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Per Regione Lombardia gira molto il nome di Cottarelli

Fabio Massa

La sinistra vuole stringere i tempi, perché finalmente il Pirellone è contendibile. SI pensa all'economista, ma anche all'ex sindaco di Milano Pisapia e a quello di Brescia Del Bono. A destra, invece si scaldano Moratti e Guidesi, nel caso in cui Attilio Fontana decidesse di non ricandidarsi

Chissà se Carlo Cottarelli, cremonese classe 1954, presidente del Consiglio incaricato da Sergio Mattarella il tempo di un giro di telefonate, prima di pescare il jolly dell’avvocato Conte, ci pensa davvero oppure se sono altri che ci pensano per lui: candidato per il centrosinistra alla presidenza di Regione Lombardia, tra un anno e mezzo. Il nome gira, gira, gira. Pare presto, eppure non lo è affatto. Gli strateghi sanno perfettamente che per giocarsela davvero, forse per la prima volta dalla fine degli anni Novanta, bisogna partire presto, in una sfida lunghissima nei territori. E anche se per la prima volta la Lombardia è davvero contendibile, dopo la vicenda del Covid, comunque rimane un territorio in cui è dimostrato che i soliti refrain sulla Sanità pubblica contro quella privata, i soliti refrain su quanto è meglio lo stato piuttosto che l’autonomia non hanno alcuna presa. Come diceva molto bene Stefano Bonaccini l’altra sera alla Fondazione Stelline per l’evento conclusivo di Direzione Nord, “chiedere a Lombardia, Veneto o Emilia-Romagna se vogliono autonomia è come chiedere a un bambino se gli piacciono le caramelle”. Ma chi sta mettendo la testa sulle regionali sa che manca il candidato, ancora. Manca il programma, ancora. E manca il lavoro sui territori.


Il nome dunque potrebbe essere quello di Carlo Cottarelli, che già fa parte delle Agorà democratiche di Enrico Letta, che spesso ha parlato, negli anni, alle Feste dell’Unità. Che è apprezzato dalla parte più di sinistra del partito ma, stranezze del destino, anche da Carlo Calenda. Ai lombardi devi proporre un profilo di manager o di economista, un uomo che sappia di conti e di come ottimizzare le spese. Non un politico di carriera o un mezzo demagogo. Per questo l’ex Fmi ed ex Mr. spending review potrebbe piacere. Ci fosse Cottarelli non ci sarebbe Giuliano Pisapia, che pure qualche mese fa ci ha pensato eccome. In una sfida che, se lo opponesse dall’altra parte a Letizia Moratti, sarebbe un incredibile déjà vu (o una rivincita) del 2011. Il candidato migliore di tutti rimarrebbe Beppe Sala, che però ha detto chiaro e tondo nel convegno DN di lunedì di non volerci essere. “Non sono disponibile per correre alle regionali”, ha detto. Aggiungendo di vedere di buon occhio un sindaco. E non ci vuole molto per capire a chi sta pensando l’uomo più forte oggi nella politica locale del nord Italia: Emilio Del Bono. Sindaco di Brescia, città con la quale per molti motivi (societari: A2A, e affettivi) Beppe Sala ha rapporti stretti, Del Bono andrebbe molto bene per la sinistra del Pd, ma non è chiaro se sia intenzionato a scendere in campo un anno prima, per recuperare il gap di conoscibilità. E sempre per colmare il gap c’è chi pensa che indipendentemente dal nome ci vorrebbero le primarie: vere e non confermative. “Non sono un dogma”, ha ripetuto l’altra sera Sala. Anche se “a me sono servite, sebbene fossi un caso molto particolare perché arrivavo dall’esperienza di Expo”. Ovviamente però i nomi come Cottarelli difficilmente vedono con favore le primarie perché sono un prepartita nel quale spendere moltissimo tempo e sforzi con il rischio di essere bruciati da candidati di partito o di coalizione più radicati nei circoli.


Dopodiché aleggia la vera domanda, sulla destra: chi candideranno? Anche qui, un punto fermo c’è, e molte incertezze. Giancarlo Giorgetti non vuole (e pure Matteo Salvini non lo vuole:  per una volta sono completamente d’accordo). Per il resto, è un gran casino. Attilio Fontana aspetta a dire la sua, governatore uscente che dunque per la Lega rimane la prima scelta, mentre le inchieste si sgonfiano come soufflé. Letizia Moratti non si fa sfuggire neanche un fiato, testa bassa e pedalare con i numeri della campagna vaccinale tornati da primi della classe. Guido Guidesi macina consensi nelle aziende lombarde. Tanto che un grande del passato politico della Regione, marca centrosinistra, ne ha letto i movimenti: “Questo è bravo, quindi è pericoloso”. Il tutto, all’ombra del Colle. Enrico Letta, una decina di giorni fa, ha incontrato “virtualmente” il partito lombardo. Ha detto che la Lombardia non è una partita solo locale. Una banalità, in apparenza, che nasconde però un’ambizione non da poco: per la prima volta il centrosinistra ci proverà, e il partito (nazionale) intende dire la sua. Questo, almeno, il progetto.