Il Foglio Review

La copertina del Foglio Review raccontata da Sara Arosio

Gaia Montanaro

L'illustratrice che l'ha disegnata ci presenta “Il ballo delle idee”, la cover del nuovo numero del magazine del Foglio, in edicola da sabato 27 aprile

La cover della Review di questo mese parla di libertà di espressione, senza censure. In un ballo in maschera in cui le varie opinioni sono accolte e coesistono insieme. L’ha realizzata Sara Arosio che ce ne ha raccontato i segreti.

  

Qual è stato il processo creativo dietro l’illustrazione della cover del Foglio Review, “Il ballo delle idee”?

Il brief che ho ricevuto parlava di libertà di espressione e di pensiero, un concetto condivisibile ma molto astratto, difficile da descrivere in un’unica immagine. L’ idea dell’art director era di rappresentare una moltitudine di persone che si incontrano al parco, per strada o ad una festa. Tra parentesi aveva scritto anche “in maschera?”. Quando ho letto quella parola mi si è accesa una lampadina: le maschere sono un oggetto iconico e con un’importante connotazione identitaria per molte culture, compresa la nostra. Quindi ho iniziato a fare un po’ di brainstorming e a raccogliere vario materiale. In questo caso ho cercato molto nel cinema: mi sono venuti in mente i balli in maschera del film Biancaneve (Tarsem Singh, 2012), ma anche Eyes Wide Shut (Stanley Kubrick, 1999) – che poi non ho usato perché non era proprio il genere di festa in maschera che stavo cercando - e Inland Empire (David Lynch, 2006); mi sono guardata anche tanti balli classici per studiare le pose e i movimenti. Finita la ricerca ho nascosto tutti i riferimenti e ho iniziato a disegnare.

 

Qual è stata l’idea guida che l’ha portata a scegliere le maschere come simbolo delle varie opinioni che si incontrano? E come queste sono legate alla mancanza di censura?

Abbiamo scelto di utilizzare le maschere per il loro duplice significato: da una parte indossare una maschera significa nascondersi dietro a qualcos’altro o qualcun altro, ma può anche essere un gesto molto liberatorio, che permette di scegliere da cosa essere rappresentati e in che cosa ci identifichiamo – per esempio un animale con cui ci sentiamo particolarmente in empatia, uno stile, e, perché no, anche un orientamento politico. Ma la maschera è anche la libertà di riconoscere la frammentazione, accettare le contraddizioni dell’essere umano e la moltitudine di sfumature che ci disegnano, la libertà di poter indossare ogni giorno una maschera diversa senza per questo essere giudicati. In questo senso ho inteso le maschere come una danza liberatoria. Sembra paradossale, ma non ci sentiamo un po’ più liberi di essere noi stessi quando indossiamo una maschera?

  

Dal punto di vista visivo, come ha organizzato la struttura delle figure nello spazio?

Il brief chiedeva di rappresentare la libertà di opinione e di espressione di tutti e tutte, soprattutto quando non siamo d’accordo. Per rispettare questa richiesta, ho pensato di organizzare ogni figura nello spazio facendo in modo che nessuna di queste risultasse più grande o più importante rispetto alle altre. Tuttavia, se si osserva bene, c’è un elemento più a fuoco di tutti gli altri: è la figura centrale, l’unica che si sta togliendo la maschera per mostrarci il suo volto.

 

La cover restituisce un senso di ariosità e leggerezza. Le scelte cromatiche vanno in questa direzione?

Sì. In realtà la prima bozza aveva uno sfondo verdolino piuttosto pesante e i personaggi erano molto colorati ma c’era troppa pesantezza, le maschere non risaltavano abbastanza e diventavano quasi tappezzeria. Abbiamo deciso di provare a restituire leggerezza togliendo lo sfondo e utilizzando una palette ristretta, per aiutare l’occhio a orientarsi sulla pagina e apprezzare la complessità delle figure. Effettivamente il risultato è notevolmente migliorato.