Giancarlo Tancredi (foto LaPresse)

presunti colpevoli

Deduzioni fantasiose e profezie. L'ordinanza surreale che ha portato agli arresti a Milano

Ermes Antonucci

Il provvedimento con cui il gip Fiorentini ha disposto sei arresti nell'inchiesta sull'urbanistica è un manifesto della presunzione di colpevolezza degli indagati: ogni interpretazione degli eventi si basa su una prospettiva contraria all'articolo 27 della Costituzione. Con passaggi veramente bizzarri

Gli indagati respingono le accuse di corruzione? E’ “sintomatico” dell’avvenuta corruzione. I membri della Commissione paesaggio del comune di Milano si dimettono in massa dopo l’emergere dell’inchiesta sull’urbanistica? “E’ evocativo del livello di corruzione, connivenza e clientelismo”. L’appunto di un manager  su una presunta strategia speculativa viene ritrovato in una perquisizione sul tavolo dell’ex assessore all’Urbanistica? Il fatto che fosse conservato “è indice evidente della volontà di prenderla in considerazione”. Sono solo alcune delle deduzioni surreali espresse dal gip milanese  Fiorentini nell’ordinanza con cui ha disposto sei arresti nell’inchiesta sull’urbanistica. Un manifesto della presunzione di colpevolezza degli indagati. La lettura integrale del provvedimento del gip Mattia Fiorentini risulta surreale proprio perché ogni interpretazione degli eventi sembra basata su una prospettiva completamente opposta a quella che, secondo l’articolo 27 della nostra Costituzione, dovrebbe ispirare l’azione dell’autorità giudiziaria: la presunzione di non colpevolezza. 

 

Già ieri, su queste pagine, abbiamo evidenziato come le argomentazioni poste dal gip a sostegno dell’applicazione degli arresti risultano essere a dir poco singolari, visto che cinque destinatari della misura degli arresti domiciliari oggi non rivestono più alcun incarico operativo in ambito politico e imprenditoriale (l’ex assessore Giancarlo Tancredi, gli architetti Giuseppe Marinoni e Alessandro Scandurra, l’imprenditore Manfredi Catella e il manager Federico Pella). Eppure, per il gip Fiorentini sarebbe comunque sussistente il “pericolo di reiterazione del reato”.

 

Non solo, secondo il gip il fatto che durante gli interrogatori preventivi i soggetti coinvolti non abbiano “ammesso le proprie responsabilità” è “sintomatico del fatto che nessuno degli indagati abbia voluto prendere le distanze dal meccanismo che li trova, sostanzialmente, accomunati da interessi convergenti, sia sul piano economico, sia su quello politico”. Insomma, per il gip se non confessi i reati che ti vengono contestati, questo è un indizio del fatto che quei reati li hai commessi. Una visione difficilmente compatibile con i princìpi basilari di uno stato di diritto.   

 

Ma proseguendo la lettura dell’ordinanza emergono altri passaggi bizzarri. Come quello in cui il giudice Fiorentini, per sostenere la bontà dell’impianto accusatorio, afferma: “E’ altamente evocativo del livello di corruzione, connivenza e clientelismo che regnava all’interno della Commissione per il paesaggio il fatto che, a seguito dei provvedimenti cautelari emessi dallo scrivente nella primavera del 2025, ben 14 commissari su 15 abbiano rassegnato le dimissioni (con conseguente scioglimento dell’organismo), nonostante la maggior parte di essi non fosse direttamente coinvolta dalle indagini in corso”. Un ragionamento di cui è difficile cogliere la logica, se non quella del giustizialismo più sfrenato, che vede nelle dimissioni in massa di funzionari pubblici, a seguito di un’indagine enfatizzata dai media, la conferma delle accuse ipotizzate dai pm.

 

Sulla stessa lunghezza d’onda si collocano gli argomenti avanzati per sottolineare l’esistenza del pericolo di reiterazione del reato da parte di Tancredi, nonostante questi abbia intanto rassegnato le dimissioni da assessore all’Urbanistica: “La sua capacità di operare dietro le quinte e di orientare la regia dell’edilizia cittadina è assoluta, di guisa che non è certamente un atto compiuto per pura convenienza di facciata (le dimissioni rassegnate dopo avere appreso delle indagini in corso), non sintomatico di alcuna resipiscenza, a impedirgli di mantenere le mani sulle commesse illecitamente ottenute o di astenersi dall’allungarle sui progetti ancora in corso e sulle speculazioni già adocchiate”. Una valutazione che, anziché basarsi su circostanze ben individuate, sfocia nell’analisi sociologica e nella profezia. 

 

Ma non è tutto. “Assai indicativo della permeabilità dell’assessore alle iniziative dei privati e dell’asservimento della pubblica funzione agli interessi economici di questi ultimi –  aggiunge il gip –  è anche l’appunto rinvenuto nella disponibilità di Tancredi al momento della perquisizione domiciliare”. Si tratta di un documento in cui un manager immobiliare delineerebbe una strategia speculativa finalizzata a ottenere “un beneficio economico ai danni dell’ente pubblico”. Ebbene, osserva Fiorentini, “l’ex assessore, invece di cestinare o rispedire al mittente la proposta, la conservava sulla propria scrivania, indice evidente della volontà di prenderla in considerazione”. Qui le considerazioni del giudice appaiono abbandonare definitivamente ogni aggancio con l’analisi di questioni giuridiche e degli eventi concreti, per trasformarsi in una fantasiosa esposizione di ciò che sarebbe passato per la testa dell’ex assessore Tancredi di fronte a quell’appunto (propositi ovviamente criminali).

 

Più che un’indagine sembra un processo alle intenzioni, fondato sulla presunzione di colpevolezza per tutti. 
 

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]