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Il nome per la corsa a sindaco di Milano. Sala temporeggia, la destra punta su Veronesi e Dallocchio

Fabio Massa

Il Covid sposta più in avanti la scelta del candidato (per lui è un vantaggio). Ma i due nomi emersi finora sono forti e competitivi, difficili per Sala, che adesso è alle prese con il virus ma che deve pure tenere d’occhio il 2021

Lockdown e stop & go, Trump & Biden, il Covid mescola continuamente le carte della politica mondiale ma anche di quella cittadina. In questo caso, soprattutto, allontana le date e di conseguenza i nomi. E così, in un caleidoscopio che rende difficilissimo vedere quello che sta dietro alla seconda ondata, la politica si muove senza vedere la costa. Beppe Sala pare aver archiviato definitivamente l’idea di dire se si ricandida oppure no. Il temporeggiatore. Doveva essere dopo l’estate, poi a fine ottobre, dopo i suoi incontri con la città. Ma novembre è iniziato e pare a tutti che il suo motto sia un titolo di John Fante: “Aspetta primavera, Beppe”. Non una posizione politicamente scomoda, questa, per il sindaco. Sala sa perfettamente che la propria riconoscibilità, che in questo momento si traduce in consenso, è estremamente più alta di chiunque voglia scendere in lizza contro di lui. Una campagna ridotta nel tempo (ah, c’è il Covid signora mia…) offrirebbe a lui meno opzioni di sconfitta e più chance di vittoria. Inoltre rimandare la campagna evita ulteriori turbolenze nella traversata della seconda ondata e della possibile terza, a inizio dell’anno prossimo. Turbolenze che portano tutti coloro che governano a registrare cali di consenso nel mondo.

  

  

Inoltre, e questo sia detto a onore di Sala, il primo cittadino si è messo su un piano inclinato nel quale ci vuole molta forza per tenere la posizione: quello di sostenere una linea comune con Attilio Fontana, il governatore. L’asse tra i due è evidente, e ha provato a romperlo dapprima Matteo Salvini, e adesso è sotto attacco della sinistra radicale, che sta bombardando il sindaco sui social dicendo che sta commettendo lo stesso errore di #milanononsiferma e dimenticando di colpo gli ultimi lunghi anni di battaglie per i diritti e contro la destra, andando contestualmente a rievocare la precedente esperienza amministrativa da city manager di Letizia Moratti. Insomma, una vita fa (neppure tanto serena: Sala se ne andò sbattendo la porta). Ma la politica dove le posizioni sono esacerbate, dove – estremizzando, polarizzando, banalizzando – ci sono i garantiti che vogliono chiudere tutto e precari/imprenditori che vogliono tenere tutto aperto, porta a scordarsi di tutto e a offrire contrappassi per ogni decisione che si assume. Ad ogni modo il rinnovato asse con Fontana è difficile da “tenere“ per Beppe Sala: si vedrà quanta forza avrà nel portarlo avanti, anche a scapito del consenso a sinistra.

 

Sta di fatto che la strategia del rimando di Sala aumenta le difficoltà della destra nella scelta del proprio candidato, e accorcia i tempi per “costruire” l’immagine pubblica dell’uomo (o della donna) giusto. Così intanto il centrodestra partorisce, settimana dopo settimana, almeno un paio di nomi alla volta. Ci sono quelli incomprensibili, come Franco Baresi. Ma sul tavolo ci sono almeno due opzioni assai valide. Ed entrambe – segnale da cogliere per gli amanti della politica – hanno espresso una disponibilità di massima, e comunque vaghissima. La prima opzione, per adesso in stand by, è quella di Paolo Veronesi, figlio di Umberto, anche lui medico di fama, che piace tantissimo alla Milano che conta e che può giocarsi il jolly della competenza sanitaria, che oggi vale oro. Ma dopo la comparsa del suo nome nel toto-candidati, Veronesi si è messo in silenzio. O in ascolto, come piace dire. L’altro nome, più recente, è quello di Maurizio Dallocchio. Professore della Bocconi, consulente superstimato, past dean della School of Management, spiega al Foglio: “Mettiamola in questo modo. Credo che per via delle mie attività universitarie, per quello che ho scritto, per quello che ho fatto nel mondo delle imprese e delle istituzioni a qualche amico è venuto in mente di chiedermi di valutare la possibilità – se ce ne fossero le condizioni – di scendere in campo con una candidatura. E qui ci siamo fermati. Non ho dato alcuna disponibilità, ma sono stato ad ascoltare. La cosa mi ha molto lusingato e sarebbe stato strano il contrario”.

 

E quindi? Che si fa? Dallocchio è “cartesiano”. “Io applico una logica cartesiana nella mia vita. In questo momento non c’è un tema perché non c’è una proposta. Quando si porrà una proposta, mi porrò il tema che andrà declinato lungo tre direttrici. Una prima si chiama qualità della vita, una seconda si chiama qualità del lavoro e dell’attività professionale e una terza direttrice riguarda le prospettive”. Insomma, non è un lockdown alla candidatura ma neanche una discesa in campo. Quel che è certo è che i due emersi finora sono nomi forti e competitivi, difficili per Beppe Sala, che adesso è alle prese con il Covid ma che deve pure tenere d’occhio il 2021. Perché dopo la primavera arrivano le elezioni, Bandini.

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