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GranMilano
Cosa insegnano davvero i numeri del voto a Brescia. Coalizioni giuste e sbagliate
Il Pd performa peggio, ma è vincente grazie all'intesa con Terzo polo e all'assenza dei contiani. Ecco i dati che spiegano la vittoria di Laura Castelletti alle elezioni amministrative
La lezione di Brescia ai fan del Conteschlein è molto chiara. Certo, la Leonessa ruggisce a sinistra, lo fa da molto tempo e con solide radici, ma non troppo a sinistra. E’ una sinistra bresciana, propriamente. Dai geni moderati, riformisti, e cattolici. Con un Dna nobile di civismo ben strutturato. Leggere tra i risultati della vittoria di Laura Castelletti al primo turno – lei era la vice di Emilio Del Bono, e pure lui al secondo mandato aveva vinto al primo turno: continuità e solidità – è istruttivo. Prima notazione: il Pd performa al 26,64 per cento. Alle Regionali era stato il 38,18. Anche a febbraio aveva vinto il centrosinistra, e dunque Pierfrancesco Majorinp, che però si era fermato al 46,09 per cento contro il 54,84 della Castelletti. In pratica il Pd performa peggio, ma la coalizione assai meglio. Perché? Secondo elemento. Quello che cambia davvero tra i due schieramenti è il posizionamento del M5s e del Terzo polo. Alle Regionali il partito di Conte, come è noto, era in coalizione. A Brescia prese il 3,27 per cento con 2.028 voti totali. Alle Comunali il M5s si è presentato con il Partito comunista e Unione popolare: ha ottenuto 1.098 voti per l’1,39 per cento. Per converso il Terzo polo aveva raccolto 2.745 voti per il 4,42 per cento alle Regionali, sostenendo Letizia Moratti. Alle Comunali invece era nella coalizione di centrosinistra. Risultato? Il doppio dei voti e una percentuale del 7,04 per cento. Insomma, metà della motivazione del miglior risultato di Castelletti rispetto a Majorino è dovuto alla presenza in coalizione del Terzo polo e all’assenza dei contiani. Non cambia il peso specifico dell’uomo forte di Brescia, ovvero Emilio Del Bono. Lui ha trainato le Regionali, e lui è stato protagonista delle Comunali. L’incognita politica, per lui, è la Regione: senza alcun ruolo politico evidente (tranne quello di consigliere regionale) come farà a mantenere il consenso sul territorio? E come farà a strutturarsi in vista delle Europee? Per ampliare la riflessione politica, ovviamente in chiave lombarda, sulle Europee (ormai i motori sono accesi), ci si potrebbe chiedere se è più attrattiva l’alleanza con il Terzo polo o con il M5s, e dunque se l’opzione Schlein-Conte – qualora si verificasse, che non è scontato – supererà la prova del prossimo anno. Le Europee sono un test non solo politico, ma molto importante anche in chiave Milano 2027: non è un caso che la narrazione delle regionali vinte sotto la Madonnina sia stata assai pervasiva e consistente da parte della corrente majoriniana.
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