
Pierfrancesco Maran (foto Ansa)
il caso
I pm di Milano violano la Costituzione nell'indagine sull'urbanistica
La procura milanese ha acquisito anche le chat scambiate con il costruttore Catella dall'europarlamentare Maran, nonostante la Corte costituzionale abbia stabilito che questo è possibile solo dopo l'autorizzazione del Parlamento
E se la procura di Milano, nel condurre la sua maxi indagine sull’urbanistica, si fosse spinta fino a violare la Costituzione? La domanda sorge spontanea se si guarda alle centinaia di chat acquisite dai pm dai telefonini degli indagati, molte delle quali sono poi state pubblicate da vari quotidiani (in violazione della legge). Tra le tante chat acquisite dai pm, infatti, ce ne sono diverse che vedono per protagonista Pierfrancesco Maran (non indagato), ex assessore alla Casa al comune di Milano e da giugno 2024 parlamentare europeo, mentre conversa con il costruttore Manfredi Catella. Le chat, peraltro prive di rilevanza penale, sono state estrapolate dai pm dal telefonino sequestrato a Catella. C’è un piccolo, grande particolare però: essendo Maran europarlamentare, egli gode delle immunità previste per i parlamentari italiani. E sull’acquisizione delle chat dei parlamentari la Corte costituzionale è stata molto chiara: i magistrati non possono accedere alle chat senza chiedere prima l’autorizzazione del Parlamento. Si tratta della nota sentenza del 2023 (n. 170) con cui la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima l’acquisizione da parte della procura di Firenze di chat ed e-mail di Matteo Renzi contenute in dispositivi elettronici di terzi, equiparandole a corrispondenza.
“Gli organi investigativi – ha stabilito la Corte – sono abilitati a disporre il sequestro di ‘contenitori’ di dati informatici appartenenti a terzi, quali smartphone, computer o tablet, ma nel momento in cui riscontrano la presenza in essi di messaggi intercorsi con un parlamentare, debbono sospendere l’estrazione di tali messaggi dalla memoria del dispositivo e chiedere l’autorizzazione della Camera di appartenenza, a norma dell’art. 4 della legge n. 140 del 2003”, cioè della legge attuativa dell’articolo 68 della Costituzione sull’immunità dei parlamentari.
In altre parole, i pm possono sequestrare i telefonini di terzi, ma nel momento in cui incappano in una chat (ad esempio WhatsApp) che coinvolge un parlamentare devono fermarsi. Non possono neanche aprire la chat e dare una sbirciata: devono chiedere l’autorizzazione al Parlamento. Non si tratta di un privilegio di casta ma, come ha ricordato più volte sempre la Corte costituzionale, di una “prerogativa strumentale alla salvaguardia delle funzioni parlamentari, volendosi impedire che intercettazioni e sequestri di corrispondenza possano essere indebitamente finalizzati a incidere sullo svolgimento del mandato elettivo, divenendo fonte di condizionamenti e pressioni sulla libera esplicazione dell’attività”.
Insomma, le norme costituzionali e legislative hanno come scopo quello di impedire le esondazioni della magistratura e indebiti condizionamenti sullo svolgimento dell’attività di parlamentare.
La procura di Milano sembra aver ignorato la sentenza della Corte costituzionale. Dopo aver sequestrato il telefonino di Catella, infatti, i pm non si sono posti alcun problema ad accedere alla chat WhatsApp tra il costruttore e Maran, andando a recuperare le conversazioni risalenti a quando questi era assessore comunale. Dal momento però che oggi Maran è europarlamentare, i pm avrebbero dovuto chiedere l’autorizzazione al Parlamento europeo, come stabilito dalla Consulta.
La Corte costituzionale ha peraltro ribadito questa linea anche con la sentenza n. 227/2023 sul caso dell’ex senatore Stefano Esposito, dichiarando illegittima l’acquisizione, senza autorizzazione del Senato, da parte della procura di Torino dei messaggi WhatsApp scambiati da Esposito con un amico imprenditore: “L’art. 68, terzo comma, della Costituzione tutela la corrispondenza dei membri del Parlamento – ivi compresa quella elettronica – anche dopo la ricezione da parte del destinatario”, ha ricordato la Corte.
Le conversazioni tra Catella e Maran, invece, non solo sono state acquisite dai pm senza autorizzazione, ma sono anche state allegate alla memoria depositata al Riesame che si doveva esprimere sugli arresti nei confronti degli indagati, per poi finire sui quotidiani alimentando il grande circo mediatico-giudiziario attorno all’inchiesta sull’urbanistica.
Interpellato dal Foglio, il deputato di Forza Italia, Enrico Costa, annuncia già la presentazione di un’interrogazione parlamentare sul caso rivolta al ministro della Giustizia Carlo Nordio: “Ho letto le chat di Maran sui giornali. Al di là del fatto che queste appaiono penalmente irrilevanti, si pone un problema di tutela, non della persona, ma della funzione parlamentare”, dice Costa. “La Corte costituzionale con la sentenza sul caso Renzi è stata chiara. Ha stabilito che le chat sono corrispondenza e se in un telefonino sequestrato si trovano chat con un parlamentare allora i pm devono fermarsi. Fermarsi significa non aprirle”.
“Più in generale, l’inchiesta milanese costituisce l’emblema del processo mediatico, che si nutre di intercettazioni, informative e chat pubblicate sui giornali, della diffusione di atti selezionati esclusivamente dai pm dopo il sequestro dei cellulari, persino di interviste da parte di sostituti procuratori. La sentenza di condanna è già stata emessa”, conclude Costa.
Ermes Antonucci


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