(foto di Ansa)

Gran Milano

Chiudere le fontane in città non è una soluzione alla vera crisi

Giovanni Seu

Il sistema di recupero idrico a di Milano è virtuoso. Gli effetti dell'assenza di precipitazioni invece sono sempre più evidenti nel settore agricolo: è necessario ripensare all'acqua e non darla più per scontata

Sul piano politico il caldo africano che da circa un mese si è abbattuto su Milano sarà ricordato per l’ordinanza di Sala che lo scorso 25 giugno vietava di innaffiare piante e giardini e di attivare le fontane: una incredibile gaffe, rimediata in parte dall’ordinanza del 18 luglio, che è costata al sindaco se non una rottura quantomeno una crisi con quel mondo ambientalista di cui si è sempre dichiarato alfiere. Come spiega al Foglio il coordinatore scientifico di Legambiente Lombardia, Damiano Di Simine, “si è trattato di un provvedimento infondato, poi finalmente corretto, perché non teneva conto che Milano gode di una situazione idrica virtuosa in quanto la falda è molto alta, il sistema dei depuratori assicura un recupero del 100 per cento dell’acqua, caso unico in Italia. I danni prodotti dalla prima ordinanza sono visibili ma sono poca cosa rispetto a quelli che sta accusando il settore agricolo”.

I veri effetti della siccità, come indica l’esponente ambientalista, si misurano nei settore dell'agricoltura e dell’allevamento e sono drammatici, a sentire Alessandro Rota: “Nell’ultima settimana sono state dimezzate le erogazioni idriche che arrivano da Turbigo e Cassano D’Adda e alimentano l’area metropolitana di Milano – spiega il presidente della Coldiretti di Milano, Lodi e Monza Brianza – Ormai siamo passati da una criticità a macchia di leopardo a una a 360 gradi che colpisce tutte le colture: i prati stabili hanno subito danni irreversibili, il mais è rinsecchito, gli ortaggi sono danneggiati gravemente, il riso si trova per la prima volta in uno stato di penuria d’acqua che potrebbe compromettere il ciclo vegetativo. Difficile stimare l’entità dei danni, possiamo parlare di un’incidenza del 40-50 per cento”. Diversa la situazione nel settore dell’allevamento: “Per ora si stanno utilizzando i foraggi acquistati nella stagione scorsa, i problemi emergeranno con drammaticità nei prossimi mesi, in particolare nel settore della zootecnia ma già ora le aziende sono in sofferenza per l’aumento del costo dell’energia, tant’è che molti hanno già venduto il bestiame”.

Se è presto per valutare in termini complessivi l’impatto sull’economia non lo è per avviare un discorso sul futuro di un settore che, dopo questa prova dovrà con ogni probabilità affrontare una ristrutturazione radicale: “Le aziende agricole sono per lo più di carattere familiare – spiega il presidente della Coldiretti – quelle gestite dai più vecchi sono più a rischio mentre le cooperative hanno più strumenti per resistere. Per la ripresa non basteranno i sussidi, occorre una nuova visione dell’acqua che sinora abbiamo sempre considerata scontata: dobbiamo lavorare affinché si arrivi a riconoscere la centralità dei bacini, ad investire su canali e navigli dove si registrano le perdite idriche più gravi e sul modo di recuperare l’acqua piovana”.

I toni allarmati della Coldiretti trovano eco nella politica. Per Fabio Rolfi, assessore regionale all’Agricoltura, è a rischio la tenuta delle imprese: “Secondo i dati Ismea già prima di questa crisi idrica una azienda agricola su due lavorava in perdita a causa di rincari energetici e difficoltà a reperire materie prime. Sul medio termine, oltre agli indennizzi per le aziende, dobbiamo lavorare per bacinizzare i grandi fiumi, trasformare le ex cave in bacini irrigui e concretizzare il percorso di recupero delle acque reflue a fini irrigui. Ho proposto anche di destinare alle imprese per innovazione in campo irriguo i fondi Pnrr per la meccanizzazione agricola, stiamo parlando di 500 milioni di euro”. Per quanto riguarda le colture, i timori più forti sono legati al riso: “La produzione è scesa almeno del 30 per cento secondo le stime, ma alcune imprese parlano anche di danni superiori al 50. Le ondate di calore anomale e, soprattutto, l'assenza pressoché totale di precipitazioni in questi ultimi sei mesi stanno prosciugando le risaie al punto che le campagne milanesi ne stanno risentendo in maniera pesante”.

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