Domenique Meyer e Riccardo Chailly (Lapresse)

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Muti e la Scala, cronaca di un eterno bisticcio (visto da vicino)

Fabiana Giacomotti

Riccardo Chailly è l'altra faccia della commedia dell'arte, quella sorridente. Rimarrà alla guida della Scala fino al 2025. Comunque, assicura il sovrintendente Dominique Meyer, "non c’è concorrenza fra i maestri"

Nella storia di questo paese negli ultimi decenni ci sono due sole certezze: la frantumazione del Pd e Muti che litiga coi sindacati della Scala. Beata te che assisti alla rappresentazione del caso migliore”, osservava qualche giorno fa la collega televisiva romana dopo aver saputo che saremmo state fra i pochi (cinquecento) spettatori dal vivo del concerto del maestrissimo con i Wiener Philharmoniker nella fatidica data dell’11 maggio, che è nel karma del Teatro alla Scala come il 5 in quello di Coco Chanel. L’11 maggio del 1946 ormai viene insegnato ai bambini delle primarie: Arturo Toscanini diresse il concerto di riapertura della Scala dopo la ricostruzione post-bellica.

 

A settantacinque anni esatti di distanza, Riccardo Muti è salito sul podio, rivolto tanto all’orchestra dispiegata sulla pedana che ormai da un anno copre la platea quanto al pubblico che dai palchi si è goduto gesti e sguardi e ciuffo leggerissimamente incanutito, e ha eseguito un programma di rasserenante potenza: “Meeresstille und glückliche Fahrt” di Mendelssohn, e sembrava davvero di veleggiare in acque calme, la Sinfonia n. 4 di Schumann e la Sinfonia n. 2 di Brahms. Poche ore prima gli spettatori di Rai Cultura avevano assistito al concerto del giorno precedente, diretto da Riccardo Chailly, direttore musicale, e interpretato dall’Orchestra della Scala, che nei giorni precedenti alla riapertura si era parecchio, e diremmo giustamente, impuntata: questo è il nostro teatro, chiuso da mesi; lo riapriamo noi e non i Wiener.

 

Dunque sì, c’era stata maretta nelle ore precedenti ai concerti, e siamo certi che non sia ancora finita. A dirla tutta, avremmo volentieri fatto a meno di assistere a qualcuno di quei momenti – fra quelli che sono andati in scena e quelli dietro le quinte nel fatidico 11 maggio – prima e soprattutto dopo lo strepitoso concerto di quella orchestra dal suono così limpido e arioso. Quando insomma Muti è rientrato nell’anticamera al termine del bis e ha trovato Chailly che lo aspettava per abbracciarlo e fargli complimenti evidentemente non graditi (“e prima e dopo?”, l’ha apostrofato irritatissimo, “sei sempre qui?”). Che bellezza, vedere signori così âgée e ancora così tonici, così perfettamente divi alla vecchia maniera. E anche capire perché Chailly, con il suo fare morbido, atto a smussare le fratture con i sindacati che si erano annunciate una settimana fa – “La musica è una missione, e il fatto di esibirsi proprio in questa data è una co-in-ci-den-za”, ha scandito Muti prima del bis con Strauss rivolgendosi non tanto al pubblico quanto agli orchestrali della Scala che da qualche parte dovevano pur essere e certamente stavano ascoltando – sia stato riconfermato alla guida della Scala fino al 2025. 

 

Non è più epoca di capricci, perfino gli head hunter del giro bancario hanno imparato a selezionare i nomi degli amministratori delegati per la capacità di fare squadra e di includere più che di imperare dividendo, e dunque Chailly nel ruolo dell’elegante ospite è quanto non soltanto la Scala, ma il mondo musicale di oggi si aspettano. Collaborazione. Che, non a caso, ha sottinteso anche il sovrintendente Dominique Meyer: “Sono felice di vedere qui i nostri due direttori musicali italiani. Io li voglio tutti. Non c’è concorrenza fra i maestri, questo è il luogo naturale dove esibirsi”, ha detto. Meyer vorrebbe Muti a dirigere un’opera a Milano: “Gli ho fatto delle proposte, speriamo abbia voglia di tornare”, ha aggiunto. Dal 2005 infatti Muti a Milano ha diretto solo orchestre ospiti ma mai l’ensemble scaligero, e mai in buca.

 

Non sarà facile, perché già si preannuncia una nuova bufera: nella settimana del 7 dicembre Muti sarà alla Fondazione Prada con la sua Italian Opera Academy e un programma di studio attorno al Nabucco, mentre Chailly dirigerà il Macbeth al Piermarini. L'altra mattina, abbiamo fatto una telefonata in Fondazione per aver ragguagli. Risposta: “La linea ufficiale è di non confermare”. Dunque sì, Muti sarà fra le poltroncine di Rem Koolhas, per un pubblico ancora più eletto dell’altra sera, data la capienza della sala, solitamente riservata a film d’essai e dibattiti. In ogni caso, pagheremmo per assistere a un dietro le quinte fra il maestro e il patron Patrizio Bertelli, se qualcosa non risultasse di reciproco gradimento.

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