Foto di Maurizio Maule, via Ansa 

Gran Milano

Riparte (un po' zoppa) la scuola, inseguita pure dai politici

Cristina Giudici

Mancheranno circa 23 mila supplenti. La situazione è ancor più grave per gli insegnanti di sostegno, mentre il precariato continua a essere l'anello debole con circa 1800 posti assegnati su più di 6000

"Filastrocca settembrina, già l’autunno si avvicina / già l’autunno per l’aria vola, fin sulla porta della scuola”. Iniziava così la filastrocca di Gianni Rodari, quando la scuola era considerata un’opportunità e non un salto a ostacoli in mezzo alla palude delle normative. Il 14 settembre tutti gli alunni tornano sui banchi di scuola in presenza, ma oltre ai soliti, e irrisolti, problemi metropolitani, quest’anno, novità, saranno pure inseguiti dai candidati che si contendono i voti degli insegnanti. Le proposte? Si va dall’aumento dello stipendio dei docenti all’obbligo scolastico fino ai 18 anni (Pd) fino alla reintroduzione dei voti (Fdi) e ai libri gratis per tutti della Lega (e pure dei rosso-verdi). 

 

Nel frattempo è già scattato l’allarme perché lunedì, nella Regione con più scuole, docenti e alunni (oltre un milione), mancheranno all’appello circa 23 mila supplenti e molte scuole opteranno per l’orario ridotto. Secondo il segretario regionale della Flc Cgil, Massimiliano De Conca, il problema in estrema sintesi “è dovuto alle graduatorie che non sono pronte perché le verifiche da fare sono tantissime e inoltre i concorsi continuano ad andare a rilento”. A rendere più grave la situazione è il dato sugli insegnanti di sostegno, quasi la metà dei 23 mila supplenti che ancora non ci sono.

 

Il problema del reclutamento è un tema complicatissimo e dannatamente tecnico. Come ha scritto lo scrittore e insegnante Enrico Galiano “Le prove di selezione (spesso assurde perché basate su quesiti chiusi) sono tutte teoriche e solo successivamente si pensa alla pratica. Manca cioè nella selezione degli insegnanti una valutazione dell’interazione con la classe che viene effettuata soltanto dopo”. Spiega un funzionario dell’ufficio scolastico della Lombardia: “La carenza del reclutamento si ripropone tutti gli anni ed è dovuta in parte alle rinunce ma soprattutto alle tante, troppe normative introdotte che hanno reso ancora più farraginoso il meccanismo di selezione del corpo docente”. Dalle scuole ghetto nelle periferie ai licei più prestigiosi, i nodi insoluti sono innumerevoli.

 

Domenico Squillace, preside del liceo Alessandro Volta che ha insegnato in passato anche in diverse scuole periferiche conferma: “L’allarme sulla carenza di insegnanti si ripropone ogni anno. Dalla mia prospettiva ci sono altri due ordini di problemi. Chi si laurea in materie scientifiche, come ingegneria ad esempio, non ha alcun stimolo a lavorare in una scuola con uno stipendio basso in una città cara come Milano e preferisce andare nelle aziende. Poi chi arriva in un liceo prestigioso del centro di Milano si ferma fino a fine a carriera e quindi il corpo docente è anziano”. 

 

Il ritorno a scuola visto invece dalla periferia, a Milano, porta anche all’annosa questione delle scuole ghetto, anzi le classi ghetto. Nei quartieri con più alloggi popolari e maggiori diseguaglianze sociali si è creato, e da tempo, il cosiddetto white flight: la fuga degli alunni “italiani” dalle scuole pubbliche delle zone più degradate lascia spazio solo agli studenti di origine straniera e finisce per impedirne l’integrazione (GranMilano fu tra i primi a segnalare il problema, due anni fa). Al punto da portare tanti insegnanti stanchi e demotivati a non segnalare l’assenza degli studenti più problematici che smettono di studiare e finiscono nelle strade.

 

L’abbandono si spiega così. Un circolo vizioso che si autoalimenta. Spiega Elena Bonfiglio, dirigente-referente della scuola media Anemoni del Giambellino: “Anche noi abbiamo un problema di organico, per di più con classi pollaio (aka sovraffollate) perché siamo per l’accoglienza. Invece altre scuole del quartiere rifiutano le iscrizioni, una volta raggiunto il numero minimo per formare le classi per evitare di avere troppi stranieri che vengono dagli alloggi popolari. E così si vengono a creare classi dove gli studenti arabofoni scelgono ad esempio come seconda lingua straniera il francese. Noi cerchiamo di unire tutti gli studenti durante la lezione della seconda lingua comunitaria straniera per promuovere inclusione e coesione, ma si tratta di un aspetto delicato da gestire”.

 

E poi ci sono i precari, eterno anello debole. Al 31 agosto, nella città metropolitana c’erano 6.149 posti disponibili ma ne sono stati assegnati circa 1.800. Come dice Natalia Marraffini, classe 1991, scrittrice e podcaster: “In un anno, lavorando a chiamata, sono stata in tre scuole diverse a Lecco. Amo insegnare ai giovani filosofia e italiano ma mi chiedo se valga la pena di continuare”. La presidente della commissione Educazione di Palazzo Marino, la consigliera comunale di Demos, Marzia Pontone, prova a essere costruttiva: “Le scuole di periferia rappresentano un presidio fondamentale nelle grandi città come Milano per contrastare gli effetti della povertà educativa, che si manifesta con evidenza fin dagli anni della scuola dell’infanzia. Credo sia prioritario avviare un percorso educativo di qualità che offra alle bambine e ai bambini strumenti utili a contrastare le sfide dettate dalla condizione sociale del nucleo familiare di origine”. Questa è più o meno la radiografia nella città metropolitana con più studenti, scuole e insegnanti d’Italia che, corteggiati dai candidati, allargano le braccia, disillusi. 

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