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Innovazione e sapere tecnico. Lo stato maggiore degli ingegneri si riunisce a Milano

Daniele Bonecchi

Se il design e i creativi hanno dominato la scena della città meneghina fino a un paio di lustri fa, oggi il fronte dell’innovazione è occupato militarmente da i professionisti usciti Politecnico. Come gran parte delle archistar. Parla Bruno Finzi, presidente dell’Ordine locale

La competizione è aperta. Se la Milano del design e dei creativi ha dominato la scena fino a un paio di lustri fa, oggi il fronte dell’innovazione è occupato militarmente dagli ingegneri usciti dal Politecnico (come gran parte delle archistar). Accanto al Bosco Verticale e ai grattacieli di City Life, si fanno largo le tecnologie ingegneristiche, indispensabili in ogni campo per l’innovazione. Anche sul terreno della rigenerazione urbana, tema cruciale oggi, dove Milano è la città guida in Italia e un punto di riferimento internazionale, architettura e ingegneria hanno messo in moto una competizione virtuosa.
“Il problema è capire quando è opportuno rigenerare demolendo e ricostruendo o quando invece si può rigenerare letteralmente sostituendo e riparando le costruzioni già esistenti, è uno dei discorsi fondamentali, dove l’ingegneria può fare da guida”, spiega al Foglio Bruno Finzi, presidente dell’Ordine degli ingegneri Milano, che si appresta ad aprire a Milano gli stati generali della categoria. Competenti chiamati a discutere di innovazioni che riguardano tutti, lontani dl chiacchiericcio della politica.

 

“Nonostante una normativa nazionale e regionale, le varie stratificazioni della burocrazia oggi sono un ostacolo”, spiega Finzi prendendo di petto uno dei grandi ostacoli dell’innovazione. “In questo ambito proprio gli ingegneri tentano di dare delle linee guida più moderne. Partendo dall’esperimento riuscito dell’idoneità statica degli edifici, che ha permesso di scoprire un 30 per cento degli edifici con problemi di idoneità statica, che hanno suggerito a condomini e proprietà di intervenire per sanare”, prosegue Finzi. 

 

Non soltanto edifici, però. Ad esempio è l’ingegneria medica, “che mai come oggi ha avuto grande attenzione”, a occupare gli spazi più ambiti. “La bioingegneria e la biomedica, la possibilità di migliorare una scienza così importante è argomento che si va sviluppando rapidamente”, ragiona Finzi. Sarà un tema di dibattito al convegno milanese. Anche perché s’intreccia con progetti come quello ospitato da MIND, con Human Technopole, nato per sviluppare la ricerca di frontiera nelle scienze della vita con l’obiettivo di ideare nuovi approcci per la medicina personalizzata e preventiva e per promuovere innovazione e progresso favorendo il trasferimento tecnologico nei rapporti con l’industria, per aiutare la traduzione di scoperte scientifiche in applicazioni tangibili a beneficio di pazienti e della società.

 

Poi c’è il campo largo, per la città metropolitana, cioè quello delle infrastrutture. Decisivo. “Noi – conferma Finzi – abbiamo già posto la nostra attenzione sui trasporti e in particolare sulla consegna delle merci. Basta pensare al successo delle consegne a domicilio durante la pandemia. E su come queste consegne non debbano causare un ulteriore tappo alla mobilità cittadina, col ritorno della normalità. Abbiamo già sviluppato dei progetti sull’ultimo miglio da percorrere, coi treni notturni e poi con le bici elettriche. Progetti fatti propri dal comune di Milano”. Poi c’è la digitalizzazione, “tutto ciò che ruota attorno all’ingegneria informatica, tra sicurezza, 5G, che aiuta la comunicazione in termini di velocità e sicurezza.

 

Si pensi – prosegue Finzi – che ogni nucleo deve avere degli accessi digitali e nei prossimi 5 anni l’80 per cento delle famiglie sarà collegata e potrà scaricare certificati e avrà accesso a dei data base”. L’attenzione dei professionisti si concentra anche sulle risorse del Pnrr, coi suoi 350 milioni (tra i tanti) per risanare le case popolari di Milano. “È fondamentale fare una diagnosi, per valutare se vale la pena risanare o ricostruire. Gran parte del patrimonio è stato costruito nell’immediato dopoguerra e la sua sorte è già segnata, perché il materiale di costruzione dell’epoca non consente cicli di vita oltre i 50-80 anni. È importante nel piano di ricostruzione la questione del ricollocamento dei residenti, con degli spazi jolly, dove sistemare le famiglie, mentre le case vengono ristrutturate o meglio ricostruite”, conclude Finzi, offrendo un assist all’amministrazione comunale.

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