Gabriele Albertini (LaPresse)

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Per chi suona il calendario? Tra Albertini e il fattore tempo

Fabio Massa

La corsa a sindaco di Milano sarà inevitabilmente caratterizzata dall'arrivo dell'estate, che sarà lo spartiacque della campagna elettorale. Intanto il centrodestra attende i sondaggi e un'indicazione da Silvio Berlusconi

Quando sarà tutto finito, a ottobre, sembreranno quisquilie. E invece la scelta dei tempi in politica è la trama invisibile sulla quale si costruiscono le vittorie. Per dirla con il mitico Harvey Specter, “chi vince non dà il merito alla palla, al canestro o alla velocità del vento nella stanza”. E non dà neppure il merito alla scelta dei tempi: che invece è una variabile decisiva, per quanto sottovalutata. Per capirlo, basta osservare com’è cambiata la narrazione della politica milanese alla sola ipotesi che Gabriele Albertini possa ritornare in campo come candidato del centrodestra. Tutti hanno cominciato a ragionare su come sarà l’umore di Milano dopo l’estate, e quanto potrebbe avere il fiato lungo Beppe Sala, dopo mesi a logorarsi con quel bradisismo continuo che è la sinistra in città. Per ora Albertini attende, non conferma e non smentisce, non parla. È in attesa, pare, anche degli esiti di un sondaggio di Alessandra Ghisleri, vicina alla Real casa di Arcore, che potrebbe essere non negativo. O comunque non così negativo, per lui, come quello realizzato due giorni fa da Ipsos di Pagnoncelli su Beppe Sala, che darebbe il sindaco uscente vincente con il 54 o il 58 per cento contro un Albertini tra il 42 e il 46. Si vedrà, forse a breve.

 

Nel frattempo non si può non notare che il cambiamento della scadenza, da maggio a ottobre, ha mutato profondamente  il ritmo necessario all’avvicinamento alla fase finale. E in molti si interrogano sulla scelta di Beppe Sala di presentare la propria lista, iniziando un percorso che pare adesso estraneo alla città – alle prese con la fine della terza ondata, che spera nei vaccini e che vuole solo sentir parlare di ripartenza, di ripresa, di uscita dalla malattia. Insomma, nella Milano convalescente la proposta tutta politica delle liste pare rassicurare più i candidati che costituire veri e propri momenti di politica cittadina. Secondo le indiscrezioni a sinistra le liste verranno più o meno presentate tutte entro giugno, Partito democratico compreso. Ma tutti sono consapevoli che la presenza dell’estate sarà come il passaggio di un grande cancellino sulla lavagna, un colpo di spugna sulla memoria dei cittadini, già poco interessati ab origine. E dunque, tutto quello che si sta facendo adesso sarà mediaticamente nullo, e politicamente afono.

 

Più prezioso il lavoro di raccolta fondi, di costruzione delle reti, di attivazione dei centri di potere profondi in città. Per quello serve tempo, e Beppe Sala è sicuramente in vantaggio su un centrodestra che continua a sperare nel jolly Albertini. Per il quale non c’è una motivazione valida alla fretta dell’annuncio se non quel dato che i più avvertiti vanno ripetendo: mezzo milione di milanesi si sono trasferiti negli ultimi dieci anni. Tradotto: Albertini non lo conoscono. Ma lui già conosce ed è riconosciuto dai centri di potere profondi. La parte pubblica potrà arrivare dopo, in una campagna che non può svegliarsi se non finita la stagione estiva, in una corsa brevissima e bruciante concentrata all’inizio di settembre. I più preoccupati oggi sono i candidati, che nel fronte di centrosinistra sono una pletora ansiosa, con una decina di liste che si daranno battaglia. Loro avranno poco tempo per provare a imporsi.  

 

 

Poi c’è il centrodestra, dove nemmeno l’arrivo di Albertini, se ci sarà, risolverà tutti i problemi. Come quello neppure troppo latente tra Fratelli d’Italia e Lega. In Consiglio regionale, l’altro giorno, i consiglieri di centrodestra si producevano in battute ironiche, gli uni con gli altri, sulla voracità del partito di Giorgia Meloni e sulle continue telefonate dell’ex europarlamentare Stefano Maullu ai consiglieri di zona di Milano. Corteggiamento continuo e un po’ di durezza da parte di Daniela Santanché e Ignazio La Russa, quando a brutto muso hanno detto a Matteo Salvini che Albertini va pure bene, ma che deve stare sul conto della Lega. Traduzione: non paghiamo noi e soprattutto ci dovete un posto da qualche altra parte in Italia. Così la partita rischia di impantanarsi di nuovo, se il lavoro congiunto di Ghisleri & Salvini non convincerà Silvio Berlusconi a dire una parola risolutiva. Del resto, si è sempre detto che il candidato sindaco non può che passare da Arcore. E mai è stato vero come in questo momento.

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