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Gli arresti lunari nell'inchiesta sull'urbanistica a Milano

Ermes Antonucci

Il gip ha disposto gli arresti per sei indagati sulla base del "pericolo di reiterazione del reato", ma cinque di questi ormai non rivestono più alcun incarico operativo in ambito politico e imprenditoriale. Csm, Nordio: tutto normale?

“Pericolo di reiterazione del reato”. Risulta a dir poco singolare il motivo individuato dal gip di Milano, Mattia Fiorentini, per disporre sei arresti nell’ambito dell’inchiesta sull’urbanistica. Singolare perché i cinque destinatari della misura degli arresti domiciliari oggi non rivestono più alcun incarico operativo: Giancarlo Tancredi si è dimesso da assessore all’Urbanistica, Giuseppe Marinoni e Alessandro Scandurra non fanno più parte della Commissione paesaggio del comune, l’immobiliarista Manfredi Catella (Coima) ha rimesso al cda le deleghe a trattare con la Pa, l’architetto Federico Pella si è dimesso dalla società J+S. Come potrebbero reiterare i reati contestati è un mistero. 

 

Il giudice delle indagini preliminari ha invece disposto il carcere per l’imprenditore Andrea Bezziccheri, patron di Bluestone, accusato di aver corrotto Scandurra elargendo una serie di consulenze al suo studio professionale.

 

L’interrogatorio preventivo (introdotto dalla riforma Nordio) non è quindi servito poi a molto, visto che i pericoli di fuga e di inquinamento probatorio erano già stati ritenuti insussistenti dal gip prima degli interrogatori. La “partita” si giocava proprio attorno alla possibile configurazione dell’esistenza del pericolo di reiterazione del reato. Difficilmente ipotizzabile alla luce delle dimissioni e dei passi indietro svolti dagli indagati. E invece, a sorpresa, il gip è riuscito comunque a ritenere sussistente questo pericolo, con motivazioni a dir poco discutibili. 

 

Nel caso dell’ex assessore Tancredi, ad esempio, il gip Fiorentini scrive che egli “può continuare ad avvantaggiare persone di suo gradimento”, come “accaduto con Marinoni”, in “cambio della loro fedeltà ‘alla linea’” e della “disponibilità a intervenire sui progetti di interesse dell’amministrazione per cui lavora tuttora (nonostante l’aspettativa)”, sfruttando “le conoscenze acquisite in tanti anni trascorsi ad occuparsi dell’urbanistica milanese”. Si fa veramente fatica a capire in che modo Tancredi, che non è più assessore all’Urbanistica, possa “continuare ad avvantaggiare persone”, così come “intervenire sui progetti” sottoposto all’attenzione di un’amministrazione, quella comunale, di cui non fa più parte.

 

Allo stesso modo, per quanto riguarda gli imprenditori indagati, come Catella e Pella, il gip sostiene che “le dismissioni delle cariche ricoperte” nelle “rispettive realtà imprenditoriali, oltre essere sempre revocabili dagli interessati, non impediscono certo la ripresa/continuazione delle relazioni strategiche propedeutiche alla costruzione di rapporti clientelari, corsie privilegiate e scambi di natura corruttiva”. Ma di fronte a questa argomentazione ci si domanda cos’altro dovrebbe fare un imprenditore, oltre a dismettere le proprie deleghe operative o addirittura dimettersi direttamente da una società, pur di dimostrare di aver fatto un passo indietro  definitivo dal contesto imprenditoriale in cui operava.   

 

Insomma, gli arresti domiciliari appaiono essere delle misure cautelari veramente eccessive. I provvedimenti saranno sicuramente impugnati davanti al tribunale del Riesame, che potrebbe arrivare a bocciare le misure, seppur a distanza di diverso tempo, quando ormai le persone coinvolte hanno patito una limitazione importante della propria libertà personale. 

 

Ancora più singolari risultano essere le parole usate dal gip Fiorentini nei riguardi del presunto “sistema” corruttivo che negli ultimi anni avrebbe avvolto i progetti urbanistici a Milano.  Le indagini dei pm , annota il gip, “hanno progressivamente restituito un sistema tentacolare e sedimentato, nel quale una parte della classe politica, dei dirigenti comunali, dell’imprenditoria e delle libere professioni – in una commistione inestricabile di conflitto di interessi, mercimonio della funzione pubblica, paraventi istituzionali e propaganda (in termini di rigenerazioni urbane e progetti faraonici) – prospera piegando a proprio uso le regole esistenti, interpretandole capziosamente, ove possibile, o aggirandole in maniera occulta”. Il gip concorda con i pm nel far rientrare nel presunto sistema persino il tentativo del Parlamento di approvare una legge che potesse chiarire definitivamente la normativa da applicare per la pianificazione urbana della città di Milano (il cosiddetto “Salva Milano”). Un provvedimento, mai approvato a causa dell’iniziativa della magistratura, definito “uno scudo di impunità”. 

 

Ma a lasciare veramente stupiti sono gli argomenti usati dal gip per dare fondamento all’impianto accusatorio. A riprova delle accuse ci sarebbe infatti l’atteggiamento tenuto dagli indagati nel corso degli interrogatori preventivi: “Nessuno ha ammesso le proprie responsabilità, né tantomeno l’esistenza di un sistema. La scelta di tale strategia difensiva – che, sia ben chiaro, è legittima e insindacabile – è tuttavia sintomatica del fatto che nessuno degli indagati abbia voluto prendere le distanze dal meccanismo che li trova, sostanzialmente, accomunati da interessi convergenti, sia sul piano economico, sia su quello politico”. 

 

Insomma, se l’indagato si difende dicendo di non far parte di alcun sistema corruttivo allora questo è un indizio del fatto che ne fa parte. Csm, Nordio: tutto normale?
 

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]