Un Natale diverso, ma almeno con i regali giusti (e foglianti)

Libri, tapis roulant, pigiami e canoe. Poster o catene, perfino carte nautiche. E soprattutto la salama da sugo. Ecco la tradizionale guida semiseria dei pacchi da mettere sotto l’albero 

L’anno della pandemia, tra le molte cose che ha cambiato nella nostra vita, ha cambiato qualcosa anche nella nostra attitudine agli acquisti, rendendo spesso il nostro personalissimo rapporto con l’e-commerce non meno compulsivo del nostro rapporto con i pan di stelle la sera di fronte alla tv. Molti acquisti si sono rivelati poco utili (centinaia di euro buttati in accessori tipo Ponte-Nasale-in-Silicone-Anti-Appan per non fare appannare gli occhiali: se avete gli occhiali e avete la mascherina dovete aspettare che Arcuri vi porti un vaccino per rimettere a fuoco il mondo) altri si sono rivelati strategici. Una pazzia per il Natale e per l’anno che verrà: un tapis roulant (magnifico il Diadora Fitness Star 2000), non per dimagrire ma per poter ingrassare sapendo di poter comunque dimagrire in qualsiasi istante. Una non pazzia ma molto utile se si è insonni, se si è sdraiati al letto se si vuole guardare una qualche serie tv senza dover girare di notte a casa cercare un tablet con gli occhiali appannati (restano appannati anche senza mascherina, se qualcuno ha un consiglio): una lente di ingrandimento per lo schermo del telefono, in legno massello, per guardare film e serie tv dal telefonino ingrandendo direttamente lo schermo del telefonino (una rivoluzione). Se si vuole passare all’analogico due consigli di lettura: “Profezia e potere” (Adonis, Guanda) e “L’impresa eccezionale” (Tyler Cowen, Luiss).
Claudio Cerasa

   

Quest’anno regalo un fiore a Denis Verdini. Meglio, un fiore e una lima.
Andrea Marcenaro 

 
A costo di sembrare più tradizionale di un paio di pantofole regalate al nonno sulla sedia a dondolo, e meno fluido e digitale di quanto richiederebbe questo tempo, vorrei regalare a tutti il San Giuseppe che dorme tanto caro a Papa Francesco. Lui dorme, perché non ha paura del domani, ma intanto provvede per noi, per i nostri figli e i nostri guai. O meglio provvede il buon Dio. Basta mettere una richiesta sotto il suo fianco addormentato: c’è qualcosa di più semplice e utile di così?  E poi per l’anno che viene Francesco ha indetto il giubileo speciale di San Giuseppe e lui ha questo che davvero lo rende simpatico, ai nostri giorni: che nel Vangelo non dice una parola. Nemmeno una. Se invece dovessero farlo a me, un regalo, sono usciti i Neil Young Archives Volume II, dieci cd per soli quattro anni di musica, 1972-1976. Me li ascolterei con le mie AirPods mentre cammino per le torbiere di Islay, col profumo del mare e dell’acqua e del marcio nel naso, quando sarò in pellegrinaggio tra le sue distillerie di whisky. Perché ci andrò, sì che ci andrò, a dispetto dei santi e di questo Natale del 2020. Auguri, cheers.
Maurizio Crippa 

  

In questo Natale mi sentivo molto sfortunata e svogliata, con i miei genitori e mia sorella in un’altra regione, in quarant’anni non ho mai fatto un 25 dicembre senza di loro. Poi è venuta a trovarmi Elena, che è una persona di famiglia perché è stata la tata dei miei figli e la mia salvatrice, e mi ha detto che non torna in Moldavia da un anno, e non potrà andare nemmeno per Natale (da loro si festeggia il 7 gennaio) e che le sembrava di svenire e sentiva come se le stessero mordendo il cuore. Là ci sono i suoi tre figli, sua madre, i suoi fratelli e i nipoti, “ho bisogno di casa mia”, ha detto lei che non si lamenta mai. Le restano le videochiamate, e aspettare altri mesi. Le restano i pacchi di regali che da anni mette sul pullman che parte ogni domenica, e i pacchetti che le manda la sua famiglia da là, con il cibo di casa. Quest’anno per Natale anche io, non potendo avere la mia famiglia, voglio solo il cibo di casa. La salama da sugo, il panpepato, il lambrusco, i cappelletti, il purè, il pasticcio di maccheroni. E mandare pacchi, e aspettare pacchi. A me stessa ho regalato già il supporto da computer con cuscino, per leggere e scrivere sul divano dopo avere mangiato tutta quella roba.
Annalena Benini

 
Sono nove anni che Christopher Hitchens è morto, ho appena rifatto il pieno di lui leggendo “Inside Story” di Martin Amis. Mi gira in testa la prima conversazione dei due citata nel libro: parlano di donne, sono innamorati, amano due “terroriste”, e per Hitchens il complimento assoluto è questo, la terrorista, “una donna con una personalità forte, forte abbastanza da suscitare paura”. Mi girano in testa i loro ricordi, un mondo appassionato e passato, ma questa immersione non mi basta, credo non basti nulla per colmare certe assenze. Così ho pensato che come regalo vorrei tutto quello che ha scritto Hitchens, articoli, saggi, libri. Tutto quello che i suoi amici geniali hanno scritto e raccontato di lui. Tutto quel che Hitchens ha detto nelle sue conversazioni pubbliche, perché la sua voce mi manca tanto (a me certe voci scaldano e consolano e non so farne a meno), mi manca dover fermare le registrazioni e andare a cercare il significato di certe parole perché aveva un accento e un linguaggio a tratti incomprensibili. Ecco, vorrei la sua voce nelle orecchie, i suoi scritti sotto gli occhi, le foto anche, ce ne sono di pazzesche, e un Montenegro perché l’unica cosa che gli ho detto che non sapesse già è stata: ammazzacaffè. Tutto Hitchens tutto insieme, non chiedo altro, all’amaro ci penso io.
Paola Peduzzi 

  
La prima cosa che mi viene in mente, da ricevere e da regalare, è la vita che avevamo prima. Lo so, c’è chi dice: non saremo mai più gli stessi, questo periodo magari ci ha migliorati, non bisogna guardare indietro. E probabilmente in parte è vero. Ma io la rivorrei subito, la vita Perduta, e più guardo le vetrine e le strade insolitamente meste più mi sale una nostalgia, capricciosa, forse, ma insopprimibile. Vorrei (e vorrei regalare) tutto indietro e tutto subito: la folla, le luci che si mischiano alla folla, i saluti in tanti, il cinema, un viaggio, un Capodanno a girare a caso nella città straniera, il balletto di Natale, regalo che mi facevano i nonni da piccola, tornato tradizione da quando ho una figlia. E anche il pomeriggio al pattinaggio sul ghiaccio assembratissimi, imbranati e contenti, con sottofondo di musica burina - e devo dire che mi manca persino quella.
Marianna Rizzini  

  
Un presepe. Suggerimento strano, dirà qualcuno: proprio quest’anno che il Natale “non esiste” (Vincenzo De Luca dixit), che lo spirito natalizio non è quello di una volta (lo si dice più o meno ogni anno), che anziché compulsare le melodie natalizie sul proprio smartphone si controlla che l’app IO abbia finalmente registrato l’Iban per poter accedere ai rimborsi governativi. Un presepe, sì. E’ necessario. Perché potrebbero venire in mente strane idee, soprattutto guardando cosa si intende per “presepe” dalle parti del Vaticano. Ogni anno, piazza San Pietro s’addobba infatti per il Natale: l’alberone gigante e il presepe. Quest’anno le statuine (in ceramica, per carità, non certo di cartone) sembrano uscite da una puntata di Futurama, tra angeli che sembrano cavatappi, loschi figuri con elmi scuri, tacchini (con tanto di bargigli) e così via. La domanda è: perché? Perché non fare una cosa semplice, normale che rappresenti davvero il Natale? E’ così difficile? No. Per cui, ecco: atei e credenti, tradizionalisti e radicali, comprate una Natività o anche solo una statuina (purché non sia un tacchino). Basta poco, un piccolo segno. Così si potrà comunque dire che anche questo è stato un Natale se non altro tradizionale. Per non dire ai nipoti, fra vent’anni, che nel 2020 a mezzanotte si guardava in adorazione i report dell’Istituto superiore di sanità e le transazioni sulla app IO.
Matteo Matzuzzi

  
Le parole dell’anno sono distanziamento, dpcm, vaccini. Ma soprattutto #stateacasa. Ecco, stiamo passando un sacco di tempo a casa, eppure c’è chi continua a perdersi le cose: chiavi, appunti, zaini, maglioni. La tecnologia, almeno in parte, viene in aiuto ai distratti. Ci sono dei piccoli oggettini che funzionano come localizzatori da usare come portachiavi, da infilare nel portafogli, o da attaccare alla borsa. I due marchi più famosi sono la Tile californiana e la Filo, una startup italiana. Entrambi usano la tecnologia bluetooth e costano al massimo quaranta euro. Perfetti da regalare (no, per ritrovare sé stessi vale sempre il solito viaggio in India a Covid debellato). La Tile li fa anche personalizzati per le aziende, come gadget da regalare.

  
Ps. se volete fare un regalo altrettanto utile, potete regalare anche un tampone: una ventina di euro il rapido, una sessantina il molecolare. A corredo del kit antipandemia potete mettere nel pacchetto la U-Mask, la mascherina riutilizzabile e con lo stesso filtro di una chirurgica. Un regalo all’ambiente, ma in sicurezza.    
Giulia Pompili 

 
Se avete il pallino dei regali utili e se avete una moto o uno scooter, consiglio di farvi regalare una catena come si deve. C’è una marca austriaca, la Pewag, che fa catene di acciaio da 14 millimetri di spessore. Hanno un aspetto da industria pesante che fa da deterrente e una sezione quadrangolare che complica molto la vita a chi volesse tagliarla o romperla. Fino a dieci millimetri un ladro può tranciare una catena grazie a un tronchese di quelli grossi, dopo deve portarsi dietro aggeggi più complicati. In teoria nessuna catena resiste per un tempo infinito a un attacco con l’equipaggiamento giusto, in pratica i ladri non possono passare troppo tempo a lavorare sulla vostra catena con strumenti rumorosi e dopo un’occhiata sceglieranno altri veicoli. Fatevene prendere una da 14 millimetri e di almeno un metro e mezzo di lunghezza, così la potete passare attorno a qualche palo senza scene ridicole. Sono anche di acciaio trattato, quindi la catena resta come quando l’avete comprata.  Se volete una marca italiana c’è la Viro di Bologna allo stesso livello di qualità. Le cose “come si deve” vi accompagneranno per sempre: una catena solida passerà ai vostri nipoti, ammesso che vostro nipote avrà mai la necessità di legare una moto o uno scooter a un palo. 
Daniele Raineri

 
A innamorarsi della letteratura si finisce per essere personaggi. E a innamorarsi troppo della letteratura di un paese si finisce un po’ per diventare personaggi di noi stessi. Corro il rischio, “I russi sono matti. Corso sintetico di letteratura russa 1820-1991” di Paolo Nori è una piccola mappa, della letteratura e anche della Russia, raccontate, tutte e due, come fosse una storia della letteratura, della Russia, dell’autore e di tutti noi studenti ex studenti aspiranti studenti e anche non studenti di russistica, rimasti innamorati della letteratura più bella che c’è. Era già uscito qualche annetto fa, ma ora è riuscito con un’edizione più bella. Regalate la nuova.
Micol Flammini

   

Prima di tutto, ci tengo a sottolineare un poco e per niente evidenziato aspetto positivo, in questa selva di contropartite e batoste che è la nostra vita negli ultimi mesi (e faccio uno sconto all’ultimo non prospero quinquennio perché è Natale): la clausura impedisce a zii, ex amici e debitori di varia natura di regalarci spaventosi pacchetti di “esperienze” – fine di strabilianti due giorni in parapendio o a caccia di caprioli. Questo Natale ha senso il regalo domestico, durevole e palpabile: niente buoni esperienza. Regalate un tappeto (uno bello, magari persiano, non quelle patacche villose che stanno bene soltanto a casa degli influencer), perché serve a stare a terra senza essere a terra e, in certi fortunati magici casi, serve a volare. Se però la vostra carta di credito dovesse avere l’aria stanca, virate su un poster della Discoteca Italiana: la scelta è vasta, da Battisti ai Csi, i migliori versi della musica italiana trasposti in manifesti illustrati magnificamente. A canzoni non si fan rivoluzioni, ma tutto il resto sì, inclusa una stanza senza più pareti ma dischi. Auguri, state buoni se potete. 
Simonetta Sciandivasci 

  
Messaggio natalizio in bottiglia (pensando più all’ordine pandemico delle cose che a un destinatario reale del regalo e del consiglio). Ci manca tanto la musica dal vivo, ma regalare un concerto, che sarebbe un’idea niente male per lasciarsi alle spalle il 2020, va al di là delle nostre possibilità. Dunque, compromessi. Si può approfittare del “regalo di Natale” dei Berliner Philharmoniker: l’abbonamento annuale alla Digital Concert Hall con una quarantina di concerti in streaming, l’accesso allo straordinario archivio dell’orchestra più un doppio cd fuori commercio con il suo direttore principale, Kirill Petrenko (149 euro). Ci è mancato anche Beethoven in questo che doveva essere il suo anno (250 dalla nascita), ci sono mancati i gioiosi assembramenti che la sua musica sembra invocare più di altre. Tentiamo di rimediare, con piccola spesa: il genio di Bonn ci perdonerà. Potete trovare le nove Sinfonie in un’edizione che aveva fatto molto discutere al suo apparire: il direttore è Roger Norrington (5 cd Swr, su Amazon a 13,68 euro). Se volete sorprendere, niente di meglio della Quinta sinfonia, uscita la scorsa primavera, diretta da Teodor Currentzis (Sony, 16,40 euro). Per sapere, leggendo, qualcosa di più, due alternative: il “Beethoven” di Piero Buscaroli, da maneggiare con cura, non solo per la stazza (Mondadori, 1.392 pp., 25 euro) e “Ludwig van Beethoven. 26-29 marzo 1827” di Artemio Focher (Libreria Musicale Italiana, 30 euro): resoconto dei quattro giorni dalla morte al funerale del compositore, cronaca della nascita di un mito romantico.
Roberto Raja

 
“Ieri sera guardavo la luna, era così bella che ho voluto filmarla. Alla fine ho visto che dal cellulare l’immagine era completamente diversa da ciò che stavo guardando. E oggi un amico mi ha fatto notare che ho visto qualcosa di inimmaginabile”. Insomma, come è come non è, pare che questo anonimo di Paranà abbia intravisto il profilo di Maradona disegnato dalle nuvole. In quest’annata venuta male, la linea che separa le romantiche allucinazioni dalle emerite minchiate sembra più sottile che mai. Sta di fatto, ahinoi, che fra le mille disgrazie ci tocca commemorare anche el Pibe de Oro. Vale la pena allora ricordare Diego a modo, come predicano dalle parti di San Gregorio Armeno: con una statuetta per il vostro presepe. A Napoli spopolano i flash mob: “Ogni presepaio – spiega Gabriele Casillo, dell’associazione dei bottegai di San Gregorio Armeno – porterà un omaggio in memoria di Diego”. Occhio a quella artigianale in terracotta, versione Maradona angelico, opera del mastro presepaio Genny Di Virgilio. Molto fragile, ancor più cara, dicono. Di certo un investimento in odor di miracolo, in attesa che El Pibe spicchi il volo.
Luca Gambardella

 

Cosa si indossa, si porta, si usa, in un assembramento, per abbracciarsi, alitarsi, toccarsi? Cercate quel prodotto lì e regalatelo, con l’avvertenza che entri in azione a partire dall’inizio dei prossimi ruggenti anni 20, cioè appena la diffusione di vaccini e anticorpi monoclonali sarà sufficiente. Certo, potrebbe essere qualcosa di carino per la primavera/estate, ma le vetrine sono piene di golfoni e giacconi. Allora pensate a qualcosa per non annoiarsi al mare, dal kite e strumenti a esso legati alle comodissime canoe per fare giretti o semplicemente un set di bocce da spiaggia. Oppure attrezzatura per sport di contatto, scarpini da calcetto o cose simili. O la guida ai migliori aperitivi del mondo che si tengano in luoghi affollati (esisterà certamente), abbonamenti a discoteche, biglietti di futuri concerti trap o del teatro dell’opera o delle sale da concerto in cui si esibiscano i vietatissimi cori, molto diffusori di droplet. Insomma qui si propone il regalo post-datato. Consegna ora, uso tra qualche mese, ma in piena euforia da anni ruggenti.
Giuseppe De Filippi

  
Un coltello per ostriche, vorrei mi regalassero. Per la mia casa pugliese dato che nella mia casa emiliana i frutti di mare non entrano: i frutti di mare devono essere vivi, al momento dell’acquisto e idealmente anche al momento del consumo, mentre in Val Padana le pescherie sono solite emettere effluvi dissuasivi. Un coltello per ostriche, valido anche per cozze, noci (di mare), fasolari lisci e bombati, tanto porno con quella turgida linguetta rossa. Non il coltello per ostriche disegnato da Fuksas perché se è funzionale alla gastronomia come la sua chiesa-cubo di Foligno è funzionale alla liturgia, stiamo freschi. Un coltello di azienda specializzata in coltelli, italiana (Ausonia, Due Buoi, Sanelli...) o perfino francese, da Laguiole, se il gentile donatore ha voglia di spendere per un manico in corno, così aggiungendo perversione alla perversione. Un coltello per ostriche siccome quella dei bivalvi è una delle pochissime macellazioni domestiche ancora legali, bisogna approfittarne prima che le masse vegane e puritane ne scoprano l’aspetto parafiliaco, magnificamente descritto da Gianni Brera (“La goccia di limone era un sadico messaggio su quella ipersensibile polpa verdognola. Le labbra si attaccavano al bordo scabro del guscio e succhiavano lente e voraci”), e impongano ai politici di vietarla.
Camillo Langone

   
Che poi uno non ci pensa mai, ma i Natali italiani hanno iniziato a prendere una brutta piega proprio quando abbiamo iniziato a introdurre l’originalità nello scegliere i regali. Eccola, la crepa da cui s’è infiltrato il malanimo che rende il rito dello spacchettamento collettivo uno stillicidio di cattiverie che si ripropongono di anno in anno, come il retrogusto asprigno dell’arancia nel Parrozzo di nonna. Quindi, insomma, prima di tutto, ritornare ai fondamentali, a quei regali che non strappano l’entusiasmo di chi li riceve, ma hanno comunque un che di rassicurante. Chi l’ha detto, ad esempio, che un bel calzino, una bella pantofola, non possano essere la soluzione adeguata (si dice al singolare, ma si consiglia comunque di comprarne almeno due). Anche il pigiama, benissimo: purché con la molla alla caviglia, che non risalga nello struscio sotto le coperte, lasciando scoperto il polpaccio. Per noi maschietti: evitiamo i completini intimi troppo arditi, ché noi pensiamo di essere intriganti ma invece finiamo col passare per depravati, o per accusatori impliciti delle mancanze di lei, che poi se ne risente ed è peggio ancora. Anzi, evitiamo proprio l’intimo. Che anche se è azzeccato, poi magari ci si ritrova in quelle situazioni imbarazzanti in cui lei ci chiede se il tutto rende come rende indosso a Belen, e poi lo capisce che mentiamo (e no, niente psicologia inversa: anche riconoscere la superiorità di Belen non funziona, lei fingerà di apprezzare la sincerità ma poi ve lo rinfaccerà alla prima occasione utile: “Ah sì? Vedi se c’ha voglia Belen, stasera. Leva ‘ste mano”). Una bella lampada, ecco cosa serve. Sugli elettrodomestici, soprassediamo. Qualsiasi cosa si possa regalare, ne esisterà di certo una versione più aggiornata, più efficiente, più gradita. E cautela, molta cautela, pure con gli abbonamenti a Netflix per i genitori: che poi, dopo una fase in cui ci tampinano di domande su quali tasti pigiare per mandare avanti e indietro, ce li si ritrova irriconoscibili nel giro di un paio di mesi, e d’improvviso saranno loro a tagliare corto a telefono, di sera, perché è uscita la prima puntata della nuova stagione di quella serie australiana che gli è tanto garbata. Per cui, in questi casi, si consiglia un buono sconto dal gommista, valido però per almeno sei mesi.
Valerio Valentini

  
Singolare richiesta. Cosa voglio ricevere ma meglio cosa voglio regalare. Sono domande da birboni. E per di più senza stabilire se potrò usufruire o meno del cashback. Iniziamo dai vicini. Dalla direzione del Foglio desidero ricevere un carnet di biglietti Frecciabianca Roma-La Spezia (il regionale lo aggiungo io) per raggiungere le Cinque Terre dove prometto corrispondenze inutili e dunque bellissime (dal vostro inviato a Vernazza). In alternativa la tazza targata Il Foglio da usare come portapenne e per il caffè delle ore 7. Regali che farò. Il magnifico “Il mestiere dell’ombra. Tradurre letteratura” di Renata Colorni e “Piccola Enciclopedia di giochi per l’infanzia” di Andrea Camilleri, entrambi pubblicati da Henry Beyle. Aggiungo “llustrators Annual 2020” (Corraini). Proseguiamo. Una fascetta di matite vintage, a scelta, Presbitero o Hardmuth (andate per cartolerie). Una carta nautica a uso didattico con l’isola di Montecristo. La prima pagina della “Linea d’ombra” incorniciata perché “ci sono momenti…”. Per gli amori lontani, le lettere fra Guido Gozzano e Amalia Guglielminetti (Quodlibet). Un classico. Sezione piccole spese. I dadi di Bruno Munari che sono tondi ma funzionano (garantiti). Scatole di fiammiferi di vecchi alberghi (sarebbe il massimo) ma niente male anche quelle con le copertine dei libri (se siete pazienti potete trovarle). Piccoli pezzi di carta con su scritto “notizie”, “idee”, “spunti”. Il più intimo: “Ma quando ci vediamo?”. 
Carmelo Caruso

   
Maglietta anni Ottanta del Boca Juniors da allenamento. Blu con striscia gialla centrale, rigorosamente Adidas. Un modo per portare un lutto senza darlo a vedere e per sognare  la vida tombola quando tutto sarà finito. E ancora, per mandar giù questo 2020 e ripartire con slancio: Genziana abruzzese, il Maradona degli amari, dalla formula magica e le proprietà terapeutiche (si può bere prima, durante e dopo i pasti). L’ideale per “sguardi a veranda”. Sicché ecco il documentario su Paolo Conte “Via con me”, al cinema per pochissimo, tra una chiusura e l’altra. Mentre elenco si è fatta già sera. Ma a che ora si mangia? (Alessandro Barbero, Quodlibet).
Simone Canettieri
 

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