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GranMilano

Su San Siro un derby con solo sconfitti. Serve una società pubblico-privato

Sergio Scalpelli

Perché serve intervenire con un rimodernamento del Meazza e un piano di riqualificazione totale del quartiere di San Siro all’insegna dell'edilizia di qualità, della vita urbana sostenibile, sempre caratterizzata da ambiente e sport

Cara GranMilano - Il nuovo Consiglio comunale ha iniziato a lavorare, le squadre di Milano si preparano a un derby finalmente giocato (per tutte e due) ai massimi livelli e promettono ai tifosi di voler crescere ancora, e così al centro del dibattito politico è tornato uno degli argomenti più importanti e divisivi dei prossimi anni: il futuro nuovo stadio, e il destino del caro vecchio Meazza, che è di proprietà comunale. Nel dibattito che dura ormai da anni, e che la nuova composizione di Consiglio e Giunta promette di rendere ancor più infuocato, sul futuro dello stadio mi pare sempre più chiaro che ci siano due interessi divergenti, e che si rischia di non andare da nessuna parte: l’interesse delle proprietà dei club di sistemare le proprie finanze,  e quello dei milanesi (tifosi del calcio ma anche no), di avere un impianto sportivo efficiente in una situazione urbanistica all’altezza della città.

Il momento di decidere è arrivato, non c’è più spazio per gli equivoci. I club in difficoltà finanziarie vedono nel progetto di un nuovo stadio l’opportunità di aumentare prestigio e patrimonio, anche in vista di non improbabili cessioni di quote, e soprattutto ritengono di poter di fatto finanziare i lavori del nuovo impianto con l’indotto immobiliare. Approfittando della cosiddetta “legge stadi”, potrebbero infatti aumentare l’impatto immobiliare collegato solo costruendo un nuovo impianto. Insistere su questa strada, che ha prodotto in tutta Italia molti contenziosi e nemmeno un progetto esecutivo, anche di fronte al recente riconoscimento del Meazza (che pure non ha vincoli architettonici) come impianto sicuro ed efficiente da parte delle autorità sportive internazionali, significherà, quasi certamente, imboccare un vicolo cieco. 

Da un lato, appare del tutto legittimo l’obiettivo delle società di “blindare” il loro impegno finanziario, sfruttando un piano di sviluppo immobiliare per mettere il meno possibile mano al portafogli. Dall’altro, non ci si può però nascondere che fino ad ora sono stati compiuti errori seri, che probabilmente proseguirebbero, come ad esempio la cattiva gestione dei brand e del merchandising, lasciato in mano all’abusivismo, privandosi così di una grande fonte di guadagno. In ogni caso, non si può certo pensare che a pagare sul conto sia la città nel suo complesso. L’interesse dei milanesi, evidenziato da molte ricerche e prese di posizione, è molto diverso da quello delle società: avere uno stadio al passo con i tempi, con una struttura giustamente redditizia  per chi lo gestisce, in un quartiere riqualificato, va bene. Ma senza gravare sui conti del Comune e con una formula che lasci lo sport, con storia, passione e seguito, patrimonio della città.

La mia idea va verso una soluzione che a tanti appare evidente: intervenire con un rimodernamento del Meazza e un piano di riqualificazione totale del quartiere di San Siro all’insegna dell'edilizia di qualità, della vita urbana sostenibile, sempre caratterizzata da ambiente e sport. La strada potrebbe essere quella di costituire una società mista Comune-privati, selezionati con bando pubblico  e con apporto di capitale fresco, garantendo così una regia pubblica e al tempo stesso la gestione dell’impianto ai due club, in modo che  possano trarne i legittimi  frutti economici, lasciando loro la responsabilità di una gestione imprenditoriale. Le squadre sono dei privati, ma lo sport è e deve essere della città, a maggior ragione con le sue opportunità urbane e di vita sociale. C’è Milano e ci sono due sue grandi espressioni, il Milan e l’Inter, unite da una grande storia di calcio e cultura sportiva. Non vanno perse.

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