Il foglio review

La copertina del Foglio Review raccontata da Matilde Chizzola

Gaia Montanaro

L'illustratrice che l'ha disegnata ci parla di "America", la cover del nuovo numero del magazine del Foglio, in edicola da sabato 28 giugno

Matilde Chizzola ha illustrato la cover del nuovo numero della Review, in edicola per un mese dal 28 giugno. Si intitola “America” e parla talento sprecato, degli Stati Uniti come terra non più di opportunità e della “voracità” di Donald Trump.

Qual è stato il processo creativo dietro l'illustrazione della cover del Foglio Review, “America?"

Prima di arrivare all’idea definitiva, ho esplorato diverse direzioni. Il mio processo creativo parte quasi sempre da un elenco di parole chiave legate al tema: ne scrivo tante - spesso, troppe - e poi cerco di trasformare le più significative in metafore visive. In questo caso sono emersi concetti come “distruzione”, “bagaglio culturale” e “perdita”. Parallelamente, volevo rappresentare Donald Trump enfatizzandone i tratti caricaturali, quelli che lo rendono così riconoscibile nell’immaginario collettivo. Da qui è nata la composizione finale: da un lato, Trump al centro della scena, figura prepotente e disturbante; dall’altro, una lettura più profonda che parla della distruzione del sapere, del bagaglio culturale che gli studenti si portano dietro e che rischia di andare perduto.

Il tema di questo numero è quello del “talento sprecato”. Come ha lavorato per scegliere i vari elementi narrativi da includere in copertina?

Ho dedicato diverse ore alla ricerca, approfondendo il tema attraverso video reali delle proteste negli Stati Uniti e i discorsi di Trump stesso. Mi sono documentata anche sui corsi effettivi delle università coinvolte - in particolare Harvard - cercando di individuare i principali ambiti di studio: scientifici, umanistici e giuridici. L’obiettivo era tradurre visivamente questi elementi, costruendo una sintesi iconografica che raccontasse, in modo immediato, la grande varietà della cultura e delle risorse che rischiano di andare perdute dopo gli ultimi avvenimenti.

Dal punto di vista cromatico e compositivo, come ha costruito la cover?

Per me era importante che Donald Trump venisse rappresentato come una figura ingombrante, grottesca, quasi soffocante. Per questo motivo, mi è sembrato ovvio renderlo il protagonista assoluto della composizione e collocarlo quindi al centro dello spazio. Gli oggetti accademici si muovono verso la sua bocca seguendo due diagonali che convergono nello stesso punto, andando quindi ad accompagnare lo sguardo dell’osservatore verso il centro dell’immagine. Per quanto riguarda la scelta cromatica ho optato per tinte forti, quasi elettriche, ispirate al linguaggio visivo dei fumetti. Trump diventa così un super villain: ipersaturo, urlato, impossibile da ignorare.

Quali sono i riferimenti artistici a cui guarda per il suo lavoro?

Non ho riferimenti artistici fissi: mi piace cambiare spesso e lasciarmi ispirare da fonti molto diverse. Spesso prendo spunto da ciò che incontro nella vita quotidiana - manifesti, adesivi, scritte, dettagli visivi che magari non hanno nulla a che fare con l’illustrazione, ma che mi colpiscono per qualche motivo. Ho una cartella sul telefono in cui salvo tutto, insieme - ovviamente - a quella dedicata al materiale che trovo online. In questo periodo, se dovessi riassumere le influenze più presenti, direi Guy Billout per la forza delle metafore visive, l’arte di propaganda per le sue scelte compositive e di layout (nonostante non ne condivida i contenuti), e Bruno Munari per la chiarezza e la sintesi progettuale.

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