo progetto si pone obiettivi ambiziosi: supportare la capacità delle donne migranti che vivono in aree deprivate delle grandi metropoli europee incoraggiando la loro piena integrazione nella vita sociale e l’eguaglianza di genere, promuovendo un nuovo modello di interazione con le istituzioni e i servizi locali”. Impresa non facile ma essenziale per togliere questi ragazzi dalla tentazione dello spaccio e del malaffare. Particolarmente attiva la Fondazione Cariplo che ha promosso col Politecnico l’Off Campus, il primo Touch Point di Milano 2035, dove i giovani saranno aiutati nella ricerca di una casa e inseriti in percorsi di cittadinanza attiva. Si tratta di uno dei progetti della quarta edizione del bando “Welfare di comunità” di Fondazione Cariplo che nel milanese sostiene il diritto dei giovani fra i 20 e i 35 anni a un’abitazione economicamente accessibile e sperimenta soluzioni di abitare collaborativo. . 

Nessuno dimentica però il buco nero rappresentato dal racket delle occupazioni abusive, che prefettura e questura, col comune di Milano pensano di debellare con una terapia come quella praticata in via Bolla: sgomberi selettivi, controlli preventivi anche sui patrimoni. A breve, nella vecchia sede Aler del quartiere poi, s’insedierà un nuovo commissariato di Ps, anche se, come dice il prefetto Renato Saccone, ”la risposta non può essere solo la forza”.

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